Come tutti i milanesi, anch’io tornando dalle ferie estive ho trovato nella buchetta delle lettere la missiva del Comune di Milano, che mi informava di una nuova tassa da pagare: la Tari. In realtà, ho scoperto leggendo la puntigliosa lettera, non è proprio nuova, essendo la vecchia tassa sui rifiuti. Ha solo cambiato nome: da Tares a Tari, così come la Tares aveva a suo tempo preso il posto della Tarsu.
Dopo aver storto il naso dando uno sguardo alla voce “Saldo finale”, mi sono dedicato alla sezione “Modalità di pagamento”, esaltandomi alla scoperta che non avrei per forza dovuto perdere ore in fila a uno sportello postale ma avrei potuto pagare comodamente da casa collegandomi al sito dell’Agenzia delle Entrate, e compilando l’apposito modulo online, oppure con l’home banking. Scadenza: 16 settembre a mezzanotte, cioè ieri.
Così, non essendo sadico e avendo scartato l’ipotesi delle poste, ieri mi sono messo di buon grado davanti al computer per pagare l’imposta. Verso le 11 di sera accendo il portatile, pronto a seguire le istruzioni per il pagamento contenute nella lettera. Uno strano gusto esotico mi spinge ad entrare nel sito dell’Agenzia delle Entrate e mi perdo. Apro una ventina di pagine senza costrutto, mi faccio attrarre dalla sezione “Cosa devi fare” ma non cavo un ragno dal buco.
Inizio a lamentarmi e mia moglie mi ricorda, non senza farmela pesare un po’, che abbiamo l’home banking. Riacquisto fiducia ed entro nella mia pagina personale. Apro in un baleno la sezione dedicata al pagamento degli F24 e apro un “nuovo F24”. Mi ritrovo davanti a un modulo diverso rispetto a quello che mi ha mandato il Comune. Panico. Mi affido immediatamente a Google e dopo una rapida ricerca scopro che mi è stato inviato il nuovo “F24 semplificato” e non il vecchio “F24”.
Mi scappa un grido di gioia alla vista della parola “semplificato” e mi ributto nella compilazione con rinnovato ardore. Mi accorgo ben presto che il modulo “semplificato” non è proprio semplicissimo: bisogna inserire nell’ordine “sezione”, “codice tributo”, “codice ente”, scegliere tra “ravv.”, “immob. variati”, “Acc”, e “saldo”. Poi inserire “Rateazione/mese di rif.”, “Anno di riferim.” e l’importo a debito. Last but not least, il codice identificativo dell’operazione di 18 cifre.
Per fortuna che il modulo F24 che il Comune mi ha inviato a casa è tutto già pre-compilato. Grazie Pisapia, penso. Inserisco i dati, controllo tre o quattro volte perché non si sa mai, e do il via all’operazione annunciando a mia moglie che ho “già” finito. Lei si gira e vede il terrore dipinto nei miei occhi: avevo appena visto un pop-up comparire sullo schermo “Errore”. Non mi perdo d’animo, convinto di aver sbagliato un dato. Rifaccio tutto da capo ma il risultato è lo stesso: “Errore”. Guardo l’orologio e mi rendo conto che il tempo passa. Ripeto l’operazione tre volte ma il finale non cambia. Inizio a rimpiangere le poste.
Vado allora sul sito del Comune di Milano per vedere se c’è qualche avviso sulla Tari. Guardo bene l’home page, voce per voce, ma non trovo niente. Disperato, mi affido a Google, ultima ancora di salvezza, dove un blog mi spiega che il modulo F24 semplificato che il Comune mi ha inviato è sbagliato. Mi rimanda a una pagina interna nel sito del Comune, dove mi spiegano tra le tante cose che effettivamente c’è stato un disguido ma che è facilmente risolvibile: basta non barrare una casella al contrario di quanto indicato nella lettera.
Smoccolo contro Pisapia e torno sul mio modulo online, ripeto l’operazione senza barrare la casella. Tutto a posto. Non sono mai stato così felice di spendere soldi, quando nel riepilogo del pagamento vedo un dettaglio che mi distrugge: nel campo “data” c’è scritto 17 settembre. Guardo l’orologio: è mezzanotte e due minuti (00:02). Mia moglie s’incazza. Attendo con timore e tremore il possibile arrivo di una multa.