Non chiamatelo più Covid-19, ma “virus di Wuhan”

Di Liao Yiwu
22 Novembre 2022
Pubblichiamo la "Nota al lettore" che apre "Wuhan. Il romanzo documentario", l'ultimo libro di Liao Yiwu. Il poeta e scrittore cinese dissidente indaga l'origine della pandemia e denuncia l'utilizzo strumentale del Covid da parte del regime comunista

Pubblichiamo per gentile concessione dell’editore Guerini la “Nota al lettore” che apre Wuhan. Il romanzo documentario, l’ultimo libro di Liao Yiwu, da poco uscito in Italia. Il poeta e scrittore cinese, nato nel 1958 nella contea di Yanting (Sichuan), vive in esilio in Germania dal 2011. Liao è considerato dal regime comunista un “nemico del popolo” per aver recitato in pubblico un poema di commemorazione delle vittime del massacro del 4 giugno 1989, quando il governo represse nel sangue le proteste di Piazza Tiananmen. Per pochi versi è stato arrestato, incarcerato per quattro anni e sottoposto a ogni tipo di tortura.

In Wuhan. Il romanzo documentario Liao indaga l’origine del virus e denuncia come la Cina abbia sfruttato la pandemia per imporre la più imponente, onnipervasiva e tecnologicamente avanzata forma di controllo su ogni aspetto della vita della popolazione. Liao conduce il lettore per mano attraverso la Cina, destinazione Wuhan, attraverso un viaggio che ricorda quello di Ulisse verso Itaca, e ci mostra quanto è pericoloso lo strumento del lockdown nelle mani di una dittatura spietata.

«Virus di Wuhan» non è una definizione politica, ma piuttosto un’espressione che rispecchia una realtà fattuale: Wuhan è il luogo d’origine del potente virus che oggi imperversa nel mondo intero. Si potrebbe dire che il virus è stato scoperto per la prima volta a Wuhan, e che la denominazione «virus di Wuhan» è analoga a espressioni come «incidente nucleare di Černobyl», «disastro nucleare di Fukushima», «virus Ebola» (dal nome del fi ume Ebola in Africa occidentale).

La copertina di Wuhan. Il romanzo documentario di Liao YiwuIl nome «Coronavirus Disease 2019», abbreviato in «Covid-19», adottato dall’Organizzazione mondiale della sanità, è ambiguo ed è il prodotto di un compromesso. Evita deliberatamente di fare menzione dell’origine del virus, proprio come accadde per l’epidemia di Sars in Cina nel 2003, con la conseguenza che la maggior parte dei cinesi ha finito per dimenticare che il primo caso di Sars era stato scoperto a Foshan, nella provincia del Guangdong. Per un certo periodo le autorità locali hanno usato il termine «polmonite di Wuhan», in seguito severamente vietato dal Comitato centrale del Partito comunista cinese, il quale ha poi approfittato della pandemia per scatenare un’ondata di nazionalismo e xenofobia.

Il Pcc ha anche indotto i paesi di tutto il mondo a seguire l’Oms nel riferirsi al «virus di Wuhan» usando il nome «Covid-19», facilitando così successive falsificazioni della storia (attività in cui il Partito comunista è molto esperto). Forse, dopo diversi anni di propaganda ideologica, la grande maggioranza dei cinesi ricorderà solo che il Covid-19 arrivò in Cina dagli Stati Uniti, e che Wuhan fu la prima città cinese a essere infettata, così come, descrivendo la Grande carestia del 1959-1962 in Cina, in cui morirono di fame quasi quaranta milioni di persone, i manuali di storia ufficiali affermano: «Sotto la guida del presidente Mao e del Partito comunista, superammo i tre anni di disastri naturali causati dal revisionismo sovietico».

A conferma del detto sul lavaggio del cervello in 1984 di Orwell: «Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente, controlla il passato».

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