Nonostante l’immutata retorica di regime e le coreografiche parate per il cinquantenario della Rivoluzione di Mao, la Cina è un paese sempre più inquieto. E a testimoniarlo sono soprattutto le giovani generazioni, con un futuro incerto da affrontare (la prossima annunciata riforma del welfare eliminerà la sanità gratuita, la scuola per tutti e le case a poco prezzo assicurate dallo Stato), tutt’altro che rimbabite dalla propaganda di regime e dalle moderate aperture al mercato, a testimoniarlo, lanciando i segnali più evidenti delle contraddizioni del gigante asiatico.
Il caso Falun Gong. E quello di milioni di cattolici Così, se la Lega della gioventù Comunista continua a incitare i suoi 69 milioni di iscritti a rafforzare lo spirito di “sacrificio rivoluzionario”, nonostante la questione sia stata ufficialmente chiusa durante la Rivoluzione culturale (quando un alto dignitario del partito Comunista dichiarò: “Tutte le religioni in Cina sono state relegate nel museo della storia”), la Cina oggi non sa come difendersi dalla rinascita dell’esperienza religiosa. Il caso più noto e, forse non a caso più spettacolarizzato, è quello della setta buddista Falun Gong (il primo processo contro 5 esponenti della setta, con richieste di condanne a pene dai 2 ai 15 anni, si è svolto venerdì scorso), ma gli sforzi del partito comunista cinese rimangono concentrati contro i buddisti tibetani e la chiesa cattolica indigena. Il Papa, nel suo ultimo discorso dall’India, ha ricordato la Chiesa cinese denunciando le violazioni delle libertà fondamentali subite dai circa 10 milioni di cattolici della Repubblica popolare. Infatti, se ufficialmente il Governo, per Costituzione “rispetta e protegge la scelta dei suoi cittadini di credere in una religione”, di fatto vengono tollerate soltanto le “normali attività religiose” gestite dalle associazioni ufficiali, le cosiddette “religioni patriottiche”, su cui il Partito Comunista ha un controllo totale.
“Ulivo” in salsa pechinese Tra queste l’Associazione Patriottica Cattolica, creata a Pechino dal regime comunista nel 1957 che inalbera la bandiera del patriottismo, dell’autogoverno e dell’indipendenza da Roma. Tutti i credenti cattolici della Chiesa non ufficiale, quelli che guardano a quella Santa Sede romana accusata dal Partito di voler sovvertire il paese usando “il mantello della religione”, vengono invece considerati “fuorilegge e criminali che danneggiano la libertà e gli interessi pubblici”. Contro di loro è in atto ormai dal 1995 una campagna durissima, con continui episodi di repressione, persecuzione dei fedeli, arresti di preti e vescovi e uso dei campi di rieducazione. L’ultima conferma è arrivata in questi giorni dall’Agenzia Fides, che ha diffuso un documento segreto della Segreteria del Comitato Centrale del Partito Comunista cinese, datato 16 agosto 1999, intitolato “Proposta di rafforzare il lavoro sulla Chiesa Cattolica alla luce delle nuove correnti di cambiamento” (dove “cambiamento” allude alla possibile ripresa delle relazioni diplomatiche col Vaticano). In 16 pagine vengono analizzate le modalità migliori per rafforzare il controllo sulla Chiesa ufficiale e sgominare quella sotterranea, se questa “non si converte” al controllo del governo. Tra le varie disposizioni, il documento sottolinea l’urgenza di rafforzare la struttura della Chiesa Patriottica, mantenendone l’autonomia e l’indipendenza “a tutti i costi”, soprattutto attraverso l’Associazione Patriottica i cui segretari controllano già molti preti e vescovi ufficiali (arrivando perfino a decidere quando aprire una chiesa, celebrare Messa e chi debba parteciparvi).
Il piano segreto di Pechino Successivamente quando, con la normalizzazione delle relazioni col Vaticano, preti e vescovi della Chiesa sotterranea usciranno dalla clandestinità, bisognerà trasferirli in altri luoghi di residenza, mandare in pensione i vecchi e smantellare i loro conventi e seminari. A meno che non riconoscano “l’obbedienza alla gestione di governo”, schedando fedeli e luoghi di culto, e accettino la Chiesa Patriottica. Per chi non accettasse la Chiesa Patriottica è previsto un anno di rieducazione presso le Associazioni Patriottiche e, qualora si rifiutasse di collaborare, la “rieducazione forzata con lavoro individuale”. Quei preti che celebrassero Messa in luoghi non registrati o addirittura nelle case, e organizzassero processioni senza permesso, sarebbero “trattati severamente dall’autorità poliziesca”. Infine il testo esorta i superiori e i capi di dipartimento a penetrare in ogni aspetto la vita delle comunità “con molta vigilanza”, stabilire cellule di partito in ogni villaggio e fattoria e “organizzazioni democratiche di supervisione” nelle chiese perché tutto si svolga “secondo i canali legali”.
Con tutto ciò, dopo 30 anni di persecuzioni, secondo stime attendibili – e senza contare i cattolici praticanti non registrati ufficialmente nelle parrocchie – il numero dei fedeli in Cina è più che raddoppiato (l’ultima cifra certa risalente al 1949 parlava di poco più di 3 milioni di fedeli).