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«No alla crudeltà sugli animali, ma così sono gli uomini a diventare cavie»

La commissione politiche comunitarie del Senato discute su un articolo che prevede il divieto di allevare animali per i test dei farmaci. Giovanardi: «Si rischiano nuovi casi talidomide»

Chiara Rizzo
15/09/2012 - 8:57
Politica
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Una piccolo articolo, il numero 14 della legge comunitaria, che potrebbe avere effetti da tsunami: impedire l’allevamento di animali per i test dei farmaci prima del commercio. Un fatto di cronaca recente, la vicenda del canile di Green hill, che ha portato l’introduzione nel nostro paese di questa norma. Un fatto di cronaca del passato che torna invece come monito per il presente: il caso del farmaco talidomide, in commercio tra il ’57 e il ’61 senza che prima fosse stato testato su animali gravidi, che portò alla nascita di migliaia di bambini con gravissime malformazioni. Il farmaco bloccava lo sviluppo degli arti nei feti, o addirittura alla morte di migliaia di neonati e feti. È intorno a questi tre fatti che negli ultimi giorni è scoppiata la polemica, dopo che il senatore Carlo Giovanardi (Pdl) ha ricordato: «Nel caso talidomide furono le donne incinta ad essere usate come cavie».

Senatore Giovanardi, perché ha citato questo caso? Secondo lei, cosa accadrebbe se dopo la Camera anche il Senato approvasse l’articolo 14?
La vicenda talidomide si inserisce in un dibattito molto serio. E cioè se l’Italia, diversamente da tutta l’Europa e dal mondo dove è obbligatorio testare i farmaci su almeno due specie animali prima di metterli in commercio, debba inserire l’articolo 14 della legge comunitaria. La norma comunitaria, nel suo complesso, riguarda il benessere animale e sono perfettamente d’accordo con il recepimento di questa norma, molto severa nel garantire che non ci siano maltrattamenti o crudeltà sugli animali, ma che non si spinge fino a proibire l’allevamento delle cavie. La novità italiana è un’aggiunta alla norma, l’articolo 14 appunto, che diversamente da tutt’Europa, proibisce invece l’allevamento. Se questa proibizione diventasse legge ci esporrebbe ad un’infrazione comunitaria. Il Governo, tramite il ministro della Salute Renato Balduzzi, si è, però, dichiarato favorevole a questa soluzione. Come ho segnalato in Commissione politiche comunitarie del Senato, insieme al collega del Pd Ignazio Marino, ciò avrebbe come conseguenza il fatto che seimila ricercatori se ne andrebbero dal paese e che non sarebbe possibile fare ricerca e brevettare nuovi farmaci. Inoltre, se passasse quest’idea, le cavie diverrebbero gli uomini e donne. Il caso talidomide è tornato d’attualità perché una settimana fa la casa farmaceutica che produceva il farmaco ha chiesto, per la prima volta, scusa alle vittime. Questa vicenda è un terribile esempio per la storia della medicina. Non vennero eseguiti test animali, e la mancata sperimentazione ha comportato effetti devastanti: solo quando il farmaco era già in commercio vennero eseguiti i test su animali non gravidi e solo nel ’62, dopo che erano emersi i primi casi di bambini con malformazioni e il farmaco fu ritirato, si fecero test più accurati. Non dovremmo ripetere questo comportamento.

Nel ’61-’62, si parlò sui giornali di 600 vittime del farmaco (10 mila nel mondo): lo ricorda l’associazione talidomici, aggiungendo che oggi sarebbero in vita solo 300 persone. Mai nessun censimento è stato fatto nel nostro paese su questo caso, sinora un po’ dimenticato: come mai?
Io mi sono interessato del caso talidomide già qualche anno fa, ai tempi del primo governo Berlusconi, quando con il premier ricevemmo la delegazione dell’associazione vittime. In seguito abbiamo inserito per legge il riconoscimento che poi ha portato ai primi risarcimenti per le vittime.

Come mai da noi è stato introdotto l’articolo 14, e la proibizione di allevare animali per i test?
È accaduto in seguito al caso Green Hill, perché gran parte del movimento animalista è contrario alla sperimentazione sugli animali. Solo che così si dimentica che se non si sperimenta sugli animali si sperimenta sugli uomini. Non lo dico io, ma la comunità scientifica.

Nell’articolo 14 si parla però di tecniche alternative ai test animali per provare i farmaci.
È un utopia, magari fosse così. Tant’è che in tutto il mondo nessuno si sogna di abolire le norme in vigore prima di mettere in commercio un farmaco. Il caso talidomide è un esempio alla luce del quale, in tutto il mondo, è stata introdotta la farmacovigilanza. Ma non sono io a pensarla così, è la comunità scientifica mondiale che ci ricorda l’importanza dei test animali, anche per altre cose ad esempio per i trapianti. Cosa accadrebbe se prima non venissero eseguiti su animali? Se la norma passerà e in Italia non sarà possibile l’allevamento per la sperimentazione i casi sono due: verrebbero acquistati animali dall’estero, ricerca e brevetti verrebbero fatti all’estero e noi dovremmo affidarci. Oppure dovremmo acquistare da paesi terzi i farmaci, magari da paesi, come l’India o la Cina, dove per altro non è che ci sia la nostra meticolosa attenzione sul benessere degli animali. Questa cosa non riguarda solo i farmaci e il caso Green Hill.

Cioè?
La coppia che ha adottato i primi beagles di Green Hill ha annunciato che la prossima battaglia sarà quella contro l’allevamento dei maiali e la castrazione. In Emilia Romagna c’è già stata la battaglia contro l’allevamento dei visoni che ha portato alla scomparsa del settore pellicceria: magari ora scomparirà anche il Prosciutto di Parma, con gravissimi problemi per l’economia.

È più importante il rispetto dell’animale, che non può difendersi, o il progresso della medicina?
Il discorso è serio: per me gli animali vanno rispettati, amati, ma c’è una gerarchia nel creato e prima viene l’uomo. Invece qui c’è un certo oltranzismo e tra uomini e animali non viene fatta alcuna differenza. Sono contro la vivisezione, ma nel caso dell’articolo 14 non si parla di sadici che si divertono, ma di sperimentazioni cliniche serie fate con controlli scientifici. C’è differenza tra uomini e animali? Per me sì.

Lei è stato accusato dalla dottoressa Kuan (Lav) di aver detto delle falsità sulla vicenda talidomide. Cosa risponde?
La risposta l’ha data il direttore dell’istituto ricerche farmacologiche Mario Negri, Silvio Garattini, che ha ricordato che esiste una vasta letteratura scientifica che conferma quello che dico, cioè che quel farmaco non era mai stato testato prima su animali gravidi e che «purtroppo questi risultati vennero ottenuti in tempi successivi perché all’epoca non era richiesto che i farmaci fossero studiati sulla riproduzione animale». E così ha anche risposto la presidente onoraria dell’associazione vittime talidomide.

Tags: carlo giovanardiGreen HillIgnazio MarinoLavMario Negrirenato balduzzisanitàtalidomide
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