Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Alla Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato l’ultimo film di Mel Gibson, Hacksaw Ridge. È la storia (vera) di Desmond Doss, un obiettore di coscienza per motivi religiosi che s’ostinò a partire per il fronte con i soldati americani durante la Seconda Guerra Mondiale.
Medico a Okinawa, durante una delle più furibonde battaglie del conflitto, pur senza mai sparare un colpo, si distinse per ardore e coraggio tanto da salvare la vita a 75 connazionali e per questo, al ritorno, fu premiato con la medaglia al valore. Dopo dieci anni di purgatorio per averne fatte di cotte e di crude, Gibson torna alla regia e, come per i suoi precedenti ultimi film (The Passion e Apocalypto), fa un uso copioso di uccisioni ed esplosioni.
I critici Usa – evidentemente scioccati dallo stile di Mel che mischia violenza e discorsi religiosi, santi e assassini – lo hanno stroncato: «Visceralmente ti prende, ma eticamente è disturbante», «alla fine del film avevo gli occhi pieni di lacrime e di pezzi di sangue», «come parlare di pacifismo in una chiesa che ha i muri imbrattati di sangue».
Gli esperti, insomma, lo hanno bocciato, etichettandolo come uno splatter cristianista, che mischia fede e sangue, violenza e senso del divino. Il Guardian lo ha demolito senza troppe mezze misure, pur ammettendo che si tratta «di cinema».
Ora. Noi il film non l’abbiamo visto, ma ci ricordiamo cosa i critici scrissero a proposito dei precedenti due. Dunque, se è vera solo la metà delle cose che dicono, siamo certi che questo Hacksaw Ridge sarà un capolavoro.