O’Brien: «Papa Francesco ci insegna che abbiamo tutti bisogno di conversione permanente»
«Denuncia la corruzione della dignità e del valore dell’uomo e della “dittatura del relativismo morale”», ma papa Francesco si preoccupa anche «dei rischi del neo conservatorismo, incluso quello cattolico. Non discostandosi per altro dagli insegnamenti del suo predecessore».
POCHI LO HANNO CAPITO. Lo scrittore americano Michael O’Brien, autore del libro Il Nemico, parla così della Evangelii Gaudium, spiegando come la sezione “No al pessimismo sterile”, in cui si parla dei cattolici che passano il tempo a lamentarsi del male del mondo e della Chiesa «è stata la causa di molta confusione e perdita di gioia per i cattolici ortodossi». Anche se «parte della confusione è data dal fatto che pochi sanno di cosa il Papa stia parlando», ha spiegato lo scrittore in un articolo apparso su Lifesitenews.
O’Brien ricorda quando Gesù rivelò che uno dei suoi apostoli lo avrebbe tradito e ognuno di loro si chiese se Cristo stava parlando a lui: «Quando ho letto quei passaggi nell’Esortazione Apostolica ho provato delle emozioni contrastanti, dolore e confusione. “Sono io, Santo Padre, quello a cui ti riferisci?”». Sì, continua umilmente lo scrittore, «vedo in me i semi del fariseo e anche del peccatore più degradato». Lo scrittore spiega che non si sarebbe sentito turbato da parole più soft del tipo: «Attenti, figli miei, voi che credete e seguite la dottrina di Cristo, fedeli agli insegnamenti e alle norme della Chiesa, attenti al pericolo che corre il figlio maggiore della parabola del figliol prodigo, al rischio di scivolare nel fariseismo». All’improvviso allo scrittore viene in mente il cristianesimo di facciata dei preti dei regimi dispotici del Sud America, in silenzio di fronte «agli orrori commessi contro i propri popoli, alle violazione dei diritti umani, pur mantenendo un cattolicesimo privato e pio».
CONDANNATI INGIUSTAMENTE. Diversamente i cattolici in Nord America e in Europa occidentale vivono il rischio di una chiesa riformista: «Decennio dopo decennio abbiamo visto le nostre chiese trasformate in una falsa interpretazione del Concilio Vaticano II, con la liturgia spesso trasformato in un rito sociale centrato sull’uomo e i magnifici insegnamenti dei nostri Papi ignorati, mutati o applicati erroneamente», per non parlare della sofferenza «silenziosa durante le innumerevoli omelie contro il fariseismo equiparato all’ortodossia». Non solo, O’Brien ricorda la «maggior parte di noi che si sforza di offrire le proprie sofferenze per gli stessi che le provocano, per la purificazione finale e il rafforzamento del Corpo di Cristo nel nostro tempo», cercando «di vivere la verità e la carità insieme». Nonostante le sofferenze della maggioranza che «è stata caritatevole, insegnando il Magistero senza giudicare», spiega O’Brien, «anche noi siamo poveri. Anche noi abbiamo bisogno del buon cibo. E abbiamo soprattutto bisogno di questo cibo buono per i nostri figli. Pertanto, il problema della comunicazione, della frattura tra la parola parlata e la parola sentita, richiede a tutti pazienza. Esige una sorta di profondo ascolto del logos spirituale presente nell’esortazione del Santo Padre. Ci chiede di non reagire in modo eccessivo o interpretando male». Per non perdersi ciò che sta al centro dell’Esortazione Apostolica, «che è la fiducia nella vittoria finale di Cristo e nello stesso tempo un avvertimento realistico circa i pericoli insiti nella nostra missione futura».
L’AUTOGIUSTIFICAZIONE. Il rischio principale sarebbe quello di «deporre pesanti fardelli sull’uomo, trascurando le cose più importanti sulla giustizia e la misericordia (…) Egli [papa Francesco] ha spesso parlato di misericordia verso il peccatore ed è giusto così. Capisce che è più facile convertire un peccatore che sa di esserlo che una persona che pensa di essere nel giusto quando non è così».
Infatti, «il problema dominante all’interno della Chiesa d’Occidente in questo momento della storia è un nuovo tipo di fariseismo, collegato alla teologia morale corrotta e ecclesiologia disordinata, per cui sono falsi insegnanti che credono di essere nel giusto, anche se peccando in termini di morale sessuale o insegnando che tale peccato non è peccato. Essi si sentono autogiustificati dalla fede in un nuovo Vangelo di giustizia sociale (…) e possono fare la pace con il loro peccato personale perché credono di aiutare i poveri».
UN GREGGE ENORME. Si capisce, conclude O’Brian, che nella Chiesa «abbiamo tutti bisogno di conversione permanente. Non dobbiamo mai cessare di pregare per papa Francesco, mentre pascola il gregge del Signore, un gregge che non è mai stato così grande come ora, né così complesso». Perché «Ubi Petrus, ibi Ecclesia. Dove Pietro, là c’è la Chiesa. E la Chiesa ha prevalso attraverso diverse confusioni e prove continue nel corso degli ultimi due millenni e continuerà a crescere ed essere fruttuosa nel mondo quanto più terremo gli occhi su Gesù che dimora in lei».
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Questo articolo tradisce un tentativo disperato di incasellare il linguaggio e gli accenti- per nulla contrastanti ma assolutamente diversi rispetto al Papa emerito- di Francesco, chiaramente al fine di rendere “digeribile” ad un certo tipo di cattolici (tra i quali Tempi e CL più in generale si possono certo annoverare, e ditemi di no….) un Papa che, per esempio, esorta a non lamentarsi continuamente di ciò che non va nel mondo – con aria di chi se ne considera, in fondo in fondo, superiore- e nella Chiesa ed a non badare esclusivamente alla sottolineatura della dottrina. Tutti atteggiamenti (anche qui, onestamente, ditemi di no…) ravvisabili in buona parte del popolo ciellino. Si sente il rumore delle unghie sulla lavagna da lontano un miglio.
Chiaramente la propria conversione, il ritorno continuo a Cristo è la prima cosa, non fa che ripeterlo il Papa: ma dipinge, subito dopo, una strada differente da quella a cui eravamo abituati. Percorriamola!