
Last week, next week 40
Pierluigi Celli
Figlio di una tradizione manageriale robusta come quella della Grande Olivetti, per distinguerla dalla Piccola cresciuta da Carlo De Benedetti, Pierluigi Celli è un direttore generale della Rai di spessore. Cattolico di sinistra, ha acquisito alla scuola d’Ivrea la determinazione necessaria per guidare un’azienda. La figuraccia combinata sul caso Lerner (le dimissioni finte, poi respinte) non nascono quindi tanto da difetti del carattere di Celli, che invece s’era dimostrato in tutta la sua determinazione proprio nella scelta di Gad Lerner come direttore del Tg1. Il fatto è che anche persone di valore non hanno più un quadro politico adeguato per compiere scelte razionali. Il centrosinistra è senza più guida: il Presidente del Consiglio che voleva “sparare a Lerner” non decide più niente. Il leader del maggior partito della coalizione si chiama Walter Veltroni: e con ciò abbiamo detto tutto. La razionale prospettiva di privatizzazione della Rai è stata bloccata, Celli e Lerner sono lasciati soli a predere le loro scelte. Sbagliano (Lerner se ne doveva andare). Ma è comprensibile che sbagliano.
Franco Tatò
Tra quelli che sono; stati definiti “i nuovi Mattei” del centrosinistra, gli uomini cioè chiamati da Romano Prodi e Massimo D’Alema a guidare grandi imprese ancora controllate dallo Stato, Franco Tatò senza dubbio è una spanna sopra a tutti. Anche lui olivettiano, definito “il tedesco” per la sua formazione culturale e i suoi modi spicci, è senza dubbio un manager con piglio e anche con visioni. Lui ce la fa a fare quel che non è riuscito del tutto a Celli: imporre il suo indirizzo e le sue decisioni ai politici. Usa il fatto che l’Enel sia quotata in Borsa per sentirsi libero, allargare il suo impero, costruirsi alleanze nazionali e internazionali. Ha probabilmente già un’idea del padrone finale della sua impresa: quel Marco Tronchetti Provera che sta accumulando risorse cedendo alcuni asset tecnologici del suo gruppo. Geniale, determinato, Tatò se sul serio riuscirà a diventare un “protagonista privato” dell’economia, vincendo la sua invincibile indole incazzosa, sarà un acquisto per una scena economica in cui “i grandi manager” sono pochi. Per ora il suo potere e la sua stessa forza sono impaccio a vere liberalizzazioni sia nel campo dell’energia sia in quello delle telecomunicazioni. Per non parlare dei miseri investimenti dell’Enel che creeranno problemi al paese.
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