I numeri che smontano la guerra ideologica di Report all’olio di palma

Di Rodolfo Casadei
24 Maggio 2015
La puntata della Gabanelli denuncia la deforestazione e l'uso di pesticidi. Ma l'olio di palma è quello che necessita di meno acqua e veleni. E rende di più con meno superficie coltivata

gabanelli-report-ansaChe goduria fare l’ambientalista salutista militante dei prodotti a chilometro zero in Italia: accusi l’agroindustria internazionale di provocare danni all’ambiente e alla salute dei consumatori, e senza bisogno di dichiararlo promuovi i nostri prodotti agroalimentari di nicchia. Il giochino vale la candela, non saremo noi a metterlo in discussione, però un po’ di senso della realtà ci vuole: per esempio puntare sulla qualità dei nostri prodotti tipici e per questo tenere fuori la produzione di Ogm dall’Italia può avere un senso, ma pretendere che tutto il mondo ci rinunci significa affamare qualche miliardo di persone, oggi e sempre più in futuro. La crociata di Report contro l’olio di palma, che secondo Gabanelli & C. sarebbe meglio sostituire con altri oli vegetali, deborda palesemente nell’ambientalismo velleitario fatto di pose e non di sostanza, che aggrava i problemi dell’ecosostenibilità anziché aiutare a risolverli e che si presta alla strumentalizzazione: ad avvantaggiarsi alla fine sono i produttori concorrenti, non l’ambiente o la salute dei consumatori.

La produzione dell’olio di palma distrugge le foreste equatoriali e il suo consumo fa male, perché contiene grassi saturi che aumentano il colesterolo: questo in sintesi è il contenuto del servizio di Report andato in onda il 3 maggio scorso. Sul banco degli imputati sono la deforestazione dell’Indonesia, che insieme alla Malaysia produce la maggior parte dell’olio di palma sul mercato, l’uso di pesticidi vietati in Europa da parte di certi coltivatori, il fatto che in materia di produzione ecosostenibile c’è scarsa separazione fra controllori e controllati. Insomma, è una campagna mediatica contro l’olio di palma.

Ma cosa succederebbe se nel mondo, come tanti si augurano, si smettesse di produrre e consumare olio di palma? Che l’ambiente patirebbe molti più danni di quelli che patisce attualmente, che i consumatori pagherebbero di più o farebbero la fame, che milioni di persone resterebbero senza lavoro. E la salute dei consumatori occidentali non è detto che migliorerebbe, anzi. Si dà infatti il caso che quello di palma sia l’olio più prodotto al mondo, il meno costoso, quello che rende di più con meno superficie coltivata e che ha meno bisogno di pesticidi. Nel prezioso e molto documentato libro L’olio giusto (edizione Giunti) della corrispondente per la Cina del Sole 24 Ore Rita Fatiguso e dell’economista José Gálvez, leggiamo che un ettaro coltivato a soia dà 0,37 tonnellate di olio; coltivato a girasole dà 0,5 tonnellate; coltivato a colza ne dà 0,75; coltivato a palma ne dà 4,09! Ora, nel mondo si consumano 60 milioni di tonnellate di olio di palma all’anno (la maggior parte in Cina e in India), 46 di soia, 27 di colza, 15 di girasole. Se si volesse sostituire l’olio di palma con quello di soia ci vorrebbero 663 milioni di ettari di terra in più da coltivare! Quello di girasole avrebbe bisogno di 490 milioni di ettari in più, e così via.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]E chi si è scandalizzato di scoprire un coltivatore indonesiano che utilizzava un pesticida da poco vietato in Europa, dovrebbe sapere che l’olio di palma necessita di meno fertilizzanti, pesticidi e acqua rispetto agli altri oli vegetali. Non lo dice il sindacato dei produttori, lo dice, fra tanti, la Banca Mondiale.

Quindi c’è la faccenda dei prezzi: un litro/kg di olio di semi di arachide costa 1,37 euro all’ingrosso, uno di mais 0,89 euro, uno di girasole 0,80, uno di soia 0,76; un litro/kg di olio di palma costa 0,57 euro. E il nostro olio di oliva, direte voi? Corre fuori gara: è il migliore per qualità e valori nutrizionali, ma se ne produce poco e costa tanto. Anche lasciando perdere un’annata disgraziata come l’attuale (xylella e mosca olearia in Italia) raramente la produzione mondiale supera i 5 milioni di tonnellate. I prezzi: all’ingrosso un litro di extravergine dell’Andalusia costa 2,70 euro, uno del Peloponneso 3,25 euro, uno di Andria o di Bitonto 5,30. È sicuro che nelle merendine o nella Nutella non ci metteranno l’olio di oliva per sostituire quello di palma. Più probabile che usino olio di soia o di girasole idrogenati. Perché se non sono idrogenati, gli oli vegetali insaturi il loro lavoro di tenere insieme il prodotto non lo fanno. E allora, come dicono i veneti, «pèso el tacòn del buso» (peggio la toppa del buco) anche dal punto di vista della salute: perché un grasso insaturo idrogenato è più problematico di un grasso saturo come quello dell’olio di palma. A parte il fatto che fa ridere la campagna internazionale contro i grassi saturi negli snack in generale: quanti chili in un anno se ne potranno assumere per tale via? Due, tre chili? Sapete quanti grassi saturi assumono i francesi mangiando carne, latte, burro e formaggio? 34,4 chili pro capite annui. E allora, di che cosa stiamo parlando?

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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3 commenti

  1. Johnny

    siete degli irresponsabili! il problema è che non lo coltivano in modo sostenibile come non sono sostenibili le caxxate che scrivete.
    Per fare più profitto oggi distruggono le risorse del domani, il terreno libero per coltivare c’è già, solo che per un maggior guadagno distruggono le foreste dove il terreno vergine è più fertile.
    Questo non è sostenibile e si potrebbe fare diversamente e nessuno morirebbe di fame perchè mangia 2 merendine in meno(perchè ovviamente sostenibilità vuol dire maggior costi e meno produzione), anzi…
    Guardate o siete degli ingenui ( in quel caso ripigliatevi ) o avete una mentalità del menga.

  2. viccrep

    come sempre la Gabanelli è inaffidabile come la sinistra, fanno finta di conoscere la verità solo per ingannare i creduloni che si abbeverano.
    hanno montato anche un casino sulla spiumatura delle oche, non sanno che le oche si spiumano da vive e per loro è un bene

  3. giusy

    Ma chi sa quanto grasso ideologico c’è nella testa della signora?

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