Precedute da scandali finanziari transoceanici e da una sanguinosa campagna terroristica che ha causato decine di vittime fra i moscoviti e ha fatto tremare dalle fondamenta le istituzioni, si avvicinano a grandi passi le elezioni generali di dicembre alla Duma russa, prologo alle epocali elezioni presidenziali che si terranno nel Duemila, allorché Eltsin dovrà necessariamente passare il testimone, Costituzione oblige. Se non ci saranno rinvii dovuti alla situazione di emergenza, ai primi di dicembre 157 milioni di russi eleggeranno i loro rappresentanti al Parlamento nazionale e allo stesso tempo misureranno le forze dei contendenti alla successione del Presidente. Per rendere comprensibile un quadro politico piuttosto confuso, il settimanale The Economist ha recentemente offerto ai lettori uno schema complessivo delle forze in campo dove, con un tocco di humour britannico, vengono quantificati anche gli “scheletri nell’armadio” (dopo l’89), il possesso di “materiale compromettente su altri”, la quantità di denaro a disposizione e ulteriori amenità di questo genere, che bene rendono l’idea dell’atmosfera in cui si svolge la politica russa. Quel che è certo, i due gruppi più robusti nel serraglio sono senza dubbio i comunisti, il cui leader Zyuganov è attualmente accreditato del 17 per cento dei voti, e Madre-patria, il partito di Evgenij Primakov e del sindaco di Mosca Luzhkov che vantano rispettivamente il 20 e il 9 per cento nei sondaggi. Ma nessuno dei due appare destinato a svolgere un ruolo egemonico: gli assetti politici e i futuri equilibri della Russia dipenderanno dalle combinazioni e dalle alchimie dei partiti e dei leader qui succintamente e brillantemente ritratti.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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