
Last week, next week 38
Ritratto di Francesco Rutelli
Vi ricordate dei dorotei? Erano quei Dc costantemente torchiati dalla stampa perché accusati di non scegliere tra l’ala moderata e quella di sinistra del partito, e di occuparsi solo di “potere”. Al di là di come si giudichino i Rumor, i Gava, i Colombo e gli altri esponenti della “grande corrente” del vecchio scudocrociato, come cercatori del “potere puro” costoro fanno un baffo a Francesco Rutelli. Il sindaco di Roma, radicale e clericale, verde e cementificatore, aperto alle principesse “nere” e ai rifondatori “rossi”, a destra a Bruxelles e a sinistra in Italia, libertario e manettaro, quanto a fiuto per il potere dà la birra a chiunque. Per questo motivo il sindaco della Capitale come avversario politico non va preso sottogamba. Per candidarsi a sostituire Giuliano Amato, Rutelli vanta la sua carriera di amministratore. Roma, in realtà, è stata nel cuore di tutti i governi dal ’93 in poi (compreso quello Berlusconi) e Rutelli si è limitato (il che, peraltro, non è poco) a gestire questo generale interessamento: in questo senso la sua esperienza pare a qualcuno insufficiente per governare un’Italia che ha ancora bisogno di scelte “chiare”.
Ritratto di Willer Bordon
Il ministro Wiler Bordon iniziò la sua carriera politica alla grande, era il giovane preferito di quel Vittorio Vidali, Carlos per il Comintern, vecchio rivoluzionario che percorse tutta la parte centrale del secolo facendo la guerra ai franchisti, tentando di assassinare Lev Trotsky, alleandosi e poi guerreggiando con Tito. Come alcuni dei protagonisti della Grande guerra civile europea Vidali era un tipaccio tanto pericoloso quanto affascinante. Segretario della Fgci Bordon divenne anche lui, grazie a Carlos, un po’ un “mato” triestino. Anche come sindaco di Muggua, città operaia vicina a Trieste, Bordon fu capace di importanti iniziative culturali. Poi, andò a Roma, e come capita a quei provinciali che si lasciano alle spalle le proprie origini, da “mato” si trasformò in un banale conformista dell’anticonformismo: doppia tessera radicale e Pci, referendario. E via peggiorando, fino all’incontro con i manettari dipietristi. Abbandonati rapidamente quando apparve all’orizzonte un seggio da ministro. Ora Bordon gareggia in banalità con il suo collega di partito e di esecutivo, Enzo Bianco. Un peccato per chi, come noi, ama i “mati” triestini.
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