
Last week, next week 43
Salvatore Cardinale
La raffinatezza dei politici siciliani è proverbiale: doppia se si è allievi di una delle menti più fini della Dc degli anni ’80, cioè di Lillo-Calogero Mannino. Salvatore-Totò Cardinale, volpe di Mussomeli, è uno che le preferenze, quando erano ancora preferenze, se le prendeva a vagoni, come nell’87: 71.344 nella circoscrizione Palermo-Trapani-Agrigento. Arrivato nel Polo con i Dc sdegnati per un’attività giudiziaria unilaterale che colpiva quasi esclusivamente Dc e Psi, non si è fatto notare subito. Il clima giudiziario sconsigliava i manniniani dall’esporsi. Ha assunto un ruolo nel ’98, quando Clemente Mastella se n’è andato dal Polo per varare il governo D’Alema. Di quell’occasione un’eminenza grigia berlusconiana dice: “Ci siamo fatti prendere in giro per qualche settimana da Cardinale che usava la nostra disponibilità per alzare la posta con D’Alema”. Totò è diventato ministro delle Comunicazioni. Intanto spartiva la Sicilia con un altro Totò, anche lui manniniano, uscito dal Polo e diventato “mastelliano”: Salvatore Cuffaro. Quest’ultimo ora gli ha rubato le truppe e se l’è riportate nel centrodestra. Amici dantoniani l’hanno “tentato”. Ma lui resta nell’Ulivo. Uscire, proprio adesso, che c’è l’asta sui telefonini Umts, e ci si può fare tanti e importanti amici? Non sarebbe da Totò”.
Cesare Salvi
“Ma che cosa c’è successo? Lamberto Dini è spernacchiato in giro per tutto il mondo: il ministro degli Esteri spagnolo l’ha persino preso in giro durante la trattativa Wto-banane, alludendo a sua moglie. Willer Bordon se ne sta in Cina mentre c’è l’alluvione. E poi, lui, Cesare, che cosa va a combinare con Duisenberg, si fa sgridare da Visco ed è costretto a farfugliare delle scuse”. Così parla sconsolata una delle leader della sinistra Ds con un amico giornalista, e il Cesare a cui allude è Cesare Salvi, ministro del Lavoro: l’ultima speranza della sinistra della sinistra. Ha scritto anche un libro su “La sinistra della rosa” dove ha dettato il suo credo jospiniano, s’è messo a gettare ponti verso Fausto Bertinotti, verso Sergio Cofferati. Per un attimo, qualcuno l’ha preso per un leader nazionale, sia pure con la malignità che circola tra compagni di partito: “Se ce l’ha fatta anche Veltroni…”. Poi è riemersa l’indole tradizionale di Salvi, leccese, professore di Diritto, prima ingraiano, poi occhettiano, infine dalemiano “critico”, il ministro del Lavoro è un uomo di (pre)governo e di (sa)lotto, magnifico nella manovra parlamentare, inadeguato come leader (e anche per le scelte concrete).
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