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Un’auto accartocciata sul ciglio della strada. Una nube di polvere rossa come le lingue di terra che si inoltrano nella savana della Repubblica Centrafricana. Le mani, le braccia, le gambe macchiate di sangue. La testa pesante, la lunga barba sporca. Voci che gridano: «Padre Norberto Pozzi, padre Norberto Pozzi!». È questa la scena che in un flash, come in un sogno, si è ritrovato davanti il missionario carmelitano scalzo di 71 anni, in Centrafrica da 43, una volta riaperti gli occhi. Troppo poco per capire che cos’era successo davvero quel 10 febbraio a 20 chilometri dalla città di Bozoum, nel Nord-Ovest del paese ancora instabile dopo anni di guerra civile.
Pochi istanti prima il sacerdote originario di Lecco stava conversando con gli altri passeggeri del pick-up, mentre aggiustava con delicatezza il volante per assicurarsi che le ruote dell’auto centrassero un ponte fatto da piccole assicelle di legno. In mezzo soltanto il buio. È solo a posteriori che padre Norberto ha ri...
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