La frenata del Cnb sul farmaco blocca-pubertà spiegata da dentro

Di Assuntina Morresi
22 Dicembre 2024
Anche noi contrari in assoluto all’uso della triptorelina per la disforia di genere nei minori abbiamo votato a favore della richiesta di sperimentazioni rigorose: saranno queste a portare alla messa al bando definitiva
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Una frenata sull’uso dei bloccanti della pubertà per la disforia di genere nei minori: questo il succo della risposta che il Comitato nazionale per la Bioetica (Cnb) ha dato lo scorso 22 novembre al ministero della Salute, che aveva formulato un quesito in merito.

A larghissima maggioranza – 29 voti favorevoli, uno contrario e due astensioni – il Cnb evidenzia «l’insufficienza dei dati scientifici sull’uso dei bloccanti della pubertà» e la necessità di ulteriori sperimentazioni. In particolare, chiede al ministero della Salute di «finanziare studi indipendenti finalizzati a ottenere dati dirimenti sull’efficacia e sui rischi della somministrazione» della triptorelina. Studi che, sottolinea il Cnb, devono essere «di qualità superiore rispetto a quelli che sono già realizzati, che non appaiono adeguati all’obiettivo».

La richiesta di trial clinici controllati e randomizzati

Le indicazioni per la sperimentazione sono di tipo etico, e stringenti: innanzitutto il modello di riferimento dello studio è quello dei trial clinici controllati e randomizzati – cioè uno studio sperimentale in cui i pazienti vengono assegnati casualmente a due gruppi, il gruppo sperimentale che riceve il trattamento (la triptorelina in questo caso) o il gruppo di controllo/confronto (un’altra caratteristica di questo tipo di studi è la “doppia cecità”, cioè il fatto che né i pazienti né i dottori sanno a chi è assegnato il trattamento e a chi il controllo/confronto, ma su questo particolare aspetto il Cnb non si è espresso).

Le valutazioni devono essere fatte da una équipe multidisciplinare, e la triptorelina può essere prescritta solo dopo che gli interventi psicoterapeutico/psicologico ed eventualmente psichiatrico si siano mostrati inefficaci. E quindi, «considerata l’incertezza sul rapporto rischi/benefici del blocco della pubertà con triptorelina», il Cnb «auspica che le prescrizioni avvengano solo nell’ambito delle sperimentazioni promosse dal ministero della Salute»,

Il bisogno di dati attendibili

Basta tutto questo per impedire nell’immediato, e del tutto, l’utilizzo dei bloccanti sui minori al di fuori delle sperimentazioni? Purtroppo no, perché il farmaco è già in commercio, già utilizzato per la disforia di genere anche in assenza di autorizzazione specifica – tecnicamente si dice che è in modalità “off label” –, e addirittura in Italia è gratuito per questa indicazione. Il che significa che l’Aifa, l’autorità regolatoria italiana per i farmaci, ne ha legittimato l’uso, in alcune condizioni indicate in una scheda tecnica: senza nuovi dati sul rapporto rischi/benefici non è possibile impedirne le prescrizioni. Ed è per questo che di una sperimentazione più rigorosa, e di dati più attendibili, c’è assoluto bisogno.

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Anche nel noto caso della Gran Bretagna infatti, dove è stato reso permanente il bando ai bloccanti fino al 2027 (quando si pensa che la sperimentazione che inizierà nella prossima primavera avrà dato i primi risultati), chi è già sottoposto al blocco della pubertà può continuare con la triptorelina: se fosse certa la prevalenza di conseguenze negative, non sarebbe stato possibile.

Vista questa situazione, quindi, il Cnb si è pronunciato anche sull’eventualità di prescrizioni al di fuori della sperimentazione. E anche per questi casi ha dato indicazioni decisamente orientate nella direzione di un maggiore rigore, analoghe a quelle formulate per gli studi clinici: équipe multidisciplinare e triptorelina come ultima possibilità, dopo inefficacia constatata di interventi psicoterapeutici/psicologici ed eventualmente psichiatrici. Inoltre, è previsto nel parere che tutti i dati relativi all’accesso, al trattamento e al follow up debbano essere comunque trasmessi a un registro apposito, presso il ministero della Salute o un’altra istituzione sanitaria pubblica.

La ricerca di una convergenza ampia

Una stretta, quindi, rispetto alla situazione attuale, e un giudizio sospeso sull’uso del farmaco in attesa di un rigoroso esame scientifico sul rapporto rischi/benefici, ad oggi oggetto di una conoscenza gravemente lacunosa.

Affrontando questo tema il Cnb ha voluto anche sottolineare un metodo: nel rispondere al quesito, si è infatti convenuto di limitarsi a esaminare esclusivamente l’uso della triptorelina nel contesto della disforia di genere di minori, perché su questo potevamo raggiungere una convergenza ampia e dare maggiore autorevolezza alle nostre indicazioni. Sulle scelte di transizione di genere, infatti, le posizioni all’interno del Cnb sono diverse e anche molto lontane fra loro, come si può capire facilmente leggendo le due dichiarazioni di voto che accompagnano il parere, nonché la nota di dissenso e quella di astensione, e considerando anche che diversi componenti non hanno aderito a nessuno di questi quattro ulteriori documenti di precisazione, probabilmente perché le loro considerazioni sono ancora diverse. Si è scelto dunque di cercare la risposta migliore per tutti i ragazzi che si trovano in queste situazioni di sofferenza, e darle forza, dichiarando comunque a parte i nostri convincimenti a riguardo.

La mia dichiarazione di voto

Personalmente, ho aderito a una dichiarazione di voto insieme ad altri 14 colleghi, tutti convinti che, in generale, a prescindere dai farmaci usati, non sia eticamente accettabile consentire transizioni di genere ai minori, perché a quell’età non è possibile avere una piena consapevolezza delle conseguenze – irreversibili – dei trattamenti a cui si va incontro.

Abbiamo votato convintamente il parere condiviso perché solo con una rigorosa sperimentazione della triptorelina, effettuata nelle condizioni indicate, è possibile dare una risposta definitiva a questo tipo di trattamento, al tempo stesso limitandone al massimo l’uso. Al momento, considerando quel che se ne sa e la ratio del metodo, riteniamo che l’esito della sperimentazione porterà al suo bando definitivo.

La differenza rispetto al parere del 2018

Di tutt’altra idea gli 11 colleghi che hanno sottoscritto una seconda, diversa dichiarazione di voto; secondo loro – e dico subito che dissento – il parere di questi giorni sarebbe pienamente coerente con il precedente pronunciamento del Cnb in materia, risalente al 2018, quando l’unico voto contrario, argomentato con una lunga postilla, è stato quello della sottoscritta. A giudizio degli 11 il vecchio parere ha dato un contributo positivo e importante, tanto che ne rinnovano l’apprezzamento.

Sicuramente i colleghi che approvarono quel testo nel 2018 erano orientati a un uso prudente dei bloccanti, e lo stesso vale per gli 11 firmatari della dichiarazione di voto, che hanno votato a favore della risposta di quest’anno. Personalmente, però, ritengo i due pareri profondamente diversi. Nel 2018, dopo aver esaminato pro e contro della triptorelina, il Cnb ritenne «opportuno giustificare l’utilizzo di tale farmaco ispirandosi ad un approccio di prudenza», caso per caso, e riteneva il trattamento «giustificabile sul piano bioetico in casi particolari», indicandone le caratteristiche. Prudenza sì, quindi, ma nella pratica clinica. E all’epoca sapevamo che Aifa aveva intenzione di rendere il farmaco gratuito per questa indicazione: il risultato è stato, infatti, un uso gratuito nella pratica clinica, e non sappiamo ancora di quanti casi parliamo, perché della situazione italiana di questi anni non abbiamo informazioni, se non aneddotiche. È ragionevole pensare che i numeri possano essere dell’ordine del centinaio, come attualmente nel Regno Unito, ma è solo un’ipotesi.

Nella risposta attuale, invece, il Cnb sottolinea ripetutamente la mancanza di dati certi sul rapporto rischi/benefici e sull’efficacia del trattamento, e per questo motivo auspica che le prescrizioni avvengano solo all’interno di una sperimentazione clinica – cioè soggetta alla valutazione di un comitato etico – finanziata dal ministero della Salute, per la quale si parla espressamente di studio randomizzato e controllato come modello di riferimento: una situazione radicalmente differente dalla usuale pratica clinica. Il Cnb nel nuovo parere non fa un bilanciamento di pro e contro per individuare i confini dell’uso della triptorelina della pratica clinica – come nel 2018 – ma, dovendo prendere atto che al momento, finché non ci saranno nuovi dati, sono consentite prescrizioni anche al di fuori della sperimentazione (all’interno della quale si augura ricadano tutte le somministrazioni), dà indicazioni a riguardo: indicazioni più stringenti del 2018, quando ad esempio non era stato richiesto, come invece si fa adesso, un registro apposito dove documentare tutti i passaggi decisionali per l’accesso al farmaco, il trattamento e il follow up.

L’Aifa che cosa farà adesso?

D’altra parte, la distanza fra i due documenti è ben descritta dalla nota che il professor Maurizio Mori, nel votare contro il nuovo parere proprio a causa delle differenze rilevate, ha voluto lasciare agli atti. Quattro le motivazioni da lui addotte al suo voto contrario: la mancata conferma del parere del 2018; l’aver preso a riferimento la Cass Review (il corposo documento inglese sui servizi a supporto dei minori con disforia di genere nel Regno Unito e sullo stato dell’arte nella letteratura scientifica di riferimento, che ha portato alla sospensione dell’uso dei bloccanti e alla riprogrammazione del servizio sanitario britannico in merito ai disturbi dell’identità di genere nei minori); la forte svalutazione delle conoscenze finora acquisite, «lasciando intendere che ci si è mossi con superficialità e scarsa prudenza»; la previsione di interventi psichiatrici, che introduce una «patologizzazione» di questi casi.

Nel 2018 il parere consultivo del Cnb è stato utilizzato dall’Aifa come base per l’atto amministrativo con cui si davano indicazioni per l’uso gratuito del blocco della pubertà con la triptorelina in casi di disforia di genere nei minori. Confidiamo che la risposta di quest’anno trovi la stessa attenzione e considerazione – ovviamente in direzione opposta – e sia la guida, da subito, per un diverso utilizzo del farmaco, anche alla luce di orientamenti analoghi emersi nel Regno Unito e in diversi paesi del Nord Europa.

Un primo passo, da parte di Aifa, potrebbe già essere la revisione della gratuità della triptorelina nella disforia di genere: siamo sicuri che con queste incertezze sul rapporto rischi/benefici del blocco della pubertà in questo contesto, e sulla sua efficacia, sia opportuno continuare con un regime di rimborso?

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Assuntina Morresi, autrice di questo articolo, è membro del Comitato nazionale per la Bioetica.

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