Il diavolo, si sa, si nasconde nei dettagli. È così accaduto ad Antonio Di Pietro di tradirsi con un dettaglio rivelandosi debole in diritto costituzionale, di cui pure discetta sulle piazze e in aule universitarie, e in democrazia, di cui pure si considera un paladino. Difendendosi sull’Espresso da Gianpaolo Pansa, che lo aveva accusato di troppa disinvoltura dietro i banchi della destra per il referendum abrogativo della quota proporzionale della legge elettorale, Di Pietro ad un certo punto ha così descritto la logica e la bellezza del bipolarismo e del sistema maggioritario: “Chi vince governa e chi perde va a casa”. No, senatore Di Pietro. In democrazia, anche con il bipolarismo e il sistema maggioritario, chi vince governa, certo, ma chi perde non va a casa: fa l’opposizione, che non è cosa meno importante e utile del governare. Solo uno al quale piace esclusivamente governare, e stare quindi sempre dalla parte di chi vince, può pensare, dire e scrivere che chi perde “va a casa”, cioè sparisce. Ora si capisce meglio come e perché, caratterialmente prima ancora che politicamente, l’ex magistrato solo dopo le elezioni del ’96 si schierò con l’Ulivo, prima facendo il ministro di Prodi e poi il senatore per il collegio super-rosso di Firenze-Mugello. Governare è decisamente meglio che stare a casa. C’è addirittura chi dice, sicuramente con poca eleganza, che comandare è meglio di fottere.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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