Le granate del soldato Fletcher stanno salvando il Sunderland
Quanto servissero al Sunderland quei tre punti lo sa solo il cielo. Vincere in trasferta quest’anno pareva un’impresa titanica per i Black Cats, ormeggiati appena sopra la zona retrocessione dopo un inizio di campionato in cui i sintomi della pareggite si sono spesso alternati a mediocri gare esterne. Domenica invece al Craven Cottage la giusta espulsione di Hangeland ha dato una mano enorme agli uomini di Martin O’Neill, bravi a propiziare con tre reti nel secondo tempo il vantaggio numerico ottenuto nella prima metà di gioco. E nel bel tris al Fulham ha brillato un’altra volta Steven Fletcher, al sesto gol in campionato.
SOGNO LIVERPOOL. La storia di questo ragazzotto scozzese di 25 anni è un’altra di quelle vicende che solo la Premier sa offrire, dove gli eventi sportivi s’intersecano in maniera sempre originale a quelli umani. Stempiatura sempre più padrona e orecchie a sventola, Steven è diventato calciatore inseguendo sì il suo sogno da grande tifoso del Liverpool (più di una volta ha ammesso che non gli dispiacerebbe affatto giocare un giorno ad Anfield Road) ma anche rinunciando ad una carriera tanto cara alla sua famiglia: quella da militare.
UN PADRE SOLDATO NEL GOLFO. L’infanzia di Steven è un continuo viaggiare e trasferirsi, tra Gran Bretagna e Germania, per seguire il padre, il Sergente Kenny Fletcher, in varie basi dell’esercito di Sua Maestà: «Ci spostavamo ogni due anni, a volte anche dopo solo sei mesi», raccontava tempo fa. Spesso da bambino vede il padre partire: a inizio anni Novanta eccolo in missione nella guerra del Golfo, poi viene impegnato in varie azioni di pace. A quella vita sembra destinato anche Steven, che in divisa ha pure uno zio e un cugino. Poi però il Sergente Fletcher muore di cancro quando il figlio ha 10 anni, la madre decide di tornare a vivere insieme ai parenti in Scozia e il ragazzino assapora un po’ di vita “normale”, trovando una casa dove rimanere fisso per qualche tempo in più, a Hamilton.
L’INCONTRO CON JOHN PARK. Ed è qui che la sua vita inizia ad incamminarsi verso la carriera calcistica, fino ad adesso inseguita a distanza senza troppe speranze. John Park, all’epoca tecnico delle giovanili degli scozzesi dell’Hibernian, si accorge di lui quando ha 13 anni, e fa di tutto per averlo nel suo gruppo. «Era mio zio che di solito mi portava agli allenamenti degli Hibs. John Park veniva anche lui da Hamilton, mi vide giocare con la squadra dei ragazzini e mi chiese di andare con lui per un provino. È come se fosse stato il mio coach durante tutti gli anni di gavetta». E da lì alla prima squadra il passo è lento, paziente ma diretto, e passa da tante gare con l’accademy, qualche convocazione nelle rappresentative scozzesi e il ricordo sempre vivo del padre: «Era un grande appassionato di calcio e mi tormentava con questa passione. Quando avevo 15 anni, andavo ancora a scuola, c’era ancora sia i progetti per diventare calciatore sia – se non fossi riuscito nel football – per arruolarsi nell’esercito. Andai via per una settimana, a fare un campo di lavoro. Facevamo attività del tutto diverse, e diverso era il modo di fare gruppo. Se non ce l’avessi fatta nel calcio quella sarebbe rimasta una strada cui ricorrere, non essendo mai andato troppo bene io a scuola».
14 MILIONI PER LUI DAL SUNDERLAND. Dopo gli esordi in biancoverde Steven Fletcher ha fatto strada, passando nel campionato inglese al Burnley e poi ai Wolves. Il Sunderland ha messo gli occhi su di lui quest’estate, sborsando la bellezza di 14 milioni di sterline per portarlo in riva al Wear. Per ora quei soldi sono valsi bene, visti i 6 gol fatti da Steven in queste prime uscite stagionali. Sarà ancora in grado di confermarsi su questi livelli? Il futuro dei Black Cats è un’incognita, e non c’è stata partita fin qui che non si sia rivelata una dura battaglia contro gli avversari. Ma per Fletcher non è un problema: a combattere è abituato.
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