Nicaragua, il fallimento dell’ideologia e la crisi dell’io
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Il Nicaragua è un piccolo stato dell’America Centrale, situato tra l’oceano Pacifico e il mare Caraibico, noto per il suo territorio spettacolare costellato di laghi, vulcani e spiagge. Tuttavia, da aprile scorso la nazione è immersa in una crisi prodotta da una convulsione sociale che finora ha causato la morte di più di 350 persone, soprattutto giovani, e 2.100 feriti. Secondo il Consiglio permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani (Oea), che si è riunito la settimana scorsa a Washington per discutere della difficile crisi che sta vivendo il Nicaragua, esiste una chiara responsabilità dello Stato legata alla repressione e alle uccisioni causate dalla polizia e dai paramilitari. «Lo Stato esiste per proteggere i diritti della gente e non per sottometterla», ha affermato il politico uruguayano Luis Almagro, segretario generale dell’Oea.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]LA REPRESSIONE DEI FIGLI DEI SANDINISTI. I giovani nicaraguensi hanno iniziato a protestare contro il governo per la mancanza di libertà, di opportunità e gli oltraggi subiti nel corso di oltre undici anni di governo sandinista. Le manifestazioni hanno acceso la fiamma della violenza, e dal malcontento generale si è passati a chiedere le dimissioni del presidente Daniel Ortega, e di sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo. Proprio Ortega è stato uno dei principali leader della cosiddetta Rivoluzione Sandinista, per mezzo della quale si pose fine alla dittatura esercitata in Nicaragua dalla famiglia Somoza, il cui posto venne preso da un governo di sinistra negli anni Settanta. Ortega ha assunto la funzione di presidente per la seconda volta il 10 gennaio 2007, ed è stato rieletto per la terza volta consecutiva con elezioni presidenziali il 6 novembre 2016.
Ironicamente, tra i manifestanti repressi ci sono anche figli e nipoti di ex guerriglieri sandinisti, cioè di coloro che, mossi da un ideale di giustizia e libertà, in nome dell’ideologia marxista, sostennero Ortega nella lotta armata per decenni, e che ora lo accusano di aver tradito la causa.
OGGI L’APPELLO DELLA CHIESA. La Chiesa Cattolica ha un ruolo chiave nella crisi nicaraguense. I vescovi del Nicaragua hanno emesso un comunicato con il quale hanno invitato tutti i fedeli, uomini e donne di buona volontà, a unirsi oggi, venerdì 20 luglio, in una giornata di digiuno. L’annuncio è stato dato dopo che la polizia e i paramilitari avevano attaccato la parrocchia Divina Misericordia a Managua: durante l’assedio è rimasto ucciso uno studente, e altri cento hanno avuto bisogno dell’intervento dei vescovi per potere uscire salvi.
La giornata di digiuno nasce in «riparazione della profanazione fatta in questi ultimi mesi contro Dio. Durante questa giornata si reciterà la preghiera di esorcismo a san Michele Arcangelo». I vescovi hanno spiegato che «questi momenti di riparazione e intercessione sono una chiamata alla conversione per tutti, un momento di riconciliazione con Dio, con noi stessi e con i nostri simili». Per questo hanno chiesto di avvicinarsi al sacramento della riconciliazione. I prelati hanno ricordato che la pace è un bene prezioso quanto precario, di cui dobbiamo avere cura: «La pace non si riduce all’assenza di guerre, ma alla generazione di una cultura della pace», hanno detto.
«ORTEGA HA PASSATO IL LIMITE DEL DISUMANO». Il vescovo ausiliare di Managua ha criticato duramente la violenza scatenata dallo Stato e su Twitter ha scritto che il governo di Ortega ha passato «il limite del disumano e dell’immorale», ha definito come «repressione criminale» gli atti contro i manifestanti nelle città del paese e ha manifestato la necessità che la comunità internazionale ponga più attenzione a ciò che succede in Nicaragua. La comunità internazionale ha a sua volta intensificato la pressione sul governo del Nicaragua affinché la repressione cessi e avvenga il disarmo dei paramilitari.
Al di là di questi eventi, quello che sta accadendo nel paese indica chiaramente che l’utopia marxista che aspira a un mondo nuovo, continua ad essere una fantasia, una falsa pretesa per coloro che si lasciamo sedurre dalla sua falsità.
LA CRISI DELL’IO. Oggi la crisi è ancor più esistenziale e antropologica. Quello che in fondo interessa ai giovani è trovare un significato che permetta loro di tirare avanti il carro della vita, una ragione che dia consistenza alla realtà di tutti i giorni. Per questo fa soffrire sentire gli esperti del comportamento umano sentenziare sulla violenza in cui viviamo, senza menzionare almeno un punto di connessione tra questo fenomeno e la crisi ontologica, la crisi del “chi sono io?” e del “perché vivo?” che oggi abita tutti gli ambiti sociali.
La mancanza di significato, la malattia dell’essere che si sente solo, abbandonato, senza ragioni chiare per vivere, è come una peste nera che miete vittime d’ogni parte, mentre i “sani”, i buoni, i ragionevoli, continuano il loro cammino, suonando e ballando lontano dal dolore di tanti. Forse non considerano che un giorno potrà toccare anche a loro? Tuttavia, la mancanza di senso è una bomba a orologeria, a cui bastano piccoli detonatori per esplodere nelle mani più innocenti tra le nostre. Quello che occorre al Nicaragua è una prova di questo ([email protected]).
Foto Ansa
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