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La Seria A si affida ai “Mister Nessuno” (ma non è detto che vada male)

Abbandonato l’usato sicuro, la serie A si affida ad allenatori sconosciuti. Saranno pure novellini, ma hanno grinta, carisma, orgoglio. E costano poco

Fred Perri
21/10/2012 - 10:00
Sport
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Per farvi capire come funziona il giovanilismo sulle panchine italiane, questa invasione di mister Nessuno, vi racconto questa. A metà degli anni Novanta mio suocero divenne presidente di una società di uno sport di squadra minore (beh, mica tanto, ma non voglio dilungarmi, né spiegarvelo, altrimenti capite subito chi sono). Lui e altri imprenditori locali, come spesso succede, furono chiamati a risollevare le sorti del club storico del paesello, finito, dopo anni di trionfi e di ricchi premi e cotillons, sull’orlo del precipizio. Insomma stava per scomparire una società che conoscevano tutti, anche chi non si occupava di quello sport. Mio suocero divenne presidente, rimise insieme i conti e salvò la baracca. La squadra riprese il suo cammino ma non riusciva più a inserirsi nella lotta per il titolo, praticamente esclusivo dominio di altre due squadre. Così, una sera, io e lui discutevamo nel salone di casa sua e io (da grande esperto) gli davo dei consigli con enorme magnanimità. A un certo punto gli dissi: «Guardi, io sono contrario agli esoneri, che all’ottanta per cento non risolvono nulla, però se vuole fare il salto di qualità, almeno a fine stagione deve cambiare l’allenatore». Prima che lui potesse argomentare la sua posizione, dalla cucina è arrivata la voce di mia suocera, donna dalle orecchie lunghe e non solo queste: «Sì, così ne paghiamo due».

Molti presidenti di serie A, a parte l’indomito Maurizio Zamparini, l’unico che ha praticamente messo a libro paga tutti gli allenatori possibili e immaginabili (sapete perché tutti pur correndo in assoluto il rischio maggiore in serie A continuano ad accettare di andare da lui? Perché, al di là della sua immagine un po’ ruspante, è uno dei pochi presidenti preciso, ma soprattutto completo, nei pagamenti), devono aver incocciato una moglie furente in cucina che li ha costretti se non a salvare il malcapitato (tutto non si può avere, non siamo mica gli inglesi che ci pensano quattro volte prima di far saltare gli allenatori: due manager sacked nella stagione 2011-2012), almeno a sostituirlo con uno che costa meno.

Eh già, non vi sarete mica bevuti la storia della programmazione o dell’investimento. Ma dai, dal capostipite dei mister Nessuno, cioè quelli arrivati alla serie A senza avere un grande avvenire dietro le spalle, lo Strama de noantri, per dirla con il grande Gassman, agli ultimi in ordine di apparizione, con la coppia Pulga-Lopez del Cagliari, tutte queste scelte nascondono prima di tutto l’esigenza di risparmiare. Moratti, dopo Stramaccioni, ha assunto un direttore generale, il bravo Marco Fassone, proveniente dal Napoli, che ha il suo bello stipendio (molto meglio del mio), ma neanche lontanamente paragonabile a quello del suo predecessore Ernesto Paolillo. È stato allontanato il team manager, sostituito da Ivan Ramiro Cordoba che è ricco di suo, mentre mi risulta che sia ancora vacante il ruolo di responsabile delle relazione esterne. Insomma più che giovinezza, giovinezza, si tratta di risparmio, risparmio e questo, a parte i problemi di chi è rimasto a casa (mi auguro per loro che abbiamo guadagnato bene, prima) è una buona cosa.

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Incassare e ripartire
Andrea Stramaccioni, a parte il fatto che si crede il più grande, come Muhammad Ali (ma del resto anche il Robespierre della zona italiana, Arrigo Sacchi – e non solo lui – era così), a parte il fatto che quando parla ha il tono di chi “te spiega” (come dicono a Roma quelli che sanno tutto di ogni cosa: “mo’ te spiego”), ecco a parte questo, è l’ultimo arrivato sulla panchina di una grande, ma non è l’ultimo arrivato come allenatore. Anzi. È preparato, ha delle idee, ma soprattutto, come Sacchi, che rivide le sue posizioni su certi giocatori del Milan (Tassotti su tutti), è pronto, con intelligenza, a cambiarle. Adesso l’Inter gioca con la difesa a tre e sta andando bene. Un anno fa Gasperini venne cacciato perché aveva provato a farla ma i giocatori gli avevano detto, prima a voce, poi facendosi travolgere sul campo, che non era cosa gradita. Stramaccioni appartiene alla categoria del mister Nessuno in carriera. Moratti lo ha scelto dopo la vittoria in un importante torneo giovanile (spacciato come la Champions dei giovani: esagerato, però comunque, come dico io, ha vinto un torneo giovanile internazionale, mica pizza e fichi) per sostituire Ranieri che aveva sostituito Gasperini. Non aveva esperienza a grande livello, ma ha un grande orgoglio e come molti di noi, una enorme considerazione di se stesso, elementi indispensabili per resistere nell’Inter e in serie A. Mi è piaciuto il suo approccio e confesso che mi sta stupendo, per come ha incassato le prime sberle e ha fatto di pragmatismo virtù: ero convinto che non mangiasse il panettone e forse neanche il pane dei morti. Invece un bel venticello lo spinge. Non soffia vorticoso, però basta per tenere la barra a dritta e seguire le prime.

Ma l’allenatore, in panchina, il sabato, la domenica o quando caspita giocate, cioè sempre, è utile? Michel Platini era il più forte sostenitore della tesi secondo cui in panchina, durante la partita, ci poteva stare una bottiglia di champagne Pommery (o Philipponnat, il preferito dell’Avvocato) e cambiava poco. Ecco, solo per azzeccare i cambi, questo sì. Antonio Conte, ad esempio, è bravissimo nelle sostituzioni. Però lo hanno squalificato e la Juventus, malgrado qualche voce che parlava di un “Piano B”, cioè l’ingaggio di un sostituto con esperienza (addirittura Prandelli, s’è intuito a un certo punto), ha deciso di tenersi l’allenatore dimezzato e di spedire in panchina Massimo Carrera. I risultati sono stati ottimi, a parte qualche problema in Champions League, ma in Europa, per tradizione, la Juve tende a fare più fatica. E poi ha affrontato fuori casa e in casa le due peggiori clienti possibili, Chelsea e Shakhtar Donetsk.

Carrera ha vinto sei partite su sette in campionato. È un mister Nessuno come pedigree, ma ha un passato da giocatore che ha vinto parecchio. In teoria, Carrera è il vice del vice, perché prima di lui c’è Angelo Alessio ma anche il numero 2 è sotto squalifica. Nella conferenza pre Roma hanno mandato allo sbaraglio Claudio Filippi, addirittura il numero 4, preparatore dei portieri, e tutto il mondo dei media, ma anche Zeman (pronto alla dialettica e meno alla tattica) si è infuriato. Però Filippi dice sempre qualcosa in più degli altri. Insomma, alla Juventus, hanno attuato la tattica del mister Nessuno a oltranza. In attesa che torni Conte, i vice si sdoppiano. Comunque, a Torino, sono stati i primi a investire su un allenatore che il meglio di sé lo aveva dato in serie B. Antonio Conte aveva ottenuto due promozioni, con Bari e Siena, ma i suoi precedenti, anzi il suo precedente, in serie A non era molto positivo: dimissioni dall’Atalanta dopo un tragitto tumultuoso. Conte non era la prima scelta juventina, nel maggio del 2011, ma si è rivelata una scelta vincente.

Lo straniero ignoto
Esistono anche società che vanno controtendenza, come la Roma, che dopo aver tentato l’esperimento Luis Enrique, ha compiuto la scelta opposta, ingaggiando Zdenek Zeman, un ex molto amato, non tanto per i risultati, quando per la sua fama di conducator, per il suo gioco ardito e la sua predicazione feroce, sebbene appena sussurrata con quell’accento dell’est mai domato e quello sguardo che va per la tangente, da guru satanico. Strana scelta, fatta per accontentare la piazza, per solleticare gli istinti di rivalsa del popolo, in contrasto con il programma di rinnovamento e ringiovanimento lanciato dalla proprietà americana.

L’altro club romano, la Lazio, invece è andato a scovare lo straniero sconosciuto, il mister Nessuno esotico, Vladimir Petkovic che non è un giovincello ma è una new entry perfetta. Ha carisma, ha la faccia giusta, ha un soprannome cult, il dottore, ha tre passaporti (svizzero croato e bosniaco) che però fanno otto lingue parlate. Partito nel 1987 da Sarajevo, la sua città, per la Svizzera, ha costruito là tutta la sua carriera, di giocatore e allenatore (a parte una breve e non fruttuosa esperienza in Turchia al Samsunspor). Tra le squadre allenate, e dove ha fatto bene, c’è anche il Malcantone Agno, che, non faccio dell’ironia, vince il premio speciale della giuria per il nome di una squadra di calcio. Petkovic, a parte un paio di passaggi a vuoto, non sta facendo male. Dimostra di sapere di pallone. E poi dà un tocco di diverso e misterioso al campionato: ma da dove viene questo? E poi, conoscendo il presidente Lotito, sicuramente non prenderà uno stipendio da nababbo. (vedi punto uno).

Tra i giovani arrembanti c’è Vincenzo Montella. Lui è l’unico dei mister Nessuno che si fa fatica a definire Nessuno. Perché fin da quando era giocatore si diceva che studiasse da allenatore, come Mancini, come Conte. È giovane, questo sì. Due anni fa ce l’aveva la Roma in casa, rilevò Ranieri nell’ultima parte della stagione, venendo dalle giovanili. Era la scelta giusta per avviare un nuovo progetto, ma gli “americani” prima hanno scelto Luis Enrique e poi Zeman e Vincenzino l’aeroplanino è andato a svolazzare a Catania, dove ha fatto bene, e ora è a Firenze, dove ha modellato il gruppo con bravura, riuscendo perfino a rendere uomo quel “venessia” di Jovetic. La sua Fiorentina, nelle prime partite, è con lo Shakhtar, l’avversario che ha messo più in difficoltà la Juventus.

Un mondo illogico
Tra gli ultimi in ordine di apparizione ci sono la coppia Ivo Pulga (colonna del Cagliari di Ranieri che passò dalla serie C alla A) e Diego Lopez, altro ex della squadra di Cellino, allenatore della Primavera a cui il presidente rock ha affidato la squadra, dopo il licenziamento (il secondo, già era stato cacciato un anno fa, poi richiamato) di Ficcadenti. Nessuno dei due ha esperienze che non siano quelle con le giovanili. Il Chievo è passato da Mimmo Di Carlo all’ex capitano del Chievo degli anni d’oro (1998-2003), quello di Gigi Del Neri, quello della promozione in A nel 2001, quello che, durante il girone di andata 2001-2002 tenne un passo da scudetto, con le due ali Eriberto (o Luciano) e Manfredini: Eugenio Corini. Corini ha più esperienza di panchine dei due del Cagliari messi insieme, ma tra serie minori e serie B non ha grandi risultati da raccontare.

Tutto qua. Insomma siamo passati dall’usato sicuro al mister Nessuno che forse diventerà qualcuno. Come dicevo più poté il risparmio della programmazione. E siamo solo a ottobre con già tre panchine saltate, una in più di tutta la Premier League 2011-2012. Quindi abbiamo ampi margini di peggioramento. Bravi, invece, quelli del Pescara a scegliere Giovannino Stroppa, un altro tecnico con scarso curriculum panchinaro (la Primavera del Milan il Sudtirol-Alto Adige), ma soprattutto a sostenerlo dopo le prime sventole così da permettergli di risollevarsi un po’. E bene ha fatto la Sampdoria a dare un’altra chance, dopo quella naufragata con la Juventus 2009-2010, a Ciro Ferrara. Io, fossi in lui, sarei rimasto con l’Under 21 per un altro annetto, ma un tecnico vuole la serie A, perbacco. Lo capisco. Capirei di meno la Samp se, dopo un inizio pirotecnico in presenza di una teoria di risultati sfavorevoli, lo mettesse in discussione. Perché una cosa deve essere chiara: al mister Nessuno, se lo scegli, devi dare più tempo che al mister Qualcuno. Altrimenti, che senso ha? Ma questa è la Serie A, bellezza, il luogo più illogico del mondo.

Tags: capelloconteferraralopezmontellazeman
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