La macchina del fango dell’Espresso contro il vescovo di Carpi

Di Emanuele Boffi
11 Aprile 2019
Allusioni, intercettazioni, sussurri. Monsignor Cavina attaccato per una vicenda accaduta a Carpi. Ma i pm hanno già chiesto l'archiviazione

“La santa alleanza” la chiama l’Espresso che, nel suo ultimo numero, dedica due pagine all’operazione “Mangiafuoco”, «una vasta indagine dei carabinieri coordinata dalla procura di Modena sul malaffare locale i cui protagonisti sono politici, faccendieri, alti prelati e collaboratori della diocesi». Detta così, avete già capito dove si vada a parare. È il solito giornalismo che chiamano “investigativo” e che di “investigativo” ha ben poco: intercettazioni, fango, allusioni.

Già chiesta l’archiviazione

Il bersaglio del servizio dell’Espresso è il vescovo di Carpi, monsignor Francesco Cavina per il quale, è ben chiarirlo subito come lo stesso settimanale fa tra le righe, i pm hanno chiesto l’archiviazione. Se si chiede l’archiviazione significa che non esistono elementi per accusarlo di alcunché, no? Invece l‘Espresso pubblica foto, “smaschera” la rete di potere, di “amicizie” e di “favori” al cui centro ci sarebbe Cavina pubblicando dialoghi senza alcuna rilevanza penale e che dovrebbero rimanere riservati.

La vicenda

La vicenda coinvolge il sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, Pd, e il suo vicesindaco Simone Morelli, renziano, ex Pd che col primo cittadino entra in conflitto per divergenze politiche. Morelli, scrive l’Espresso, avrebbe cercato di “fargli le scarpe”, come si dice in gergo, avvicinandosi alla Lega e al vescovo. Di fatto, su Cavina non ci sarebbe niente, se non che, ad un certo punto, il Comune decide di accollarsi il costo di un evento (15 mila euro), denominato “Fontane danzanti”, uno spettacolo che doveva celebrare il ritorno della statua della Madonna Assunta in cattedrale, da lì allontanata a seguito del terremoto del 2012. La procedura per il ritorno della statua segue la normale trafila burocratica, ma per l’Espresso è la prova dello “scambio” tra Morelli e Cavina. In verità, tutto avviene regolarmente, anzi – fatto che l’Espresso non cita – la delibera di giunta è approvata all’unanimità e – secondo fatto che il settimanale sempre dimentica, ma se ne trova traccia anche online sul settimanale della diocesi – lo stesso primo cittadino presenzia all’evento che annuncia il ritorno dell’Assunta in cattedrale. Evento nel quale il primo cittadino pronuncia queste parole:

«La Diocesi è divenuta essa stessa produttrice di cultura e si è “aggregata” ad una squadra più ampia il cui obiettivo è quello di promuovere i valori della nostra città, congiuntamente a quelli di bellezza, cultura e di storia, la nostra storia. Da sempre conosciamo la statua dell’Assunta. In questi mesi abbiamo potuto riconoscerla mediante il lavoro di restauro. È bello per tutti noi pensare che presto riprenderà la sua posizione all’interno della Cattedrale e continuerà a guardare dall’alto i carpigiani, come ha fatto in questi cinque secoli, ascoltandone le ansie, le paure ma anche le gioie. Questo evento è fortemente identitario: significa riconoscersi in alcuni simboli di una comunità. E ciò è stato realizzato nella maniera più dolce e completa possibile».

I dialoghi coi fedeli

Insomma, è lo stesso sindaco a rivendicare con orgoglio il gesto «fortemente identitario». È lo stesso Bellelli a definire la diocesi «produttrice di cultura». È lui a dire che il ritorno dell’Assunta è un fatto importante per la comunità, «realizzato nella maniera più dolce e completa possibile». Sono tutte parole, rese in pubblico, che sull’Espresso non vengono riportate. Al contrario, l’articolo è pieno di illazioni su Cavina di cui si ricorda la vicinanza con papa Benedetto XVI (da quelle parti è un reato? Ma allora perché non ricordare anche la reciproca stima che esiste tra Cavina e papa Francesco?), i suoi trascorsi nella segreteria di Stato ai tempi di Vatileaks (anche qui: non c’è niente, ma basta alludere al caso per far intendere) e, fatto vergognoso, la pubblicazione di dialoghi tra il vescovo e alcuni fedeli che nulla c’entrano con l’indagine ma servono a “dare il contorno”, a far intendere che «esistono segreti in mano a Cavina. Misteri che da Carpi insidiano il Cupolone». Quali segreti? Di cosa stiamo parlando?

Tesi precostituita

È il solito “metodo Espresso“. Siccome prove non ne esistono, siccome alla luce del sole niente è successo, poiché al povero vescovo nulla può essere imputato, si allude, si vocifera, si affastellano “fatti” per dimostrare una presa di posizione precostituita. Di più: si pubblicano intercettazioni che nulla hanno a che fare con l’inchiesta al solo scopo di far girare nel ventilatore la famosa sostanza. Lo chiamano giornalismo investigativo. È solo fango, per non dir di peggio.

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