Meno male che ti sei ritirato, Federer

Di Roberto Perrone
17 Settembre 2022
In realtà non c'era più da tre anni, Wimbledon 2019 gli aveva spalancato la pensione. Passata l'esperienza religiosa, resta il più grande tennista di tutti i tempi, nonostante le insopportabili vestali del suo culto
Roger Federer ha vinto otto volte il torneo di Wimbledon. La sua ultima partecipazione è nell'edizione del 2021 (foto Ansa)

Roger Federer ha annunciato il suo ritiro. In realtà non c’era più da tre anni, la fine era nota: finale di Wimbledon 2019, tutto il Centre Court, tutta Church Road, tutto il Commonwealth, tutto il mondo spingeva per lui che sprecò due match point e consegnò i Championships a Djokovic e se stesso alla pensione. Però a impiegato tre anni per ammettere di aver compreso la lezione del suo corpo che in questo periodo è stato più in infermeria che sui campi. In questo molto umano, proprio il contrario del dio del tennis che siamo stati abituati a descrivere: come un pensionando qualsiasi non voleva mollare la cadrega, nel suo caso la racchetta. E dopo che faccio? Perché i soldi non danno la felicità, ma le masse adoranti, quelle sì.

Federer è stato il più grande, ma non citate DFW vi prego

Premessa. Io ho voluto bene a questo ragazzo a cui, quando vidi la prima volta, a Milano nel 2001, il primo titolo di oltre 100, con i capelli biondastri e un improbabile codino (che lontananza con l’eleganza della maturità), non diedi due lire. Roger è stato il più grande, per completezza, eleganza, potenza, controllo. Come diceva Ronaldo (il primo) la potenza è niente senza controllo. Veramente lo diceva la Pirelli, ma avete capito. Nadal e Djokovic, che hanno vinto più Slam di lui, non hanno lo stesso controllo. Ecco la differenza.

L’ho amato, però sono arrivato se non a detestarlo, ci mancherebbe, a fare il tifo contro. Quel giorno, a Wimbledon, dove di fatto ha messo fino alla sua carriera competitiva, ero l’unico a esultare per Djokovic. Non certo per colpa sua, ci mancherebbe, non ha mai indossato le canotte da turista fai da te di Nadal né si è mai voluto trasformare in un santone no vax (e altro) come Djokovic, anzi è stato sempre corretto.

Sono state le vestali e i gran sacerdoti del suo culto a farmi tifare contro di lui negli ultimi anni. Li vedete, leggete, sentite anche oggi mentre si strappano le vesti e scivolano sulle citazioni dotte. Mi chiedevo ieri chi sarebbe stato il primo coglione a tirare fuori “Il tennis come esperienza religiosa” di David Foster Wallace. Il primo non so, perché sono stati una moltitudine.

Adesso posso dirtelo: ti voglio bene

Il fanatismo religioso che lo circondava mi ha allontanato da lui. Gli occhi languidi, le ginocchia piegate, il tifo che faceva deragliare anche i commentatori. Nelle telecronache se lui faceva un bel punto era una celebrazia, se lo stesso lo faceva l’avversario ciccia. Nel 2019 affrontò Berrettini negli ottavi di Wimbledon: i telecronisti di Sky sospirarono di sollievo, alla fine, per non dover celebrare il successo del tennista italiano contro il mito. E pure Berrettini era felice di aver perso. Ma dai.

Per tre anni gli adepti del suo culto hanno aspettato il suo ritorno, con le candele accese e il fiato sospeso, un’attesa messianica che adesso è finita. Meno male. Passata l’esperienza religiosa, resta il più grande tennista di tutti i tempi. Meno male che ti sei ritirato, Roger. Con almeno tre anni di ritardo, ma vabbè, dai, ti capisco. Adesso, finalmente, sciolte le sette, sparite le vestali, riposte le vesti dei grandi sacerdoti e i trattatelli filosofici, adesso che finalmente hai scelto la pensione, che sei come me, posso dirtelo: ti voglio bene.

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