Lettera a Giulio, che ha detto “sì” al doppio libretto
Sul numero di settembre 2015 di Tracce, rivista internazionale di Comunione e Liberazione, è stato pubblicato un articolo (“Cervinia. Questione di engagement”) a proposito dell’equipe del Clu, raduno degli studenti universitari di Cl. In un passaggio dell’articolo si legge quanto segue: «La natura della testimonianza è stata uno dei punti cruciali della prima lezione di Carrón, perché, come diceva don Giussani, “le circostanze attraverso cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale della nostra vocazione”. Dopo una giornata di gita e due canti nella hall dell’albergo, all’assemblea, Giulio interviene proprio su questa frase. Studente di Legge a Firenze, è il responsabile di Lista Aperta per la sua università. Quest’estate il Senato accademico ha votato per approvare un “doppio libretto” che faciliti il momento dell’esame agli studenti transessuali, spesso in difficoltà nello spiegare a professori e compagni il loro cambiamento. A Firenze sono due gli studenti che hanno fatto richiesta per il libretto. “All’inizio noi eravamo contrari. Tutto si giocava sul piano ideologico. Ma guardare il loro disagio, ci ha fatto cambiare posizione”. Incontrare uno di loro, poi, è ciò che li ha convinti a votare di sì, “ma non abbiamo rinunciato a dire, anche agli altri eletti in Senato, che un documento non avrebbe mai risolto il suo bisogno, né saziato il desiderio di diventare se stesso”».
Caro Giulio e cari amici del fraterno mensile Tracce che per raccontare l’esperienza di responsabili universitari di Cl – dunque movimento di educazione alla fede – avete messo in evidenza, come esempio di testimonianza, engagement e apertura non ideologica, il fatto che a Firenze avete approvato la decisione del Senato accademico di concedere a due studenti transessuali che ne avevano fatto richiesta un doppio libretto: uno con le effettive generalità dei due ragazzi (maschi), l’altro con le generalità, diciamo così, del loro percepito psicologico esistenziale (femmine). Ora le teoria del gender ha le sue spiegazioni, come sapete, dove cultura sta opposta alla natura e, in caso di controversia, decide “il mio gusto” o “il mio sentire” come direbbe Nietzsche.
Nessuno pensa che bisogna fare guerre di religione invece che discutere questa opinione e prendere posizione (e infatti noi non facciamo guerre ma discutiamo e prendiamo posizione). E nessuno neanche sospetta che, massimo del “dolcetto o scherzetto” stile Hallowen, i due facciano le femmine per imbucarsi nelle toilettes delle ragazze.
Però, può essere degno di un essere umano e di una umana amicizia, tanto più se ricercati cristianamente, la rinuncia alla ragione e il pratico adagiarsi all’idea che una società è lo spazio giuridico delle ratificazione dei miei desideri, della mia volontà, del mio percepito psicologico?
Vorrei che ricordassimo con il padre fondatore di Cl che ragione è il fattore peculiare dell’Io umano ed è sottomissione all’esperienza in quanto protesa a cogliere la totalità dei fattori in gioco in una determinata situazione o relazione umana. Quale “ingaggio” umano, veramente e totalmente umano, può esserci in una posizione che per accogliere l’altro deve negare la ragione? Che per “incontrare” l’altro, farsi amico dell’altro, deve ritirarsi, censurarsi, negarsi? Sostenere qualcosa che alla ragione risulta sbagliata, sostenerla per guadagnare un’anima a noi pare come l’errore di Dostoevskj che, diceva, posto davanti all’alternativa tra la Verità e Gesù avrebbe scelto Gesù.
Tutto ciò non vi parrà astratto se coglierete l’elemento ideologico esattamente in questa rinuncia alla ragione. Infatti, solo per ideologia – un preconcetto elevato a sistema – un essere umano dotato di ragione può scientemente impedirsi di usarla. Questo significa che bisognava fare guerre di religione per impedire quel voto del senato accademico? Chiaro che no. Chiaro che la vita è la vita, mentre la teoria è grigia. Ma avete seguito la vita, che comprende il dovere – se me ne rendo conto – di dire le cose come stanno a un amico, o avete seguito la forma più sottile che del grigio c’è, e cioè il sentimentalismo in versione apologo, cioè ideologia?
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]”Bisogna ricominciare a pensare”, ci ha detto il cardinale Angelo Scola. E naturalmente “pensare” sull’esperienza, sulla vita, sull’esistenza reale. Perciò, tanto per farci un esempio di un pensare dignitoso, di esperienza e di uomo reale, ricordiamoci di un passaggio che accomuna la coscienza laica e religiosa più avvedute. Lo disse papa Ratzinger nel suo discorso preparato per gli studenti universitari alla Sapienza (benché poi gli fu impedito di pronunciarlo): «Jürgen Habermas esprime, a mio parere, un vasto consenso del pensiero attuale, quando dice che la legittimità di una carta costituzionale, quale presupposto della legalità, deriverebbe da due fonti: dalla partecipazione politica egualitaria di tutti i cittadini e dalla forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti. Riguardo a questa “forma ragionevole” egli annota che essa non può essere solo una lotta per maggioranze aritmetiche, ma che deve caratterizzarsi come un “processo di argomentazione sensibile alla verità” (wahrheitssensibles Argumentationsverfahren)».
Un processo di argomentazione sensibile alla verità – è chiaro – vale anche per le decisioni di un Senato accademico. Se si prescinde da questo, come facciamo poi a essere “presenti nella società”, “ingaggiati” con la realtà e veramente “aperti” all’incontro con altre persone, quando di fatto rimaniamo invece fermi su noi stessi e l’ingaggio con gli altri diventa non un rapporto, una relazione, un corpo a corpo vero, carnale, emozionale, sincero, ma un esaltato o un pallido riflesso sentimentale che abbiamo di noi stessi?
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24 commenti
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Caro Amicone, ho l’impressione che tu e l’avvocato Amato siate gli fra ultimi a tener viva la fede adulta (cioè capace di un giudizio storico) e brandita (paolinamente) di don Giussani. Vedo invece i ciellini sempre più confusi, quando non proprio ignoranti rispetto a tutto quello che è stato l’insegnamento più incisivo e controcorrente del Gius. Il Gius si è ridotto ad aforismi e immagini? Il problema non è deragliare (siamo uomini) ma ri-tornare sul binario giusto. Questo Giussani lo ha sempre fatto, riprendendo il movimento quando imboccava altre strade. Ora c’è don Julian e mi chiedo: cosa ha da dire in merito? Cioè mi sembra assurdo che debba essere il direttore di un giornale a scrivere questo articolo. CL ha paura di esporsi sul gender? E se sì, quali ne sono le ragioni? Il ritorno ad un dualismo fede (intimistica)-cultura (secolarizzata) mi sembra agli antipodi di Giussani.
A queste domande il direttore Luigi Amicone non risponde?
http://estroverso.tumblr.com/post/130554082798/i-doppi-libretti-sono-sempre-quelli-degli-altri
Spero che sto giornaletto con opinioni da dilettanti chiuda presto, Amicone sei proprio un poveraccio!
Caro Amicone, ti ringrazio per l’articolo intelligente, razionale, ragionevole e prudente.
Con grandissimo dolore mi accorgo che purtroppo i miei amici del movimento sono sempre più disorientati e incapaci di stare di fronte alle questioni che la società di oggi ci pone di fronte.
Occorre veramente ritornare a ragionare, occorre che gruppi di amici che non si arrendono al mainstream (anche del movimento) si aiutino a non perdere il gusto del Bello , del Vero e del Giusto e che ci si aiuti a giudicare ciò che accade.
Come dice Prosperi alla giornata di inizio anno:
E allora si capisce che l’apertura senza limite, che caratterizza il dialogo in senso cristiano, porta con sé una implicazione irrinunciabile: non può essere vero dialogo, se non in quanto io porto coscienza della mia identità. Questo è il metodo con cui entriamo nel paragone con tutto. Il dialogo vero implica la mia maturità nella coscienza di me stesso. Ne Il rischio educativo don Giussani dice che senza questa maturazione nella coscienza di me, «io resto bloccato dall’influsso dell’altro, oppure l’altro che respingo provoca un irrigidimento irrazionale nella mia posizione. Quindi, è vero che il dialogo implica un’apertura verso l’altro, (…) ma (…) implica anche una maturità di me, una coscienza critica di quello che sono» (Il rischio educativo, Rizzoli, Milano 2005, pp. 121-122).
Che significa: per dialogare con chi propone la teoria gender, io devo avere chiaro quale sia la mia identità, di Cattolico educato nella pedagogia del movimento di CL. (cioè con ciò che ci ha insegnato don Giussani)
Che faccia carriera politica magari glielo auguro. ma che qualcuno faccia passare per uso corretto della ragione quanto ha fatto e lo metta sul piedistallo della accoglienza della diversità, beh, poveretto lui e chi glielo sta facendo credere!
“Nella mia guerra contro la falsità, contro l’ingiustizia , contro la povertà, ho imparato soltanto ad ingannar me stesso, ho imparato soltanto la viltà!”
Infatti Carla quel che non capisco di questa vicenda come delle dichiarazioni n sbilanciamento di don Carron ai giirnali e’ un certo Cristo su certe questioni si era defilato dicendo che Lui non era venuto per sistemare le questioni umane o
a risolvere le diatribe umane come le questioni giudiziarie….la santa indifferenza in mrrito a certe questioni dovrebbe essere la regola del cristiano soprattutto de non puo’farci niente….
“Quale “ingaggio” umano, veramente e totalmente umano, può esserci in una posizione che per accogliere l’altro deve negare la ragione? ”
e io mi chiedo quale “ingaggio” umano, veramente e totalmente umano, può esserci in una posizione che per sostenere una propria idea di ciò che è conforme a ragione deve prescindere dalla persona umana, in carne e ossa, che si ha davanti? io, a differenza di amicone, dico grazie a giulio, che si è lasciato muovere nelle sue decisioni dalla vita reale della persona con cui è entrato in rapporto.
amicone, invece, mi sembra come il fariseo che avrebbe lasciato morire di fame i discepoli di gesù rimproverandogli di aver colto le spighe durante il sabato. ma il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato.
Non sono ciellino e capisco che il mio intervento sembri (involontariamente) un po’ una gamba tesa.
Ma quando scrivi: “giulio, che si è lasciato muovere nelle sue decisioni dalla vita reale della persona con cui è entrato in rapporto” mi sembra una di quelle frasi a effetto che tanto piacevano a un certo cardinale. Frasi belle a sentirsi, che si srotolavano elegantemente nell’aria ma che alla fine lasciavano la bocca asciutta per inevitabile mancanza di sostanza.
Se vogliamo che le nostre decisioni ci sostengano nel cammino verso la verità (e soprattutto La Verità), non possono che nascere da una ragionevolezza, non da un sentimentalismo.
E tale ragionevolezza non possono in alcun modo offuscarla o negarla.
Verità in greco si traduce alètheia, che deriva da a- (privativo) e letheia (dimenticanza). La verità è pertanto ciò che per affermarsi non ha bisogno di dimenticare. Né la propria identità né il Vero a cui aspira. Anzi crede che questo Vero sia una possibilità di crescita umana aperta a tutti, senza bisogno di camuffarsi da solidarismo del momento.
Scusate l’intromissione.
Grazie bellissimo sei piu’ciellino tu secondo lo stile inteso da don Giussani che certi quaraquaqua
attuali che parlano a vanvera ideologicamente di aperture…
Apertura a Cristo ! direbbe don Giussani non aperture in salsa di tipo sociale che non arrivano mai al fondo della questione.
sebastiano, io so solo che grazie al voto di giulio delle persone che erano esposte a un’inutile sofferenza ora non lo saranno più. è cosa piccola, ma vale più di tante parolone (le tue sì, perdona, mi sembrano senza sostanza e senza cuore). e soprattutto è una cosa piccola che nasce dentro dei rapporti umani che probabilmente cresceranno.
sebastiano, io so solo che grazie al voto di giulio delle persone che erano esposte a un’inutile sofferenza ora non lo saranno più. è cosa piccola, ma vale più di tante parolone (le tue sì, perdona, mi sembrano senza sostanza e senza cuore). e soprattutto è una cosa piccola che nasce dentro dei rapporti umani che probabilmente cresceranno.
@Paolab
Scusami, ma quello che dici sulla sofferenza di quelle persone è inaccettabile, perché puramente sentimentale: ammesso e certamente non concesso che un “doppio libretto ” metta fine alle sofferenze di un transessuale, quello che un vero amico fa è di trovare il coraggio di accompagnarle questa persona verso Colui che salva la sua sofferenza. Altro che libretti e farisei!
“l’errore di Dostoevskj che, diceva, posto davanti all’alternativa tra la Verità e Gesù avrebbe scelto Gesù.”
Mi pare una prospettiva irreale e fuorviante: l’unico fatto è che Gesù è la Verità, la scelta prospettata dunque tra gesù e verità è un difetto del pensiero, una mera astrazione, una fallace contraddizione un fatto privo della categoria della possibilità perciò in-pensabile. Noi infatti conosciamo la Verità attraverso Gesù che la incarna. Non è la verità che ci ha presentato Gesù ma il contrario.
I frutti della nuova religione del dialogo senza se e senza ma. Purtroppo mi sembra in linea con quanto detto da Carron nella Giornata di inizio d’anno.
Grazie Luigi, ma quanta sofferenza per la deriva del movimento! Si legga anche l’intervento di Vites sul Sussidiario. Temo che la ragione la stia abbandonando Carron in persona. Abbia il coraggio di dire apertamente che il “nuovo inizio” di CL coincide con la “scelta religiosa” ed è in evidente opposizione con tutta la vita, la testimonianza e l’insegnamento di don Giussani: se il suo pensiero fosse stato quello dell’attuale Carron (e curia annessa) non avrebbe sentito la necessità di iniziare l’esperienza del
movimento, bastava l’ Azione Cattolica
Vorrei dire a Carla che l’esempio del clown di Kafka nel libro Introduzione al Cristianesimo di J.Raztinger scritto nel 1969 ( 45 anni fa !!!!) ,in ben altri contesti, Ratzinger lo aveva citato come critica ai teologi e liturgisti filo protestanti post-conciliari e quindi il senso della citazione non era quello che mi pare abbia voluto dare don J.Carron.
Ratzinger sosteneva , contro questi teologi,che non bastava che il clown (il cattolico) si fosse dato una ripulita alla faccia e avesse cambiato costume ciie’la teologia e la liturgia , per essere crefibile : la gente avrebbe cpmunque detto “e’il solito cliwn che ha cambiato faccia e costume” e quindi, concludeva Ratzinger nel libro, non e’cosi’automatico e scontsto che serva cambiare teologia e liturgia se npn ci si rinnova interiormente.
Infatti diventato Papa reintroduce l’Antica Messa in latino e vi basti questo per far capire qual era il vero senso
della sua citazione kafkiana di 37 anni prima.
Carron probabilmente ha fornito l’intepretazione protestante o post conciliare, che e’la stessa cosa, della citazione kafkiana di Ratzinger.
Don Giussani non ha avuto bisogno di cambiare faccia e costume, ciie’teoligia e liturgia, per far nascere un movimento nel 1954 ( con la Messa di S.Pio V) cioe’di cambiare teologia e liturgia ,ma ha dimistrato che era pisdibile e vivibile e accettabile la vita cristiana anche nei nostri tempi senza cambiare i fondamenti , cioe’ ,
senza offesa ,”rimanendo un clown”.
Infatti non l’ho mai sentito fare grandi citazioni o riferimenti al Concilio come se senza il Concilio lui non avedse fatto le stesse cose…
Senza volerlo ha dimostrato che il Concilio era stato per lui se non inutile ,almeno superfluo, ma non l’ha fatto appista…per questo CL di don Giussani e’stata cosi’avversata dai teologi e prelati piu’o meno alti post conciliari : egli aveva dimostrato involontariamente la loro inutilita’ rendendo viva e possibile la vita di un vasto movimento con i cardini teologici pre conciliari. Parole cardine usateda lui nella sua pedagogia erano : riconiscere, guardare,permanere,obbedire, seguire, far memoria ..tutti termini tratti dalla antica Messa in latino e scomparsi dalla Liturgia attuale.
Sono sempre piu’convinto che il vero antagonista delle distorsioni post conciliari sia stato don Giussani e non mo s Lefebvre.
Infatti, Don Giussani …
Ma quale Kafka? Kierkegaard.
Giusto, Kirkegaard !!!
Speriamo che don Carron ogni tanto legga quel che dice il suo vescovo di Madrid Rouco Varela.
Grazie Amicone ma occorre tornare sul caso, trattandosi di libretto per persone con diagnosi di disforia di genere o processo anagrafico di cambio di identità sessuale in corso, si tratta di incontro con sofferenze reali anche se parziali.
e perchè non mettergli “semplicemente” una bella stella sulla giaccha!. vi ricorda qualcosa?
Grazie Luigi per questa lettera. Meglio essereil clown del circo che brucia !