Pubblichiamo l’articolo contenuto nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Mi ha impressionato, nei giorni scorsi, scoprire che Paolo VI scriveva “Demonio” con la maiuscola. Non ha mai giocato – con il suo italiano stupendo, delicato e altissimo – con le parole. Quando chiamò in causa quell’Essere (maiuscolo) infernale era dai tempi del Concilio che la questione era tabù. Sapeva di esporsi al ridicolo e fu ridicolizzato. Vittorio Gorresio, prima firma del giornalismo liberale di sinistra, lo trafisse con un libro pubblicato da Rizzoli, Il Papa e il diavolo (1973).
Gorresio scrive il libro, che ho voluto rileggere, come bilancio di dieci anni di pontificato. Egli dichiara di aver visto da principio in Paolo VI un continuatore di Giovanni XXIII, equivocato come colui che rinuncia ai dogmi per “aprirsi al mondo”. Poi la delusione. Vede in Montini «amletismo» e «autoritarismo». Dice Gorresio: «Tratta gli uomini come se fossero bambini». Cita una frase di Montini rivolta agli “intellettuali profani”. Eccola: «Senza intralciare i vostri passi, senza abbagliare i vostri sguardi, Noi vi offriamo la luce della nostra lampada misteriosa: la fede, questa grande amica dell’intelligenza». Sostiene che si tratta di «una petizione di principio», falsa falsissima. Infatti «se Paolo VI crede al diavolo, ogni discorso con questo mondo – che è il nostro mondo, il mondo moderno – diventa difficilissimo, per non dire impossibile».
Partita chiusa. Impressiona notare, dopo 42 anni, che Gorresio con la sua modernità appare polveroso e vecchissimo, invece Montini, con la sua prosa magnifica, è perfettamente in tema con la post-modernità. Più razionale del razionalista Gorresio. Più vicino alle domande di adesso. Le stesse che ripropone e a cui risponde Francesco nel dialogo con un altro “intellettuale profano”, laico e di sinistra: Eugenio Scalfari. Che cosa aveva detto di così orribile per la ragione umana Paolo VI per suscitare la reazione sprezzante di Gorresio? Il suo discorso biblico sul Demonio è del 15 novembre 1972. È questa catechesi del mercoledì che ha indotto Gorresio a scrivere in poche settimane il libro di stroncatura del Papa. Trascrivo alcune frasi montiniane di violenta concisione drammatica.
Esordisce così. «Quali sono oggi i bisogni maggiori della Chiesa? Non vi stupisca come semplicista, o addirittura come superstiziosa e irreale la nostra risposta: uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male, che chiamiamo il Demonio». Nessuna visione tetra. Infatti: «La visione cristiana del cosmo e della vita è pertanto trionfalmente ottimista; e questa visione giustifica la nostra gioia e la nostra riconoscenza di vivere per cui celebrando la gloria di Dio noi cantiamo la nostra felicità». Ma il male, il peccato c’è ed è «occasione ed effetto d’un intervento in noi e nel nostro mondo d’un agente oscuro e nemico, il Demonio. Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa».
Non è «una pseudo-realtà, una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni… È il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo così che questo Essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana… è l’insidiatore sofistico dell’equilibrio morale dell’uomo». Paolo VI indica i rimedi. «La grazia è la difesa decisiva. L’innocenza assume un aspetto di fortezza… Gesù lo insegna indicando il rimedio “nella preghiera e nel digiuno”».
È interessante questo scontro, visto ai nostri giorni. Perché anche Francesco ha introdotto la figura del Demonio in molti suoi interventi. Nessuno lo attacca per questo. Perché? Sono migliorati gli intellettuali laici? O è perché la questione della presenza reale diabolica viene espunta e la si riduce a una concessione gesuitica alla religiosità popolare? Mi piacerebbe sentire da Eugenio Scalfari, che ritengo autentico homo religiosus, una risposta.
Foto Ansa