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Nazareth. Basilica dell’Annunciazione. Cronaca di un assedio al simbolo della cristianità

Estate 1997 Le autorità municipali di Nazareth si preparano ad attrezzare l’area antistante la basilica dell’Annunciazione per trasformarla in una piazza e in un parcheggio in vista del flusso di pellegrini richiamati in loco dalla celebrazione dell’Anno Santo.

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22/11/2001 - 0:00
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Estate 1997

Le autorità municipali di Nazareth si preparano ad attrezzare l’area antistante la basilica dell’Annunciazione per trasformarla in una piazza e in un parcheggio in vista del flusso di pellegrini richiamati in loco dalla celebrazione dell’Anno Santo.

Un gruppo di estremisti musulmani occupa l’area: per loro è il luogo di sepoltura di un venerabile islamico, Shibab a-Din, nipote del Saladino che cacciò i crociati dalla Terra Santa. Come atto dimostrativo, erigono una tenda-moschea destinata a diventare un grande edificio di 2000 metri quadrati di superficie, con un minareto alto 100. Protestano la Chiesa cattolica e gli esponenti del mondo laico e di sinistra palestinese, fra cui il sindaco di Nazareth (un arabo cristiano) appartenente al Fronte Popolare.

La tomba di Shibab a-Din è, a quanto pare, in Siria. A Nazareth, che conta 40mila cittadini musulmani a fronte di 20mila cristiani, esistono già undici moschee.

Le autorità israeliane istituiscono una commissione incaricata di trovare una soluzione di compromesso, la quale decide di concedere il permesso per la costruzione della moschea limitandola a 700 metri quadrati di superficie e a 15 lineari di minareto

L’Olp considera l’intera vicenda una provocazione ordita dai servizi segreti israeliani e Yasser Arafat si oppone alla costruzione della moschea, ma gl’israeliani affermano che su Nazareth, non soggetta all’Autorità palestinese, il leader di al-Fatah non ha alcuna voce in capitolo.

Autunno 1997

In base a una sentenza emessa dal tribunale distrettuale di Nazareth, il Waqf — l’ente che gestisce le proprietà religiose islamiche — vanta diritti di proprietà solo su 135 metri quadrati dell’area edificanda, ovvero quelli immediatamente circostanti la presunta tomba del discendente del Saladino. I rimanenti vengono messi a disposizione dello Stato israeliano.

Il portavoce del patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, dice: «Non possiamo accettare che si calpestino i diritti dei cristiani».

Aprile 1999

Sulle pagine del quotidiano progressista israeliano Ha’aretz, Meron Benvenisti, ex sindaco laburista di Gerusalemme, denuncia la proposta di voto di scambio lanciata dal premier di destra uscente Benjamin Netanyahu agl’integralisti musulmani: in cambio della propria rielezione (che i 50mila voti controllati dal partito islamico in Galilea possono garantire), Netanyahu andrebbe incontro alle richieste dei fondamentalisti islamici. Benvenisti denuncia pure l’ambiguo atteggiamento di Tel Aviv in merito alle «moschee di Lajjun, Be’er Sheva e Ghabasiyah, che le autorità demaniali di Israele difendono accuratamente da “invasioni illegali” di musulmani che cercano di ripristinarle». Quando Netanyahu perde le lezioni il 17 maggio, l’esecutivo laburista che gli succede di fatto non modifica la linea politica governativa.

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15 ottobre 1999

Rispecchiando l’orientamento dell’amministrazione Clinton, disturbata dall’intenzione di Giovanni Paolo II di visitare l’Irak durante l’Anno Santo, il quotidiano progressista statunitense The New York Times, di solito favorevole ai laburisti israeliani, pubblica un articolo che avvalla l’interpretazione dei fatti fornita dagli estremisti islamici di Nazareth.

Novembre 1999

Le Chiese cristiane in Israele decretano una serrata dei Luoghi Santi per domandare «rispetto e giustizia».

Dicembre 1999

Il governo israeliano del premier laburista Ehud Barak concede agli estremisti musulmani il permesso di posare la prima pietra della progettata moschea. Il Likud, il partito di destra che sta all’opposizione, denuncia l’azione del governo, ipotizzando l’esistenza di un patto fra il governo israeliano di sinistra e i musulmani di Nazareth in cambio del loro sostegno elettorale.

11 settembre 2000

Le massime autorità cristiane in Israele si riuniscono con il ministro israeliano degli Esteri Shlomo Ben Ami (fra i diretti responsabili della decisione di costruire la moschea). Presenziano Michel Sabbah, il patriarca armeno ortodosso Torkom Manoukian, un rappresentante del patriarca greco ortodosso Diodoros (infermo) e padre Giovanni Battistelli, francescano Custode della Terra Santa. Voluto dal ministro per ascoltare i pareri dei leader cristiani sul futuro assetto di Gerusalemme, l’incontro vorrebbe affrontare anche la questione della moschea di Nazareth. Secondo indiscrezioni raccolte dal corrispondente dell’agenzia di stampa Fides — voce della Congregazione vaticana De Propaganda fide —, Ben Ami afferma: «Non ne voglio parlare: la moschea non è nell’ordine del giorno da me preparato». Alcuni francescani in servizio a Gerusalemme hanno dichiarato alla stessa agenzia stampa: «Il problema della moschea è destinato a dominare i rapporti fra Israele e Chiese Cristiane. È tempo per il governo di Israele di non fare la politica dello struzzo».

15 settembre 2000

Fides lancia l’allarme, trasmesso dalla Delegazione della Terra Santa in Italia, attraverso un comunicato ufficiale in cui chiede ai cattolici di tutto il mondo di premere sul governo israeliano affinché fermi «l’irresponsabile decisione» di costruire la moschea, un gesto che mette «il celebre santuario in uno stato d’assedio».

14 agosto 2000

In occasione di una sua visita a Roma, ministro Shlomo Ben Ami “tranquillizza” la Santa Sede sul rispetto dei luoghi santi cristiani in Israele.

4 settembre 2000

Iniziano i sondaggi del terreno in vista della costruzione

11 novembre 2000

Iniziano i lavori di escavazione che servono a gettare le fondamenta della moschea. Lamentando l’assenza di risposta a un messaggio da tempo inviato al premier Ariel Sharon, in una presa di posizione ufficiale — diffusa sempre attraverso Fides —, la Custodia di Terra Santa deplora la decisione del governo israeliano e chiede la revoca immediata del permesso di edificazione: «Questa attività sta procedendo in totale disprezzo dei sentimenti e delle suppliche espresse in tutto il mondo dalla comunità cristiana». «È difficile sfuggire al sospetto che quanto stiamo vedendo è un cinico tentativo di sfruttare l’attuale situazione internazionale, come le drammatiche condizioni della Terra Santa, per realizzare furtivamente questo piano dannoso».

Novembre 2001

Nonostante le numerose smentite di Tel Aviv, che a più riprese sostiene di aver fatto sospendere i lavori, l’edificazione della moschea prosegue. Anche in segreto, anche di notte. Il governo israeliano sembra anzi intenzionato a far accelerare sempre più scavi e costruzione. Dichiarazioni e smentite si accavalano sulla stampa israeliana e rimbalzano anche in Occidente. Il dibattito fra Tel Aviv e la Custodia di Terra Santa non si placa. Tempi contatta l’ambasciata dello Stato d’Israele presso la Santa Sede. Lo fa lunedì 19, in fase di chiusura del presente numero. La risposta dell’Ambasciatore è: no comment.

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