Non tutte le regioni escono col buco (di bilancio)
Lo scandalo che ha coinvolto il Lazio sta generando nelle ultime ore una “sindrome anti-regioni”. L’obiettivo, almeno a leggere certi articoli apparsi sui giornali, sembra la centralizzazione dei servizi, cioè il contrario di quel federalismo che, fino a poco tempo fa, aveva molti fan sparsi in tutta Italia.
LA SALUTE MALATA. Uno dei capitoli di spesa che più gravano nei bilanci delle Regioni riguarda la spesa sanitaria. Ma bisogna fare dei distinguo: realtà con deficit importanti come Lazio, Calabria, Campania sono imparagonabili con altre situazioni. Nel rapportare le spese sanitarie con i Pil regionali emerge un indicatore interessante: Sicilia, Basilicata, Molise, Puglia, Campania e Calabria spendono proporzionalmente più del doppio rispetto a quanto producono nel confronto con Lombardia, Emilia Romagna, Veneto. Il dato peggiorerebbe ulteriormente se si andasse a sottrarre dai Pil regionali la componente della spesa pubblica.
Fonte: Ragioneria generale dello StatoLODE AI VIRTUOSI. Onore alla Puglia – anche se, come appena detto, qualche problemino di deficit sanitario rimane, – all’Emilia Romagna, alla Lombardia per citare tre casi in cui i governatori si ritrovano iscritti nei registri delle Procure, ma che presiedono Regioni con consigli poco onerosi. Secondo i dati della Ragioneria dello Stato, queste tre regioni sono quelle che, pro capite, spendono meno per organi istituzionali. Il Piemonte ha iniziato, con la gestione Cota, un piano di ridimensionamento delle spese della Regione: razionalizzazione degli affitti, riesame di tutti gli incentivi e contributi regionali, valutazione del personale impiegato in esubero, l’abolizione dei viaggi dei consiglieri in ambito Ue e riduzione dei viaggi per Roma (da 11 a 7), oltre all’abolizione definitiva delle autocertificazioni.
Medesimo discorso per il Veneto, che ha da poco ridotto il numero dei consiglieri di 10 unità portando la media a un eletto ogni 100 mila abitanti, abolito i vitalizi e ridotto le indennità dei consiglieri. I costi di funzionamento per ogni cittadino in Lombardia sono circa 21 euro contro una media nazionale di 109. Nella stessa Regione si registra il minor numero di consiglieri pro-capite.
IN POCHI PER TUTTI. Non va poi dimenticato che le tre Regioni appena menzionate contribuiscono per quasi il 40 per cento al Pil nazionale e che ricevono dallo Stato il 30 per cento delle risorse incassate nel territorio: il 70 per cento rimane a Roma. Si sottolinei che più del 30 per cento degli italiani risiede in Lombardia, Piemonte e Veneto. Quindi, un terzo degli italiani è aggregato in tre regioni, i due terzi in 17 regioni con strutture che, nella maggior parte dei casi, hanno costi per cittadino più alti.
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2 commenti
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A vedere – nella seconda figura – como sono messe le regioni a statuto speciale, viene da dubitare dell’efficacia dell’autonomia.