
La furia dei Titani, gli dei tornano in 3D
Diciamo che un film di questo tipo va preso con filosofia e senza guardare alla mitologia classica, tanto bella, tanto struggente, tanto vera e materiale perfetto per decine di sceneggiature, se solo si rimanesse un po’ fedeli alle vicende narrate nei grandi classici greci. La furia dei Titani è un fantasy avventuroso che rispetto alla mitologia classica prende solo qualche nome: Zeus, Ade, Perseo, Andromeda, Poseidone, Ares. Tutto il resto è pura invenzione e non delle migliori. Perseo che lotta con il Minotauro, gli dei che a un certo punto diventano mortali, il povero Crono imprigionato nel Tartaro e diventato un mostro di fiamme alla maniera di Sauron di Tolkien. E ancora: Andromeda, interpretata dalla bellissima Rosamunde Pike, regina di Argo e vagamente amazzone, un tale Agenore, figlio di Poseidone, imbroglione e bugiardo. Il colpo di grazia si ha quando arriva Efesto, che almeno è zoppo come nel mito vero, non è particolarmente brutto ma vive su un’isola circondato da ciclopi (ma non c’è Polifemo!).
Il film è da prendere così, con un occhio all’intrattenimento e l’altro alla bella Andromeda, come un peplum in 3D dove i semidei si sovrappongono a supereroi dotati di armi che paiono uscite dall’immaginario di alcuni videogiochi: l’arma con cui Perseo ha la meglio su tutto e su tutti è una sintesi perfetta nel bene e nel male del film. Una lancia magica, l’unione tra la saetta di Zeus, il forcone di Ade e il tridente di Poseidone. Insomma, roba che Troy in confronto pare un trattato filologico con note a margine. Meglio del primo episodio, con cui condivide le stesse sciocchezze a livello narrativo, ma che era segnato anche da una messinscena mediocre con un 3D appiccicato e non spettacolare, Lo scontro tra Titani (a proposito, i titani sono solo nel titolo) utilizza le tre dimensioni in senso immersivo e lo spettacolo aumenta.
Non sono male alcune sequenze d’azione: il lungo combattimento tra Perseo e la Chimera a inizio film, qualcosa della discesa negli Inferi. Il resto però è sotto il livello di guardia. Per le carenze di una regia (del sudafricano Liebesman, già al timone del mediocre World Invasion) che saccheggia a piene mani a livello visivo dai titoli più ovvi, Il signore degli anelli e 300 in testa, per il basso livello di una sceneggiatura che si limita a mettere in fila un’accozzaglia di luoghi comuni e non valorizza invece le poche idee buone. Quella per esempio per cui le preghiere degli uomini conferiscono potenza agli dei era piuttosto originale e andava sviluppata meglio; la vicenda d’amore tra Andromeda e Perseo è poco più che un accenno e, adeguatamente scritta, avrebbe aiutato il film a essere meno prevedibile; il personaggio di Agenore, in teoria l’elemento comico e di alleggerimento della storia, è poco efficace. Il film manca di equilibrio: viaggia a ritmo altissimo, anche troppo, quando l’azione prende il sopravvento (e il 3D in questo caso complica e non poco le cose allo spettatore, perché il movimento è troppo veloce e l’azione diventa caotica in più momenti), mentre poi diventa improvvisamente statico quando entrano in scena gli dei, interpretati da grandi attori, da Ralph Fiennes a Liam Neeson fino a Bill Nighy e Danny Huston, impegnati o meglio sprecati in dialoghi verbosi e didascalici che smorzano la tensione e dicono poco in termini di evoluzione della vicenda.
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