Caro Diego (Armando Maradona), ti scrivo questa breve letterina per dirti che mi dispiace per quello che ti è successo e spero che tu guarisca. Io ti capisco, sono un tossico come te, solo che al posto della cocaina mi strafaccio di pansoti con la salsa di noce. Ognuno ha la sua droga e non è detto che la mia faccia meno male. Sei un generoso. Ricordo quella volta, su un inquietante Tupolev della compagnia di bandiera dell’allora Germania Est, durante un volo notturno da Lipsia a Napoli, quando mi cedesti il tuo posto perché il mio era talmente stretto che non riuscivo a sistemarci il vassoio per la cena. Gesto minimo, ma nessuno, tra questi giovanotti strapagati che girano ora sui campi, l’avrebbe fatto. Sei stato esagerato, verso te stesso e verso gli altri. Hai usato il prossimo e il prossimo ha usato te: c’era un tacito accordo. Non ho massime, né assurde spiegazioni (un idiota ha parlato perfino di politica) da applicare a quello che ti è successo. Una cosa però la so: tu non saresti stato Diego Armando Maradona (e sei stato il più grande di tutti) se fossi stato un ragazzo casa e bottega. Tu sei stato Maradona perché sei così. I destini dimezzati non esistono. Vayas con Dios. ([email protected])
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi