«Non mi sento omosessuale, capito?». Perché i gay si vendicano con Lucio Dalla
«Il funerale di Lucio Dalla è stato fatto con i criteri con cui lo si sarebbe fatto con il funerale di qualsiasi altro cristiano». Cioè «coinvolgendo le persone a lui più vicine, con attenzione alle loro esigenze, e dando alla liturgia un tono di affetto e familiarità». Ha detto così monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale dell’arcidiocesi di Bologna, rispondendo alle polemiche innestate dal mondo gay, Lucia Annunziata e alcuni giornalisti (soprattutto Michele Serra su Repubblica). Monsignor Silvagni è stato categorico: «Non è stata la celebrazione di un funerale di un omosessuale, ma il funerale di un uomo». E padre Bernardo Boschi, amico e confessore del cantante, è stato ancora più esplicito: «È solo una vendetta dei gay che volevano fare del cantante una loro bandiera».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Sulla questione, oggi sono apparsi sulla stampa tre articoli che vogliamo segnalarvi, prima di dare la parola a Lucio Dalla stesso.
Il primo è l’editoriale del Foglio (“Lucio Dalla e il totalitarismo omofilo”) in cui leggiamo: «L’outing post mortem cui è stato sotto posto Dalla è grossolano nella forma e violento nella sostanza. Un assalto di ideologia omofila, pretestuosamente anticattolica ma più ancora irrispettosa della persona (la privacy, la coscienza…)».
«Se Dalla ha mantenuto riserbo sulla sua vita privata non è per “consociativismo”, ma forse per un suo libero riserbo. Semplicemente, Lucio Dalla non era un militante dell’ideologia gay, quella che taccia di omofobia ogni altra sensibilità, persino quella degli omosessuali. E questo per l’ideologia è insopportabile».
Il secondo articolo che segnaliamo appare ancora sul Foglio ed è una lettera di Assuntina Morresi: «Secondo l’Annunziata forse la Chiesa vieta i funerali religiosi a chi ha tendenza omosessuali? O magari ai peccatori in generale? Se così fosse, semplicemente, non si celebrerebbero mai funerali. Ma c’è dell’altro. Lucio Dalla era credente. Andava a Messa, non nascondeva la sua fede. La predica al suo funerale l’ha fatta il suo confessore. E quindi, evidentemente, avendo un confessore, si riteneva un peccatore, come generalmente pensano i cattolici praticanti che accedono ai sacramenti. Dalla non ha mai messo in pubblico le sue esperienze affettive. Perché avrebbe dovuto farlo? E se non l’ha fatto lui, perché adesso viene fuori a farlo l’Annunziata? Che ne sa Lucia Annunziata della coscienza di Dalla? Che ne sa di come ha vissuto la sua affettività e la sua fede?».
«Altro che clima omofobico, quindi, come maldestramente ha detto Lucia Annunziata. Esattamente il contrario, come il funerale di ieri ha testimoniato. La verità è che della Chiesa e della dottrina cattolica in generale tanta gente non sa assolutamente niente, ma si ostina a volerne parlare, e a giudicare come si fa di una partita di pallone, al bar dello sport».
Il terzo è apparso sul forum gestito dal critico musicale del Corriere, Mario Luzzatto Fegiz.
«Non ho mai amato Lucia Annunziata, un equivoco storico come giornalista. Quando dirigeva il TG 3 andava in bagno scalza, perchè lasciava le scarpe sotto la scrivania. Una vera signora. Con i giornalisti maschi usava un linguaggio da caserma. Ma il suo vero limite è sempre stata la sintassi, la scarsa conoscenza dell’italiano. E il carisma televisivo di una verza. Quando Berlusconi la mandò a quel paese per la sua arroganza formale, fu una delle rare occasioni in cui tifai per il cavaliere. La sua polemica sull’ipocrisia dei funerali a Dalla (premiato secondo lei perchè non aveva mai fatto outing) e il tirar fuori la storia della sua omosessualità è una cosa vergognosa. Chiunque ha diritto, finchè non viola la legge, di fare quello che vuole. La gente deve fare outing? Solo gli omosessuali o anche chi si masturba? Ma per favore! Che brutta persona la Annunziata, repellente a tutti i livelli. Bene ha fatto Bernardo Boschi, il confessore di Dalla a dichiarare: «La Chiesa condanna il peccato, non il peccatore quando questi fa un certo cammino. Questi soloni che imperversano, dicendo che la Chiesa è ipocrita non sanno niente della Chiesa».
Meglio di ogni altro commento, rimangono le parole stesse di Dalla, il quale era molto restio a parlare dei propri affetti. Lo fece una volta nel 1979 con la rivista omosessuale Lambda. Pubblichiamo di seguito il testo di quell’intervista.
Tu che ti collochi nell’area culturale e intellettuale del Pci (Partito Comunista Italiano) non ritieni che una tua eventuale dichiarazione di omosessualità darebbe un grosso contributo a che finalmente tale area assumesse una posizione precisa e politica sulla tematica gay?
No! A parte che non è proprio così. Non mi interessa parlartene perché dovremmo stare per giorni interi, ma poi mi sembra così poco informativo, poco divulgativo, e poi credo proprio che non ve ne sia bisogno nel caso fosse vero. Io sostengo, invece, da tempo, che sul piano dell’ortodossia dei propri sentimenti, della propria sessualità, che ognuno deve comportarsi sempre correttamente secondo quella che è la sua organizzazione mentale, la sua organizzazione sociale, ma da qui a fare delle dichiarazioni di voto mi sembra ridicolo… Non appartengo a nessuna sfera sessuale…
Ma non è una dichiarazione di voto; tu sai di avere oggi un certo seguito, hai un grosso pubblico, una grande area culturale giovanile che ti guarda con simpatia, non potresti…
Ma no cazzo, ma non è vero! Non si tratta di nessuna area culturale, io sono un canzonettaro che fa canzoni come tutti i miei colleghi e questo vorrei che fosse chiaro soprattutto a quelli che utilizzano le mie canzoni, cioè con serenità quelle che sono serene, con rabbia quelle che si esprimono con rabbia, ma è un momento questo che non faccio canzoni ‘arrabbiate’. Quindi il mio è un atteggiamento completamente scollato da una forma di problematica che in qualche modo diventa violenta anche se solamente nelle dichiarazioni, soprattutto quando sono inesatte. Hai capito? Ti dico, purtroppo sono un uomo isolato, ecco perché mi rifiuto di collocarmi nell’area culturale del Pci, col quale non ho nessuna ‘area culturale’ in comune. Sono un uomo abbastanza appartato anche a livello di sentimenti. Sono solo perché lo voglio essere, organizzo il mio mondo strettamente e forse malinconicamente ma con coraggio, molto vicino al mondo del lavoro per cui il fatto stesso di comunicare alla gente, a tanta gente, è una esemplificazione di tante tensioni, che sono tensioni emotive e a volte anche tensioni sessuali, senza fare del francescanesimo perché non sono San Francesco, non lo voglio essere e non lo penso nemmeno.
Capisci perché insisto sulla tua omosessualità?
La mia sessualità probabilmente è uguale alla tua come è uguale all’omosessualità di tanti altri. Cioè io non mi sento omosessuale, questo è il problema di fondo, hai capito? Ti ripeto, credo che ogni uomo, e l’ho anche detto e scritto in alcune canzoni, debba organizzare la sua sessualità per quello che sono le sue richieste; è in questo senso che credo nell’organizzazione; però non mi sento omosessuale e mi sembra imbecille che dica di esserlo e mi sembrerebbe ancora più imbecille se mi sentissi omosessuale e non lo dicessi. Hai capito? Ho un grande rispetto per gli omosessuali come per tutti gli uomini in genere anche per quelli che in realtà mi sembrano miei nemici, ma credo che il rispetto sia la costante che si debba avere per qualsiasi situazione di diversità, anche fisica, razziale… Quando c’è un pubblico che delle volte mi accoglie male non sono mai violento, repressivo, autoritario, perciò non mi piacciono queste cose su di me e quindi non le voglio riversare. Non mi sento omosessuale, ma veramente, spero che lo capisca: non mi sento omosessuale. Mi sento pronto e disponibile a tutte le situazioni di amore, di affetto, di amicizia, di sentimenti, di tenerezza. Ecco, questo vuol dire che sono un uomo disponibile, ma fondamentalmente la mia cultura non è una cultura omosessuale, il mio modo di organizzare il lavoro non è omosessuale, ho amici quasi tutti eterosessuali non per mia scelta ma per una serie di contatti che sono legati al mio lavoro; ho anche amici omosessuali che rispetto e ai quali voglio molto bene e che tratto come qualsiasi altro amico. “Trattare”, però, è già una parola sgradevole. Ho un rapporto di grandissima stima e di grandissima correttezza, ecco, questo è il massimo che posso dire e non credo vi sia una causa perché mi sembra una forma di ghettizzazione anche questa. E poi in realtà sono un uomo molto confuso, sono un uomo confuso in tutto, ma credo che gli uomini abbiano il diritto ad essere confusi, perché sono sgradevoli gli uomini che si ritengono conclusi, perché in effetti la parola conclusa è una parola limitativa. E poi come sai, io sono vecchio, ho trentasei anni, ma non sono vecchissimo. Spero di cambiare. Magari se ci vediamo fra tre anni io ti faccio tutte le dichiarazioni che vuoi, è possibile.
Guarda, però, questa è la mia prima intervista che faccio e ti dirò che non so neanche come si fa, quali devono essere le domande… Però ti ringrazio perché sei una persona molto tenera.
Grazie! Vuoi parlare dello spettacolo di stasera? Lo spettacolo è uno spettacolo abbastanza aperto, parte dalla voglia di stare insieme; mia, di Francesco, di Ron, dei musicisti e soprattutto di stare insieme alla gente perché altrimenti non ci sarebbe ragione di fare questa iniziativa. È un’occasione per far musica e la musica è importante.
(tratto da Lambda n. 23, anno 4° – settembre-ottobre 1979)
Foto Ansa
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