Magnaschi: «L’unica speranza per il Pdl è che Berlusconi se ne vada»

Di Chiara Rizzo
05 Ottobre 2012
Per il direttore di Italia oggi, «Berlusconi deve passare la mano. Alle elezioni ci sarà un macello e così si chiamerà un uomo super partes a guidare l'Italia. Indovinate un po' il nome»

Reset. Azzeramento. Lo si chiami come si vuole, ma è il concetto più invocato all’interno del Pdl, e secondo i retroscenisti politici anche l’idea fissa di Silvio Berlusconi. Lo scrive ad esempio Francesco Verderami sul Corsera, parlando delle idee del Cavaliere per uscire dai giorni cupi del Fiorito-gate. Tra mille titubanze, l’uomo del predellino ha detto sì all’operazione che consentirebbe al Pdl di tirarsi fuori dalle macerie: cambiare tutti i dirigenti, ricreare una struttura leggera e all’americana come Forza Italia delle origini. Ma anche questo invocatissimo reset, secondo alcuni notisti non basterà. Ne è convinto il direttore di Italia Oggi, Pierluigi Magnaschi: «La grande carta che Berlusconi ha in mano è di passare la mano. Non come ora, che sta solo facendo finta di allontanarsi. Ma con il suo carattere, non lo farà mai. Se fossi medico, perciò, al Pdl darei una prognosi riservata».

È vero quello che scrive Verderami, e cioè che starebbe passando l’idea dell’azzeramento dentro il Pdl?
Quel che Verderami scrive oggi, l’abbiamo pubblicato noi due giorni fa: quindi sì, sono d’accordo. Il Pdl versa in una gravissima crisi che è sotto gli occhi di tutti. Lo dicono anche i sondaggi: gli ultimi, sebbene da prendere con le pinze perché a vari mesi di distanza dal voto, ci dicono che se si ripresentasse Berlusconi come leader il Pdl perderebbe almeno un milione di voti rispetto alle ultime elezioni. Sarebbe un tracollo e ho l’impressione che questa insoddisfazione, con Berlusconi in sella, sarebbe destinata ad ampliarsi nei prossimi mesi. Penso che la parabola di Berlusconi sia finita. Psicologicamente, però, capisco che l’uomo voglia un’ultima chance. La verità è che Berlusconi dovrebbe passare la mano a un segretario bravo e preparato come Angelino Alfano. Ad oggi, invece, Alfano è teleguidato da Berlusconi. Lui rimane il grande burattinaio e Alfano è privo di ogni possibile leadership.

Quindi questo famoso azzeramento sarebbe solo un’operazione di cosmesi?
Sì, penso che, per il momento, Berlusconi abbia in mente solo questo e non di cambiare la natura padronale del partito. Solo che anche questa operazione di facciata oggi è inutile. Berlusconi sta pagando tutto ciò che non ha fatto: aveva i numeri, ma non ha mantenuto la promessa di fare dell’Italia un paese liberale. Ciò non è mai accaduto: anzi, assistiamo al dilagare di una micro-corruzione alla Fiorito. L’unica operazione fattibile per la salvezza del partito sarebbe tagliare i rapporti con il passato forzista.

Il giornalista Fabrizio Rondolino ha detto a tempi.it: «Il rinnovamento non si fa “a cavolino”, come ha voluto fare Berlusconi: insignisco il più “educato” del mio plotone – nel caso Angelino Alfano – e avviene una successione monarchica».
Sono assolutamente d’accordo. Nel Pdl non si è mai sentita una voce dissonante, perché non era possibile. Tutti i leader, anche valorosi, o si sono appiattiti o sono usciti. Differenziarsi da Berlusconi nel Pdl significa auto-eliminarsi politicamente.

Per Rondolino, «il rinnovamento è fatto di sangue, non di balletti». Con le primarie, nel Pd c’è più democrazia?
Concordo anche su questo. Il dibattito democratico, o almeno la parvenza che di esso c’è nel Pd, non può avvenire nel Pdl a gestione padronale, le intelligenze non hanno il coraggio di uscire allo scoperto.

In questo momento, tanto la campagna per le primarie di Renzi quanto quella di Bersani sembrano giovare in termini di consensi al Pd, che sale al 35 per cento. Secondo lei il futuro Pdl deve temere questo Pd?
No. Il Pd è messo malissimo. L’anima popolare cattolica e quella mimetica-marxista si stanno sgretolando, intorno allo scontro tra Renzi e Bersani. Il rischio di sgretolarsi non esiste però nel Pdl che è liquido e quindi per natura può solo sparire: il Pd in questo senso ha una consistenza più forte. Mi auguro quindi per il suo futuro che il Pd finalmente faccia le sue scelte e lasci i vetero marxisti in mano a Sel, scoprendo la vera vena occidentale lib-dem, riformista, alla Obama o alla Blair.

Allora resta solo lui: il candidato più temibile di tutti anche secondo lei è Mario Monti?
Monti sa bene che non si può schierare con nessun partito. La sua forza è proprio di essere percepito superpartes. Io penso che si andrà alle elezioni e, con qualsiasi sistema elettorale, ci sarà un “macello”. Con il proporzionale o il maggioritario, nessuno prenderà la maggioranza schiacciante, e si creerà una grande coalizione. Chi andrà a guidarla? Un uomo superpartes. E chi è l’uomo superpartes del momento in Italia? A voi l’ardua risposta.

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1 commento

  1. E ora ve ne accorgete che Berlusconi è finito? Come mai fino a poco tempo fa tutti lo acclamavate ancora?
    Prima decide di lasciare perché l’Italia è sul tracollo, poi affida (per modo di dire) al delfino Alfano il partito.
    Ma Alfano è già screditato. Il pdl non è mai esistito come partito. E’ esistito un nucreo di persone che si sono aggragate intorno ad una persona (e non di grande spessore). Fionita la persona il partito implode. E forse non sarebbe un dramma, perché proprio sulle sue ceneri potrebbe emergere qualla parte ancora affidabile. Ma occorre del tempo. Poi consiglierei a tanti politici di ogni partito di andare a rileggere quella figura storica romana che è Cincinnato. Si racconnta che, pur eseendo di origine patrizia, amasse lavorare i campi. Poi fu nominato console in un momento particolare della vita politica. CINCINNATO, dopo aver assolto brillantemente il suo mandato, ritornò a dedicarsi al campo. Perché tanti politici non prendono il suo esempio? Ci sono tanti campi da coltivare? La politica non può essere una professione!!!!

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