
La sentenza sugli ovuli mortifica la donna (e il suo mistero). E la mette in vendita

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – La sentenza della Corte europea che stabilisce la brevettabilità, ai fini della ricerca, di un ovulo attivato per partenogenesi, che abbia iniziato un processo di sviluppo pur non essendo stato fecondato, apre le porte a nuove frontiere e a nuove possibilità, non solo scientifiche, ma anche per il mercato farmaceutico. Non è un caso, infatti, che la richiesta sia partita da una società di ricerca farmaceutica, la Stem Cell Corporation.
Per la prima volta, infatti, sarà possibile brevettare una parte del corpo umano, come se fosse un manufatto. Al tempo stesso si è limitata la definizione di embrione, prodotto umano protetto dalle leggi. Dimenticando volutamente che prima di essere stati embrioni anche noi tutti siamo stati ovuli, dimenticando cioè che siamo tutti figli e che dobbiamo qualcosa a chi ci ha permesso di venire al mondo, fin dalle prime cellule.
In questo modo, invece, gli scienziati si proclamano padroni del processo vitale, con la possibilità di intervenire per farne ciò che si vuole. È una lunga storia, iniziata con l’aborto, che estende sempre più il potere dell’uomo su un processo che rimane ancora, per molti versi, misterioso. E che, comunque, non è stato inventato dagli esseri umani.
Come al solito, tutto è giustificato con la ricerca scientifica, il bene che i malati ne potranno ricavare. Sarà vero? Soprattutto, vale la pena cercare terapie al prezzo di gravi violazioni del rispetto dell’essere umano? Anche stavolta i sostenitori della sentenza dicono che sono i ricercatori a dover valutare. Ma come è possibile pensare di lasciare una questione così decisiva nelle mani di persone che, ovviamente, vi sono implicate per interessi personali? Come non capire che siamo di fronte a un problema molto più ampio, molto più profondo? Ridurre questa grave questione semplicemente a un cavillo giuridico — cioè al fatto che l’ovulo non può essere qualificato come embrione — mortifica la civiltà.
E non basta: dobbiamo anche ricordare che, con questa sentenza, si aggiunge un altro tassello alla commercializzazione del corpo femminile, già in atto con il mercato degli ovuli e degli uteri. Che fine faranno le donne se la loro specificità, cioè la maternità, viene spezzettata e messa in vendita?
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4 commenti
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Spiacente ma la mia specificità di donna NON è certo data dalla possibilità di essere madre, ma dal fatto di essere come ogni altra persona diversa da ognuno di noi. Rivendico il fatto che la maternità è una scelta è non può rappresentare la connotazione per rendere specifica una persona in quanto tale.
Ah, ah, ah!
Ma no, Filomeno, non ti sgomentare!
La maternità è una specificità delle donne (XX), mica tua!
Quando mai s’è mai sentito che gli uomini (XY) partoriscono?!
E comunque, quando non si ha nulla di vagamente intelligente da scrivere, si può anche passare la mano, eh?!
Non capisco cosa intende dire…al di là che una donna può ovviamente scegliere di non avere figli la maternità resta pur sempre una caratteristica, un attributo coessenziale alla donna come la paternità nel caso dell’uomo. Non si può forse paragrafare Terenzio con “mulier sum, muliebris mihi nihil alienum puto”? 🙂
Simpaticona…. quasi inorridisci all’idea di una gravidanza … ti vedo rannicchiare e raggrinzire all’idea. Certo è una scelta, solo per le donne, non per gli uomini. Ma come ogni scelta che si fa qualcosa, sul chi siamo, lo dice. Si può scegliere di non volere figli per uno scopo … più alto (le suore lo fanno, ma non solo queste). Ma se la scelta la fa una abortista, pro eutanasia, una che chiama amore passssssssione, che smercerebbe figli ai gai (tanto a lei cosa frega… ha dichiarato che non sa cosa è un istinto materno) ecc. … su quello che dice la “scelta” di tale amabile personcina …. stendiamo un velo pietoso.