«Alle 11:58 di sabato, mio fratello ha smesso all’improvviso di ballare e ha gridato: bhuichaalo, terremoto!»
«Esattamente alle 11:58 di sabato mattina, mio fratello ha smesso all’improvviso il suo ballo sgraziato sulle note di una canzone di OT Genasis e ha gridato: “bhuichaalo!”, terremoto». Mentre il respiro della giornalista nepalese Bhrikuti Rai si faceva «sempre più corto», e «vetri e finestre sbattevano avanti e indietro», la donna ha avuto la prontezza di afferrare una borsa e il fratello di prendere tutto il necessario prima di buttarsi fuori insieme dalla loro casa a Kathmandu.
«FORSE 10 MILA MORTI». Per la violenza del terremoto di sabato e dello sciame sismico che ancora non si è fermato, la valle di Kathmandu, capitale del Nepal, si è spostata di tre metri verso sud. Più di sei milioni di persone hanno ancora bisogno di aiuto e le autorità, contrariamente a quanto dicono le stime provvisorie (circa 5 mila), temono «10 mila morti».
«BAMBINI SCIOCCATI». Rai, in un articolo scritto per la Bbc, racconta la terribile esperienza: «Prima di uscire dal palazzo, ho visto la sezione del muro che circonda il nostro edificio crollare. Correndo giù per le scale, evitando le macerie, siamo arrivati in cortile, dove abbiamo trovato tutti i nostri vicini». Lì c’erano bambini «scioccati», donne «che urlavano» guardando le «crepe nei muri», mentre la terra continuava a tremare.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]LA TORRE CROLLATA. «La gente cercava disperatamente di chiamare i propri cari, bestemmiando per la linea che non prendeva». Alcune «anime buone ci hanno offerto da bere e hanno portato i malati in ospedale». Tutti intanto parlavano del «crollo della nostra cara Dharhara, torre alta più di 60 metri, che era stata ricostruita dopo il terribile sisma del 1934».
«IL GIORNO PIÙ NERO». Rai si è sistemata con il fratello e la sorella, che li aveva raggiunti, nel cortile della scuola. «”Mi sento una rifugiata”, ha detto mia sorella. Un uomo allora si è messo a scherzare dicendo che sembravamo tutti degli alluvionati. Ma nessuno ha riso. Questo giorno, 25 aprile, sarà ricordato nei nostri discorsi futuri come il giorno più nero della nostra generazione, così come i miei nonni parlavano allo stesso modo di quando c’è stato il terremoto del 1934».
TREMANO LE GAMBE. Temendo una nuova scossa, Rai come gli altri non è tornata subito in casa ma verso mezzanotte ha deciso di rientrare per non dormire all’aperto. «Ad ogni scossa io e mio fratello ci guardavamo pietrificati, poi dicevamo: “Non è stata così forte” ma a un certo punto non capivo più se erano le scosse o le mie gambe che non smettevano di tremare». Quella notte Rai ha dormito «con le scarpe ai piedi e la luce accesa».
«ENORME TENDOPOLI». Il giorno dopo ha girato la città per capire se qualcuno dei suoi amici fosse rimasto ferito. «Nessuno per fortuna, ma l’intera Kathmandu assomigliava a un’enorme tendopoli. I quartieri dove gli edifici erano stati danneggiati o ridotti a un ammasso di macerie erano deserti». Solo quando, tornando verso casa, Rai ha visto tutti i negozi e i benzinai chiusi ha cominciato a pensare se avesse sufficienti scorte di viveri per tirare avanti: «Ne ho abbastanza per arrivare in fondo alla settimana. Ma mi sono resa conto di quanto saranno difficili le prossime settimane».
Foto Ansa/Ap
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