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Caro Langone, la colpa del crollo demografico è più di voi uomini che di noi donne

I dati indicano che le donne desiderano sposarsi e fare figli anche da giovani. Università o meno. Sono i maschi che rimandano, preferendo la "singletudine"

Giovanna Jacob
04/02/2016 - 2:00
Società
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sex-and-the-city

Caro direttore, durante l’udienza di mercoledì 29 aprile, riferendosi alla diminuzione dei matrimoni e alla crisi della famiglia, papa Francesco ha detto: «Molti ritengono che il cambiamento avvenuto in questi ultimi decenni sia stato messo in moto dall’emancipazione della donna. Ma nemmeno questo argomento è valido. È una ingiuria. È una forma di maschilismo: l’uomo che sempre vuol dominare. E maschilismo è anche la brutta figura di Adamo quando Dio gli chiese perché aveva mangiato la mela e lui rispose che gliela aveva data Eva: la colpa è sempre della donna, povera donna! Dobbiamo difendere le donne».

A quanto pare molti uomini cattolici, spero non tutti, continuano a spostare sulle spalle delle donne il peso delle loro colpe, prima fra tutte le colpe carnali: “È lei che mi ha provocato”. Da qualche tempo, addossano alle donne anche la responsabilità di quella che è una vera tragedia di proporzioni bibliche: il crollo demografico e il conseguente declino della civiltà occidentale.

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Ad esempio, venerdì scorso sul Foglio Camillo Langone ha invitato i padri a non mandare le figlie in università: «L’istruzione universitaria di massa, che sposta troppo in avanti la scelta di riprodursi, si configura come un pericolo per la sopravvivenza della società (…) siccome la fertilità maschile si conserva più a lungo il problema è innanzitutto femminile».

Ora, tralascio di discutere della necessità, invocata da Giovanni Paolo II, di permettere alle donne di sviluppare con lo studio e di donare al mondo “i tesori del genio femminile” perché sarebbe come aprire un vaso di Pandora e scatenare una tempesta di polemiche. D’altra parte, Langone sa bene che può tranquillamente affermare che bisogna “togliere i libri alle donne ” (come scrisse alcuni anni fa) e impedire loro di andare in università perché ci sarà sempre un consistente numero di cattolici che gli danno ragione e guardano a lui come a un martire della verità: “Bravo, tu si che hai il coraggio di dire la verità sfidando il pensiero dominante femminista e politicamente corretto”.

Il problema è che Langone, prima che il pensiero di qualche femminista degli anni Settanta, sfida il pensiero di Giovanni Paolo II ma, ripeto, è meglio sorvolare, perché tanto nessuno toglierà mai a certi cattolici il vizio di puntare l’indice sulle donne che “Tu ci hai dato” (notare che, accusando Eva, Adamo indirettamente rimprovera anche Dio che l’ha data a lui) e l’illusione di essere superiori a loro innanzitutto sul piano intellettuale (illusione anzi presunzione cui allude lo stesso Giovanni Paolo II commentando il terribile inciso biblico «egli ti dominerà»).

Ma vorrei dire due parole sul problema del crollo demografico. Secondo la vulgata langoniana-adamitica, oggi le culle sono vuote perché le donne vogliono studiare e fare carriera. In realtà, non c’è una relazione deterministica diretta fra maggiore livello di istruzione e maggiore occupazione femminile e minore fecondità. Basti pensare che in Italia la percentuale delle donne laureate e la percentuale delle donne occupate sono le più basse d’Europa e la fecondità… è la più bassa d’Europa anzi del mondo.

Per il resto, mi è capitato fra le mani un libro molto interessante: Perché l’amore fa soffrire della sociologa israeliana Eva Illouz (Il Mulino 2013). Attraverso una vasta documentazione storica, la sociologa esamina l’evoluzione dei modelli di rapporto fra uomini e donne dal principio del secolo XIX ad oggi. Sebbene si concentri sul tema della “scelta del partner” all’interno del “mercato matrimoniale”, la sociologa offre dati molto interessanti che concernono anche il tema della famiglia e della fecondità. In breve, da vaste indagini sociologiche, risulta inequivocabilmente che, da quando si è affermata la cosiddetta “rivoluzione sessuale”, gli uomini hanno sviluppato una vera e propria “fobia da impegno” mentre le donne, nonostante tutti cambiamenti culturali intervenuti, continuano ad essere maggiormente propense degli uomini agli impegni definitivi.

In buona sostanza, oggi non sono le donne ma sono innanzitutto gli uomini che non vogliono sposarsi e non vogliono fare figli o che spostano il più avanti possibile l’età del primo concepimento. Semplificando in maniera molto brutale, la stragrande maggioranza delle donne vorrebbero sposarsi con uomini della loro età già prima dei trent’anni, mentre fin troppi uomini (non tutti, certo) alle gioie della paternità preferiscono le gioie della “singletudine” e cominciano a “mettere la testa a posto” solo quando hanno oltrepassato i quaranta. Bisogna sottolineare che l’istruzione universitaria e la carriera non levano alle donne il desiderio di mettersi l’abito bianco e farsi crescere il pancione prima che sia troppo tardi.

Infine, si dirà che oggi anche le donne amano le gioie della “singletudine” libertina, come ci ha insegnato un famoso telefilm che ha fatto molto furore nello scorso decennio: Sex and the City. In realtà, chi conosce bene quel telefilm (io personalmente l’ho esaminato a lungo come un documento straordinario del costume contemporaneo), sa che per quelle single scatenate e impudiche il libertinaggio non era un fine ma un mezzo per cercare di “stanare” l’uomo giusto con cui accasarsi e fare figli prima che fosse troppo tardi.

Pensino bene a quello che ho detto, gli uomini che passano la vita a puntare l’indice accusatore sulle donne e intanto pianificano di mettere su famiglia con comodo a cinquant’anni con una venticinquenne (stile Johnny Depp).

Tags: camillo langonecrollo demograficodenatalità
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