Roma, un posto dove ultimamente la boria del potere terreno ha la faccia di signorini che si vantano di prendere a sberleffo coloro i quali non appartengono alla setta. Poverini, li vedremo spegnersi come cerini accesi nella tempesta. E povero il loro guru, così comicamente autocentrato da leggere anche l’elezione di un papa con la propria lente di rimpicciolimento. Peccato, perché tutti avrebbero di che imparare da un uomo che nell’umiltà e povertà della terra ha subito piantato i suoi primi atti e parole di successore degli apostoli.
DONO ALL’ITALIA. Spigliato e positivo, papa Francesco è davvero un grande dono all’Italia. Un posto che appare preda di uno spirito cattivo e vendicativo. Non solo in politica, ma anche nel vivere in società. E invece, lo avete visto il vescovo di Roma, no? Solo parole di affetto e gesti di fisica e fraterna simbolicità. Per prima cosa è andato al popolo, salutandolo educatamente e pregando con lui. Poi è andato nella chiesa romana per eccellenza, Santa Maria Maggiore, incoraggiando i confessori ad avere «misericordia, misericordia, misericordia» delle anime.
MISERICORDIA. E “misericordia” è stata la parola vertice al primo Angelus in San Pietro. Là dove il Pontefice ha messo in trono la sapienza di una nonna. Ché «se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe». Ecco, tutto all’opposto di ciò che domina e brama il campo italiano, il Papa ha un’altra verità rispetto a quella giustizialista e giustiziera: «La misericordia rende il mondo più giusto». Altro che Costituzione e codici. Conviene leggere papa Bergoglio, il Vangelo. E Il mercante di Venezia. Ché «Il potere terreno appare allora/ più simile a quello divino/ quando la misericordia tempera il giudizio».