La spesa è ormai a portata di click ma «i supermercati fisici saranno sempre necessari»
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Il digitale arriva a toccare anche il settore del food e della grande distribuzione, modificando profondamente il modello di business dei supermercati e spingendo sempre di più sull’ordinazione online. In Italia Esselunga è da sempre un precursore nel mondo dell’e-commerce nei supermercati, lanciando il primo progetto di consegna a domicilio nel 2001, prima in Brianza e poi a Milano. L’azienda, oggi in mano per il 70 cento a Giuliana Albera e Marina Sylvia Caprotti e per il 55 per cento alla società immobiliare Villalta partecipazioni, si sta preparando a entrare in Borsa e si troverà quindi a competere con giganti internazionali, tra cui i francesi Carrefour e Auchan, l’inglese Tesco, il tedesco Lidl e gli americani Walmart e Whole Foods.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]La concorrenza è serrata, soprattutto in America, un paese che è sempre stato all’avanguardia per quanto riguarda l’innovazione. La catena Whole Foods per esempio è stata da poco acquistata da Amazon in vista di un progetto che mira a incrociare punti vendita fisici e servizi e-commerce. Questo è solo l’ultimo passo del gigante americano nel settore. A Seattle ha sperimentato (e poi bocciato) Amazon Go, un supermercato automatico senza casse, ma pieno di sensori, dove è sufficiente prelevare la merce dagli scaffali per avere la spesa accreditata sul proprio account Amazon. Nel 2016 ha lanciato in Italia il servizio Amazon Dash, una specie di portachiavi con pulsante e il marchio di un’azienda, collegato al wi-fi di casa e impostabile tramite app: quando il consumatore sta per finire le scorte di un prodotto (per esempio, dei biscotti, la carta igienica o il detersivo), preme il pulsante attivando così in automatico la richiesta di una nuova consegna.
In Italia l’alimentare è la prima voce di spesa dei consumatori italiani, ma l’e-commerce in questo comparto tocca ancora percentuali basse, seppure in costante ascesa. Secondo uno studio dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, solo lo 0,5 per cento del totale di acquisti retail nel settore alimentare italiano è fatto online (l’8 per cento nel Regno Unito, il 6 in Francia, il 2 in Germania e Stati Uniti). Il Food&Grocery (cioè la ristorazione e i prodotti alimentari da supermercato) viene trainato dagli operatori tradizionali, ma nel 2017 gli acquisti online hanno raggiunto gli 812 milioni di euro, di cui l’87 per cento deriva dall’acquisto di alimenti e il 13 per cento da prodotti Health&Care, con un aumento complessivo del 37 per cento rispetto al 2016 (contro i 10,9 miliardi di dollari generati dal mercato e-commerce food negli Stati Uniti).
Secondo Giancarlo Panico, esperto di marketing del settore food&beverage e partner dell’agenzia Brandmarker, la bassa propensione degli italiani all’e-commerce food è dovuta al fatto che «la grande distribuzione del nostro paese, al contrario dell’America, ha una rete molto capillare, fatta di piccoli punti vendita ma con grandi assortimenti». Non concorda pienamente Lucio Lamberti, docente di Marketing multicanale alla School of Management del Politecnico di Milano, che spiega a Tempi: «Cinque anni fa se si domandava perché in Italia non si spingesse sull’e-commerce nella spesa alimentare, i distributori rispondevano che il consumatore medio italiano non era interessato a comprare online. In realtà, c’era pochissima offerta, non poca domanda». La prova, sostiene Lamberti, è che nel momento in cui Amazon è sbarcata in Europa, di colpo la grande distribuzione si è resa conto del grande potenziale del canale online nella diffusione di prodotti agro-alimentari. Allora sono nate diverse iniziative, da Carrefour a Auchan alle catene nostrane, fino anche ad alcune cooperative. Esselunga, per esempio, ha recentemente inaugurato un punto vendita a Varedo dove è possibile ordinare la spesa e andare a ritirarla in auto, come fosse un Mc Drive. Ha inoltre introdotto un’app per smartphone che consente di effettuare il pagamento della spesa senza passare dalle case.
«Amazon sta andando a toccare alcune variabili di equilibrio del sistema, che sono decisamente interessanti» dice Lamberti. Secondo Massimo Mensi, esperto di e-commerce di Filcams Cgil (Federazione italiana dei lavoratori del commercio), Amazon sta investendo in questo settore «con l’obiettivo di offrire un’esperienza di acquisto e consumo totalizzante ed imporre un nuovo modello monopolista o comunque di oligopolio imperfetto». Lamberti aggiunge che il digitale, per poter condizionare l’economia materiale, ha bisogno di travasarsi nel mondo fisico. Nel caso dell’acquisto di Whole Foods c’è in gioco soprattutto la capacità di penetrazione nel territorio. «Si pensi alla logistica: Amazon o Alibaba riescono a raggiungere le grandi città dai loro magazzini, ma effettuare consegne in province più piccole e lontane diventa estremamente costoso. Hanno necessariamente bisogno di punti vendita fisici cui appoggiarsi».
Proprio per questo motivo, entrambi gli esperti concordano nel ritenere che la spesa online non soppianterà quella tradizionale. «L’integrazione tra canale fisico e digitale sta avvenendo in due modi: da un lato, gli operatori fisici si stanno aprendo all’e-commerce e dall’altro, operatori di e-commerce stanno facendo investimenti nell’acquisto di punti di vendita fisici. Per questione di sopravvivenza, non possono prescindere gli uni dagli altri», sostiene Lamberti.
Se ormai la possibilità di fare ordinazioni online e di richiedere la consegna a domicilio sono servizi dati per scontati, la vera sfida della grade distribuzione, spiega Lamberti, è un’altra: «La qualità del servizi. Con quale velocità viene effettuata la consegna? Il servizio è attivo 24 ore su 24? Quanti prodotti posso comprare online?». In Italia, per esempio, Rovagnati, azienda specializzata nella produzione di salumi, ha da poco lanciato la possibilità di acquistare salumi freschi e prodotti che non si trovano in nessun negozio della grande distribuzione direttamente online ricevendoli nel giro di due giorni.
Giancarlo Panico, esperto di marketing del settore food&beverage e partner dell’agenzia Brandmarker, ricorda che l’Italia «è il paese dei mercati rionali, delle gastronomie e delle specialità. Per essere competitivi bisogna accompagnare l’esperienza d’acquisto con una narrazione, come sta facendo Eataly con il suo progetto, il più all’avanguardia del paese». Secondo Mensi «l’integrazione tra digitale e fisico porterà il lavoratore del supermercato ad acquisire nuove competenze. Mi immagino per esempio un addetto al banco macelleria che cerca di vendere un lato esperienziale collegato all’acquisto, per esempio consigliando una ricetta o un particolare abbinamento». Prospettive, queste, di un orizzonte futuristico che sembrano celare in sé «una certa nostalgia dell’umanità bottegaia».
Foto Flickr e Ansa
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