Tra i più recenti prodotti editoriali in materia di riforma del Welfare e del sistema previdenziale spicca un volumetto dal titolo ammiccante: “Meno ai padri, più ai figli”. L’autore del libello è Nicola Rossi, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma e consigliere economico di Massimo D’Alema. Sfogliando le pagine, colpiscono alcune affermazioni forti del tipo: “è urgente una riforma del Welfare tradizionale. Ma non solo: anche una forte redistribuzione delle opportunità e del reddito a favore delle nuove generazioni, un ricambio generazionale profondo, un ampliamento della base proprietaria delle piccole e medie imprese”; “si deve passare a uno stato sociale basato sui servizi, caratterizzato dal decentramento, non una rete burocratica in cui rimanere impigliati, ma una istituzione intelligente capace di seguire e non solo di assistere”; “in Italia l’indice di vecchiaia potrebbe oltrepassare il 130% nel 2010. Di fronte a queste tendenze è essenziale ridefinire fin d’ora strumenti e obiettivi della politica sociale per evitare che si possano distogliere risorse dall’istruzione e dalla formazione per finanziare altri capitoli di spesa”; “i gruppi più conservatori e garantiti si servono del sistema esistente per conservare e migliorare le proprie posizioni ai danni dell’intera collettività”; “nell’Italia del 1997 il mercato del lavoro eleva a sistema la protezione di chi il posto di lavoro l’ha già raggiunto” e ancora: “risalta [nella riforma Dini] la lenta fase di transizione con la quale si sono addebitati alle generazioni più giovani i costi del cambio di regime”. L’ispiratore del pensiero riformista del presidente del Consiglio definisce il modello presentato nelle pagine dell’agile volumetto – a uso e consumo della sinistra illuminata – l’utopia praticabile. Peccato che le utopie siano sì praticabili, ma solo nel pensiero. Come dimostra la storia e confermano due anni di oppressione fiscale, ricatti sindacali, assistenzialismo e riforme mancate (ultime: sanità e scuola).
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi