Mammoni o cervelloni in fuga? La prima che hai detto

Di Truenumbers
26 Novembre 2015
Si è creato un mito sui ragazzi che vanno all’estero. Ma i numeri dicono un’altra cosa. Ecco quelli italiani confrontati con quelli europei

Non si può sostenere contemporaneamente che i ragazzi italiani sono mammoni e contemporaneamente che l’Italia è afflitta dalla fuga di cervelli. Una delle due affermazioni è falsa. #Truenumbers, la prima trasmissione giornalistica per il web, visibile in questa pagina, è andata a vedere i numeri veri e ha scoperto qualcosa di sorprendente.

Partiamo dai dati: gli italiani che nel 2013 sono scappati all’estero sono stati circa 160mila, di questi 17.037 avevano tra i 25 e i 29 anni: il 62% in più rispetto ai 10.744 che se ne sono andati nel 2010. Basta questo per dire che c’è la “fuga di cervelli”? No, perché bisogna vedere quanti italiani tra i 25 e i 29 anni se ne sono andati in percentuale sul totale dei loro coetanei della stessa età e poi confrontare questo dato con quello degli altri Paesi europei, ed è quello che ha fatto #Truenumbers. Il risultato? Eccolo: i ragazzi tedeschi tra i 25 e i 29 che hanno lasciato la Germania sono stati, nel 2013, lo 0,79%, i ragazzi svedesi arrivano all’1,38%, i belgi 2,03%, gli spagnoli 2,60%. E gli italiani? Sono stati solo lo 0,52%, cioè, cinque volte meno degli spagnoli, quattro volte meno dei belgi.

I numeri dicono che in Italia non c’è alcuna fuga di cervelli e non solo per quanto riguarda la fascia d’età 25-29 anni, ma anche per quella successiva, quella compresa tra i 30 e i 34 anni, quella delle persone che magari hanno già avuto una esperienza lavorativa, spesso precaria, e che sono, probabilmente, più incentivate a cercare un’occupazione stabile e più promettente all’estero. Ebbene: anche nel loro caso la fuga di cervelli è solo una leggenda: se ne vanno in misura molto inferiore rispetto ai loro colleghi europei. E questo significa che tra le due definizioni, “mammoni” e “cervelli in fuga” la prima è molto più vera della seconda.

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11 commenti

  1. giulia

    Ma la vogliamo finire con sta storia che per essere qualcuno al mondo dobbiamo per forza andar all’estero!
    Conosco persone che si impongono di andare in Inghilterra una settimana all’anno praticamente solo per dimostrare che gli anni di corsi di lingua inglese che si ostinano a fare, anche senza effettivo bisogno nella loro vita quotidiana, siano serviti a qualcosa.
    Ma non dovrebbe essere: siccome vado all’estero (causa) allora studio la lingua (conseguenza); invece è diventato : siccome studio la lingua (causa) allora vado all’estero (conseguenza).
    MA VE PAR NORMALE?!
    Quello che continuiamo a passar alle nuove generazioni è che l’importante a scuola nella vita è imparare l’inglese, l’inglese, l’inglese, fare esperienze all’estero, fare l’erasmus… ma il messaggio che negli effetti passiamo in realtà è che siccome l’Italia è un paese fallito tanto vale fuggire (ripeto: fuggire) all’estero!
    Non importa se poi quando andiamo, magari in australia andiamo a far il cameriere o a raccogliere le patate che potevamo benissimo far anche in Italia, perché…vogliamo mettere?! far il cameriere a sidney o a londra FA MOLTO PIU’ FIGO!
    Meglio mammoni, se mammoni significa ricordarsi di esser figli di qualcuno ai quali sarà giusto e DOVEROSO occuparsi nell’ultima fase della loro vita, invece di far i cervelli in fuga che si limitano a sganciar l’assegno alla casa di riposo!
    A scanso di equivoci, ho una passione per le lingue, dall’inglese al latino, ma non ho l’esterofilia!
    Ovvio che per certi lavori particolari, ma proprio perché particolari pochi ed eccezionali, occorra anche andar all’estero, ma qua ormai il discorso si è allargato anche all’operario o all’impiegato

    1. pippo

      Giulia hai totalmente frainteso il senso del discorso. la domanda generale era: la continua migrazione dall’Italia all’estero di persone altamente qualificate e quindi di “cervelloni” ci sta in effetti impoverendo come paese?
      qui non di discuteva delle persone che emigrano per trovare un lavoro “semplice” ma chi ad esempio a seguito di una brillante carriera universitaria decide di portare le sue abilità all’estero per diversi motivi. questo è il tema!
      certo che se ci mettiamo a parlare di qualunque cosa ci passa per la testa non ci si capisce più niente!

      1. giulia

        Caro Pippo non ti do del tutto torto, ma più che aver frainteso credo di esser colpevole per il secondo atto d’accusa!
        Nel senso che ho preso d’aggancio il tema generale per parlar di una cosa che mi sta a cuore (o a fegato)!

        1. pippo

          lol, lo facciamo tutti ogni tanto 😉

    2. paola

      Aaaaaa

  2. MicheleL

    Consiglio la lettura dell’articolo facilmente reperibile cercando su internet
    “Fuga dei cervelli? Un mito sfatato a metà”

    1. Pippo

      Letto… Dice tutto quello che ho detto io:
      I ragazzi migrano prima del PhD(sanno che avere un PhD all estero darà loro maggiori possibilità di inserimento nel paese dove hanno fatto il PhD! Quindi chi ha questa intenzione si organizza per tempo).
      Le percentuali dei migranti sale su si guidano solo le persone con alte formazioni (dei cervelloni).
      Il flusso uscente non è compensato da un flusso entrante…

      Venite alle lezioni del percorso di eccellenza (i migliori del dipartimento di matematica) e vi renderete conto che tutti sottometteranno domande esclusivamente per dottorati all estero, e che tra i dottorati quelli stranieri sono pochissimi e in genere vengono per brevissimi programmi di scambio…

      1. Xyzwk

        Va detto poi che il valore aggiunto per chi decide di continuare gli studi all’estero è che di solito questo permette anche di imparare a camminare con le proprie gambe e “svezzarsi” dalla famiglia. In altre parole di essere autonomi, indipendenti, di uscire da casa e non essere dei mammoni a vita.
        L,’Italia è il Paese dove si rimane il piú a lungo sotto le gonnelle della mamma, all’estero i ragazzi a vent’anni sono giá in grado di vivere da soli e sono molto piú indipendenti, imparano prima a misurarsi con se stessi e questo consente loro in futuro di costruire un rapporto piú equilibrato quando decideranno di “mettere su famiglia”

  3. pippo

    Scusate ma mi sembra che abbiate tralasciato alcuni indici molto significativi nel contesto. Non avete proprio nessun tipo di indice/controllo su quanti degli “esodati” sono in effetti dei “cervelloni”.
    dovreste quantomeno portare nel conto la percentuale dei laureati tra gli immigranti e se fosse possibile discriminare tra i super-laureati e quelli che si sono laureati con il minimo della dignità.

    come sapete sono ricercatore in matematica presso la sapienza. i 10 studenti migliori ogni anno accedono ad una classe speciale detta “percorso di eccellenza”. negli scorsi anni nessuno, e dicono nessuno dei laureati con eccellenza è rimasto in Italia. questo potrebbe non essere significativo perchè parliamo di una sola facoltà all’interno di una solo università, troppo poco per una statistica. Io credo che se vogliamo parlare di fuga di cervelli il numero interessante è la percentuale dei laureati con voto superiore a 100 che ha lasciato l’Italia. sarebbe anche interessante vedere il bilancio tra laureati con più di 100 persi perchè hanno migrato fuori dal nostro paese e acquisiti perchè hanno migrato verso il nostro paese…

    da quello che mi risulta, forse è vero che i nostri ragazzi migrano meno di quelli di altri paesi, ma è anche vero che siamo tra le ultime scelte come paese dove migrare…. quindi è vero che perdiamo pochi ragazzi con l’immigrazione ma è vero che non ne acquisiamo praticamente nessuno…

    1. Giuseppe

      Suvvia, non tiriamocela troppo!
      Scopo dell’articolo non era, e non poteva essere, fare una raffinata analisi del fenomeno, bensì mostrare come girano le leggende in questo Paese.
      P.S. Lei sarà anche un grande ricercatore in matematica, ma ciò non la esime dallo scrivere correttamente in italiano: dopo il punto, il periodo successivo deve cominciare con la maiuscola. Son cose che si imparano inprima elementare, da una normale e brava maestra. E anche “La Sapienza” [nome proprio] vuole la maiuscola, a meno che Lei stesso non la consideri un’università di serie B.
      Per inciso, non sono un letterato, ma mi piace mettere i puntini sulle i, specialmente con quelli che se la tirano.

      1. Pippo

        Io sono un ricercatore alle primissime armi, quindi lungi dall’essere un luminare ma considera alcune cose: trovo che fossilizzarsi su regole che non aggiungono nessuna ambiguità al senso della frase quando si scrive con un iPod è perfettamente lecito. Ammetto di scrivere generalmente malissimo ma attaccarci alle maiuscole è piuttosto infantile… Tanto quanto farti notte che tu hai scritto “inprima” … È un errore di scarsissima rilevanza perché non rende il senso della frase ambiguo o peggio indecidibile… Hai solo fatto un errore di battitura… Stiamo scrivendo dei post veloci per dirci cosa pensiamo non dei documenti per i posteri Lol

        Hai mai pensato a soffermarti meno sulle sviste o “rilassatezze stilistiche” di chi scrive e a concentrarti di più sul significato di quello che leggi?

        Vedi il problema è che si insegna molta sintassi e pochissima semantica… Anche se la seconda è infinitamente più importante della prim

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