Italia e Germania sprofondano, parecchi paesi dell’America latina scalano posizioni su posizioni: è questo il responso del più recente aggiornamento di “Economic Freedom of the World”, il rapporto sulla libertà economica nel mondo annualmente diffuso dal Fraser Institute di Washington e risultato di ricerche e analisi di dati condotte nei singoli paesi oggetto di indagine.
Secondo il rapporto, negli ultimi due anni Italia e Germania sono pesantemente retrocesse nella classifica dei paesi sulla base del tasso di libertà economica, e hanno segnato le peggiori performance fra i paesi industrializzati: l’Italia è scesa dal 24° al 41° posto (su 119 Stati) fra il ‘97 e il ‘99, perdendo ben 17 posizioni, la Germania è scesa dal 17° al 39° perdendone 22. Tutt’altra musica fra i latinoamericani: il Perù è salito dal 39° al 14° posto (più 25, migliore performance mondiale), il Messico dal 46° al 25°, Ecuador, Honduras e Bolivia hanno segnato progressi lusinghieri. Oggi Italia e Germania sono sopravanzate sia da una dozzina di paesi poveri o relativamente poveri del Sudamerica, sia da paesi ricchi di tradizione socialdemocratica nei quali una parte importante dell’economia è concentrata nelle mani dello Stato, come le nordiche Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca.
Possibile che pochi anni di governo della sinistra (tre in Italia, appena uno in Germania) abbiano così pesantemente inciso sulla realtà economica italo-tedesca? Possibilissimo, ma c’è un altro fatto, ancora più importante, che va considerato: l’ultima edizione del rapporto ha ampliato il numero e la qualità degli indicatori sulla cui base viene calcolato l’indice di libertà economica, e ciò ha senz’altro contribuito all’arretramento in classifica di Italia e Germania.
Fino al 1997, l’indice di libertà economica veniva calcolato sulla base di 25 fattori suddivisi in sette aree, e cioè: presenza dello Stato nell’economia (consumi, trasferimenti e sussidi), struttura dell’economia e dei mercati (regime dei prezzi, aliquote delle imposte, ecc.), politica monetaria e stabilità dei prezzi, libertà valutaria, struttura legale e sicurezza della proprietà privata, libertà di commercio con l’estero, libertà del mercato dei capitali. Quest’anno è stata aggiunta un’ottava area, relativa alla regolamentazione del mercato del lavoro.
E Italia e Germania sono colate a picco, trattandosi di paesi nei quali il mercato del lavoro è particolarmente rigido e la flessibilità è tanto invocata quanto poco realizzata. La retrocessione è motivo di preoccupazione anche per una questione di riscontri statistici: sempre stando ai calcoli del Fraser Institute e soci, dividendo i 119 paesi della classifica in cinque gruppi a scalare, si scopre che il reddito pro capite in ciascun gruppo va scemando man mano che l’indice di libertà economica diminuisce. Guai a perdere altro terreno.