
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Prossimo al Monte Kapa s’ergeva il Monte Pala; diversamente dal primo questo era ricoperto interamente da una folta selva che nascondeva una grotta famosa, frequentata dai lupi più fieri dell’intera foresta. Tra i rovi del Monte Kapa nidificava l’aquila e da lì s’era vista spiccare i suoi altissimi voli; in quella grotta misteriosa del Pala si erano perpetuate da tempo immemorabile generazioni e generazioni di lupi. Proprio lassù salirono uomini venuti da lontano, ed erano pastori; vi condussero il loro gregge. Si diceva che provenissero dalle fredde sedi di Borea. Vi scoprirono una fonte che prendeva il nome da un’antichissima Ninfa, la Ninfa Jiu, colei che dura; la sua acqua era salutare per gli uomini e per i pascoli. Sul Pala c’era una piccola radura, e in quella radura nelle notti di plenilunio i lupi si riunivano e disponendosi in cerchio lanciavano i loro lunghi ululati. Gli uomini allargarono quella radura tagliandovi gli alberi; vi fecero crescere grassa erba per il pascolo e ai suoi margini piantarono pali e costruirono le loro capanne.
Gli sciamani di quel piccolo villaggio fecero un patto con i lupi. A quei tempi non era difficile agli uomini entrare in relazione con le fiere ed esse, da parte loro, ritenevano vantaggiose queste relazioni. I pastori promisero ai lupi che avrebbero allontanato dal loro branco le malattie e la fame purché essi mai infierissero contro il loro gregge; ai lupi era permesso di venire nella radura ad invocare il loro demone lunare della fecondità nelle notti di plenilunio. Alcuni di quei lupi si fermarono addirittura nel villaggio e si assunsero il compito di proteggere il gregge; ma rimasero lupi, e per lungo lungo periodo, fin quando tutto mutò e giunse il tempo di uomini perversi che li asservirono e ne fecero cani.