Le banche hanno già scartato due regali: uno di Draghi, l’altro di Monti
Sotto l’albero di Natale delle banche ci sono due pacchetti confezionati a dovere, entrambi scartati con un po’ di anticipo rispetto al 25 dicembre, ma per questo non di minor valore. I due regali al sistema del credito sono: l’immissione di liquidità portata a compimento dalla Bce il 21 dicembre con un’asta ad hoc e la possibilità per gli strumenti obbligazionari di emissione bancaria di usufruire di garanzie statali.
Entrambe le azioni nascono dalla mancanza di liquidità nel mercato e, di conseguenza, dall’impossibilità per le banche di svolgere l’attività che maggiormente le caratterizza: il prestito di capitali. L’approvazione delle nuove regole dell’Autorità bancaria europea (Eba) ha significato per le aziende di credito italiane un obbligo di ricapitalizzazione per oltre 15 miliardi di euro. Le capitalizzazioni hanno un duplice effetto: da una parte rafforzano la solidità patrimoniale, dall’altra fanno in modo che le risorse destinate al rafforzamento non vengano utilizzate per gli impieghi: in sostanza nel sistema viene assorbita liquidità.
La decisione portata a compimento dall’Eba non è stata apprezzata dalle banche italiane. In modo particolare in questo momento, in cui anche il mercato interbancario, dove le banche si scambiano a vicenda i capitali per le loro necessità, si trova in difficoltà. In questo clima l’asta realizzata dalla Bce ha permesso ai nostri istituti di portare a casa 114 miliardi di euro al costo dell’1 per cento: un prezzo decisamente più basso di qualsiasi altra possibilità d’approvvigionamento presente nel mercato. Occorre aggiungere che per l’Italia l’asta della Bce si è chiusa positivamente grazie alle garanzie prontamente rilasciate dalla Banca d’Italia. Il bollettino di dicembre della Bce dettava: «Alle banche centrali nazionali sarà consentito accettare come garanzie, in via temporanea, ulteriori crediti (segnatamente prestiti bancari) che non siano in sofferenza e che soddisfino precisi criteri di idoneità. La responsabilità inerente all’accettazione di tali crediti è in capo alla banca centrale nazionale che ne autorizza l’uso». Cosa è successo in sintesi? Le banche italiane hanno utilizzato nei confronti della Bce garanzie rilasciate dalla Banca d’Italia, che avevano come sottostante crediti presenti nelle banche stesse. Ma la novità vera è che sono stati accettati anche i crediti con basso rating.
L’altro regalo sotto l’albero riguarda la possibilità introdotta nell’articolo 8 della manovra Salva Italia: «Il ministro dell’Economia e delle Finanze è autorizzato a concedere le garanzie dello Stato sulle passività delle banche italiane con scadenza da tre mesi fino a cinque anni». Grazie a questo provvedimento, le banche nel territorio italiano potranno emettere sul mercato obbligazioni garantite dallo Stato. Così facendo gli investitori avranno in mano degli strumenti cartolari su cui è prestata una garanzia sicura a copertura del capitale e degli interessi. Cosa significa in concreto? Se la banca fallisce i soldi investiti vengono rimborsati dallo Stato. Il livello di affidabilità del titolo garantito è di conseguenza uguale ad un buono del tesoro.
Il costo per godere della concessione della garanzia di Stato è ponderato ai valori di mercato dei Credit Default Swap (Cds), derivato creditizio utilizzato con la funzione di polizza assicurativa per il sottoscrittore di un’obbligazione. I due provvedimenti appena menzionati descrivono un’attività corretta nella sua applicazione. Ossigenare il sistema bancario è un incentivo al sistema del credito che sta attraversando un momento di forte sofferenza, infatti i dati sulla redditività delle aziende di credito raccolti dall’Abi mostrano un ulteriore calo. Tre grandi conoscitori dei meccanismi della finanza come Draghi, Monti e Passera non stanno facendo gli interessi dei pochi, ma nel tentativo di salvare il sistema creditizio, faranno gli interessi di tanti.
Twitter: @giardser
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