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Nyt oscurato dalla Cina. Ma di cosa vi stupite? Tra poco apre il Congresso

Il New York Times ha pubblicato un servizio in cui rivela come Wen Jiabao, premier cinese da dieci anni, si sia arricchito in modo spropositato grazie alla sua carica politica. Il suo patrimonio, secondo il quotidiano, ammonterebbe a 2,7 miliardi di dollari, per non parlare di quanto si sono arricchiti i familiari. È una bella somma, soprattutto se si pensa che il Pil pro capite annuale cinese è pari a 7.500 dollari, il 94esimo del mondo, contro ad esempio i 27 mila dell’Italia, nonostante il paese sia la seconda potenza economica mondiale. La reazione di Pechino non si è fatta attendere: ha denunciato le falsità e le diffamazioni americane e poi, grazie al grande firewall cinese, ha oscurato in patria il sito in cinese e inglese del Nyt. Tutti i giornali del globo hanno riportato la notizia ma non c’è niente di cui stupirsi, per almeno due motivi.

ANCORA CORRUZIONE. Il primo è che la corruzione non è affatto una novità in Cina: ai leader del Partito comunista cinese in teoria è vietato entrare nei consigli di amministrazione di aziende statali. Questo divieto, come ricorda AsiaNews, viene spesso aggirato o tramite prestanome o nominando membri della propria famiglia. Come ricordato in articoli precedenti, è stato lo stesso He Guoqiang, uno dei nove potentissimi membri del Comitato permanente del Politburo del Partito comunista cinese e capo della Commissione disciplinare del Partito, a rivelare che negli ultimi cinque anni sono stati sanzionati per corruzione 684 mila ufficiali del Partito comunista. Il sistema del partito unico, infatti, permette ai politici di non dover rendere conto a nessuno di quello che fanno.

L’ECLATANTE CASO DI SHANXI. Citiamo un caso in particolare, solo per rendere l’idea: un funzionario del Partito di Shanxi, ha riportato l’agenzia statale Xinhua pochi giorni fa, ha venduto al cognato una miniera di carbone di proprietà statale per 375 mila yuan, circa 35 mila euro. Una cifra irrisoria, soprattutto se si pensa che la miniera valeva in realtà 200 milioni di yuan, cioè 25 milioni di euro circa. La vendita è avvenuta nel 2007. Nel 2009, la stessa miniera è stata rivenduta dal cognato a un terzo per 260 milioni di yuan. L’agenzia statale Xinhua riporta che la miniera oggi, di proprietà di Shen Da Energy, vale 3 miliardi di yuan. Non c’è da stupirsi dunque se Wen Jiabao, per dieci anni il secondo membro più importante del Partito comunista cinese, nonché la “faccia buona” della Cina, ha raggranellato quasi tre miliardi di dollari e se la Cina ha attualmente un debito complessivo di quattromila miliardi di euro.

C’È IL CONGRESSO, AUMENTA LA REPRESSIONE. Anche l’oscuramento del New York Times in Cina è un fatto, purtroppo, che non deve stupire. L’8 novembre si aprirà a Pechino il 18esimo Congresso nazionale del Partito comunista cinese (ovviamente a porte chiusissime), l’evento più importante da dieci anni a questa parte perché deciderà chi saranno i 7 membri che faranno parte del Comitato permanente del Politburo del Partito comunista cinese, ovvero i 7 satrapi che comanderanno la Cina per i prossimi dieci anni. Questo evento unico, ritardato fino a novembre a causa di lotte intestine al partito, richiede però che niente vada storto. Per questo non ci si può permettere scandali di nessun genere.

HU JIA AGLI ARRESTI DA SETTEMBRE. L’oscuramento del sito del Nyt rientra nelle misure di sicurezza in vista del Congresso, ma non è certo l’unica. Negli ultimi giorni, infatti, il Partito ha aumentato la repressione nei confronti dei dissidenti e personaggi scomodi di vario tipo. Qualche esempio: uno dei più famosi dissidenti, Hu Jia, è agli arresti domiciliari dallo scorso settembre (prima di essere messo agli arresti aveva promesso un’intervista al nostro blog, poi è stato impossibile rintracciarlo). Gli ultimi controlli medici che ha condotto il 23 ottobre sotto scorta, le uniche occasioni di uscire di casa che ha, hanno mostrato un emangioma al fegato e diverse cisti ma gli è stato impedito di curarsi.

DISSIDENTI RIDOTTI AL SILENZIO. Ancora: il 24 ottobre, riporta China Human Rights Defenders, per «mantenere la sicurezza» la polizia ha prelevato l’attivista Liu Shasha dalla sua casa di Pechino e l’ha trasferita a ZhengZhou, a 726 km di distanza. Durante il viaggio è stata anche pestata. Sempre il 24 ottobre la polizia ha portato via da casa sua a Pechino l’attivista Zheng Dajing, insieme al suo computer. La famiglia non sa dove sia stato portato. Il 25 ottobre è stato arrestato a Pechino l’attivista Wu Tianli, che nelle scorse settimane si era lamentato per la demolizione forzata della casa dei suoi genitori. Questi sono solo gli ultimi esempi di una lunga serie che si allungherà da qui fino all’8 novembre. E ancora vi stupite se hanno oscurato il sito del Nyt?

@LeoneGrotti

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4 commenti

  1. Paolo Ferrari

    Hai ragione: nell’articolo linkato si parla due volte di “4 milioni” e mi ero fermato al primo. Me ne scuso.
    Mi sembra comunque una cifra eccessiva, che si discosta – per esempio – di molto dal CIA World fact book.
    Sarei curioso di conoscerne la fonte.

    1. Leone Grotti

      Ha ragione lei, è un refuso. Modifico, grazie

  2. paolo ferrari

    Segnalo un refuso:
    Il debito sopra riportato (preso dall’articolo linkato) é in yuan e non in dollari.
    Cordiali saluti

    1. Leone Grotti

      Grazie Paolo, i numeri del debito sono corretti (purtroppo, vista la cifra).Quattro milioni di miliardi di euro. In yuan, se non ricordo male, sarebbero 36 milioni di miliardi.
      Ciao

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