Ieri in Senato è passato un emendamento di due cittadini del Movimento 5 Stelle sull’abolizione del reato di clandestinità. Oggi Beppe Grillo li accusa di essere andati fuori rotta. «La loro posizione espressa in Commissione Giustizia è del tutto personale», scrive sul suo blog. «Non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5S, non faceva parte del Programma votato da otto milioni e mezzo di elettori, non è mai stata sottoposta ad alcuna verifica formale all’interno». Con queste parole ha dettato la linea a tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle che in questi giorni si erano detti aperti all’abolizione del reato di clandestinità.
ONDIVAGO. Grillo fa il padrone del partito, non solo il portavoce. Corregge i suoi. Li dirige sulla strada del consenso. E non lo nasconde: «Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico», ricorda ai parlamentari più ingenui. Il leader del Movimento 5 Stelle sa di che parla. Gli italiani non vogliono clandestini in patria. E Grillo, che conosce i suoi elettori, e non ha alcuna convinzione personale a parte quella di allargare l’elettorato, ridimensiona il protagonismo di alcuni grillini con un retroterra ideologico di sinistra. Per questo si rimangia quello che pensava sulle carceri, quando nel 2006 faceva parlare Marco Pannella sul proprio blog, in favore dell’amnistia, e oggi si dice totalmente contrario a ogni atto di clemenza da parte del Parlamento. Perché? Perché la clemenza non piace agli italiani. Sempre nel 2006 l’italiano medio era per Grillo «un povero cristo che ruba a se stesso e al suo Paese e non lo sa». Nel 2013, diventa una persona da imitare. Un uomo che evade per sopravvivere. Un uomo che vota il Movimento 5 Stelle.
SMENTITE. Non è la prima volta che Grillo bastona i propri parlamentari. Lo ha già ha fatto sul tentativo di mettere in piedi alleanze con la sinistra, come accaduto nei primissimi momenti della corrente legislatura, e ancora a settembre. «I gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle non dovranno associarsi con altri partiti o coalizioni o gruppi se non per votazioni su punti condivisi», ha scritto qualche settimana fa. Ha condannato l’attività dei parlamentari del Movimento questa estate, obbligandoli alla retromarcia sul Durt, ulteriore balzello burocratico sulle imprese promosso proprio dai grillini. E, allo stesso modo, ha cestinato a nome di tutti i 5 Stelle, bacchettando i rimostranti, l’esperienza della candidatura alla presidenza della Repubblica di Stefano Rodotà, prima osannato, poi definito «maestrino con la penna rossa», «ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato».