Letta è concreto ma il suo governo manca di visione. La impari dalla Lombardia di Maroni

Di Lodovico Festa
26 Maggio 2013
Dallo sblocco dei piani infrastrutturali alla rapida soluzione ideata da Mantovani per la crisi del San Raffaele, i successi di Maroni provano che le prospettive contano

Il giorno stesso della sua nomina a presidente regionale Roberto Maroni ha incontrato gli imprenditori interessati alla costruzione della Pedemontana e della Brebemi iniziando a sbloccare gli intoppi che rischiavano di mandare in fumo alcuni tra i piani infrastrutturali più utili per la Lombardia: con buona pace del povero Umberto Ambrosoli, candidato della sinistra, ipercritico perché interessato solo al centro di Milano e disinformato sulle esigenze del più ampio territorio. Subito dopo il neo-presidente ha iniziato a definire interventi regionali a sostegno della cassa integrazione, aiutando così tra l’altro anche l’esecutivo nazionale a superare i condizionamenti del tipo di quelli di Pietro Ichino (degna staffetta di quel mezzo disastro che è stata l’Elsa Fornero), che per raggiungere risultati “ideali” (secondo il giuslavorista oggi montiano attuati in Danimarca) manderebbero a quel paese le risposte imperfette ma reali che la società italiana si è concretamente data.

Qualche giorno ancora e il nuovo capo della giunta lombarda ha fatto le mosse necessarie per far decollare una manifestazione decisiva per lo sviluppo locale e nazionale: l’Expo 2015. Il suo vice Mario Mantovani, intanto, si è trovato di fronte una complicata crisi, innanzitutto per gli aspetti occupazionali, del San Raffaele, condita da scontri tra dipendenti e polizia, e molto rapidamente ha trovato una soluzione non facile ma intelligente: un accordo per mantenere l’attuale livello occupazionale in cambio di alcune riduzioni di stipendio per tutti i dipendenti.

In parte anche il governo Letta è nato sotto il segno del fare e tra Imu ed esodati sta definendo provvedimenti rapidi che rendano meno aspre le condizioni sociali degli italiani. Ma sinora, se si confronta il quadro nazionale con quello determinatosi in Lombardia, i risultati migliori sono quelli realizzati in questo secondo. Per quel che riguarda l’attività della giunta Maroni si deve riflettere certamente anche sul come “il buon inizio” testimoni che la situazione lasciata in eredità dalla giunta precedente fosse ben lontana dall’essere disastrosa: tanta tempestiva capacità di iniziativa non sarebbe stata possibile se si fosse dovuto rimediare a troppi guasti del passato. Però la grande capacità di operare fa intendere pure come la nuova squadra, che da qualche settimana ha preso in mano il destino dei lombardi, sia perfettamente all’altezza della situazione.

Tenendo ferme queste considerazioni, va valutato, inoltre, come anche in questi casi conti la capacità di avere una visione generale, elemento strategico essenziale per affrontare anche le questioni particolari. La base più solida dell’attività politica è sempre il consenso e il consenso si costruisce solo se oltre alle soluzioni minute o specifiche si è in grado di indicare anche prospettive dall’ampio respiro: sono queste ultime quelle che giustificano e motivano i sacrifici, che consentono accordi virtuosi tra interessi, che permettono investimenti di lungo periodo.

Lo scenario ambizioso che manca
La giunta del bravo amministratore Maroni è forte pure perché il saggio politico Maroni – con riflessione sulle macroregioni, sforzo di rendere federalista il fisco e anche spunti disseminati qui e lì su un futuro partito del Nord (un orizzonte unificante per tutte le forze e le culture liberalpopolarconservatrici) – presenta ai suoi elettori e più in generale alla società lombarda uno scenario ambizioso e ben articolato. È quello che, per esempio, manca a un sindaco sempre più evanescente come Giuliano Pisapia che vivacchia tra un appuntamento e l’altro, con qualche buona scelta di suoi assessori personalmente capaci, ma senza che la sua giunta e la sua leadership trasmettano un’idea delle mete che la sua amministrazione vuol far raggiungere a Milano.

È questo un tipo di problema che deve porsi e in grande fretta il nuovo presidente del Consiglio: è stato senza dubbio necessario affrontare l’emergenza rimediando tra le altre cose alle più astratte delle arroganze di Mario Monti, è stato bene spiegare a Berlino e Parigi che in Italia è tornato un governo politico che sarà più attento agli interessi nazionali, è stato opportuno dare il senso – chiedendo molta prudenza ai suoi ministri – di una pacificazione in corso che forse potrà determinare un nuovo clima segnato da una dialettica meno da guerra civile virtuale: anche se, oltre alle varie irruenze della magistratura combattente, i tentativi di impedire di manifestare a una delle principali forze politiche nazionali potrebbero portare a future terribili burrasche. Però lo sforzo della concretezza non raggiungerà solidi risultati se non sarà accompagnato da un’idea più precisa dello Stato che si vuole costruire. La crisi dell’Italia è segnata dalla crisi dello Stato, non si esce dalla prima se non si risolve la seconda. Bene una concretezza analoga a quella di Maroni, ma Enrico dovrebbe imparare da Roberto anche a darsi mete alte (e precise), senza le quali non andrà molto avanti.

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3 commenti

  1. renato

    Letta.. c’era da saperlo che anche lui, come tutti, avrebbe regalato ben due miliardi (!!!) al Sud, per tappare i buchi della Sanità di tante regioni (Lazio, abruzzo, campania e Sicilia). Regioni che scaricano (e lo fanno in tempi di crisi micidiale, senza alcun ritegno) sul Nord che boccheggia. Insomma essere di estrazione meridionale è una iattura che si riversa su chi ha voglia di lavorare onestamente e con fatica e che non ha le leggi fatte appositamente per ‘aiutare’ una parte d’Italia che di lavorare non ha voglia perché trova tutto già pronto in cassa e gratis.

    1. oikos

      la solita retorica antimeridionalista

      1. Renato

        No, è la verità.. invece la tua è la solita difesa a oltranza del Meridione che non vuole colpe né essere messo in discussione. Che nulla fa per crescere da solo, ma mangia e cresce di cose non sue

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