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«La custodia cautelare è una patologia di pm e gip, una condanna anticipata»

Intervista a Riccardo Arena, penalista e conduttore di Radio radicale: «Si anticipano condanna ed espiazione alle indagini preliminari e così si aprono le porte all'errore giudiziario».

Chiara Rizzo
21/04/2012 - 19:23
Interni
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Riccardo Arena, penalista e conduttore della trasmissione Radiocarcere su Radio radicale, spiega a tempi.it perché in Italia il 43 per cento delle persone attualmente detenute sono in attesa di giudizio.

Oggi in carcere ci sono oltre 13 mila persone in attesa di un giudizio di primo grado. Come spiega questo fenomeno? C’è un abuso della custodia cautelare?
Il problema è complesso. Si tratta di una patologia, che ha diverse cause. Una è la mancata applicazione della normativa sulla custodia cautelare in carcere, che sulla carta è ottima ma non viene correttamente applicata. Il motivo è semplice: siccome il processo penale ha dei tempi irragionevoli, il pm che indaga e il gip che deve decidere sull’ordinanza di custodia cautelare anticipano la sanzione, sapendo che la fase dibattimentale arriverà dopo anni e avrà un esito incerto.

Sono in malafede?
Non è un meccanismo determinato da cattiveria, è frutto della patologia del sistema: se i processi penali durassero sei mesi, il problema della misura cautelare non ci sarebbe. Ma se la sentenza definitiva arriva dopo otto anni, i magistrati tendono a anticipare la pena. La lunghezza dei processi ha dunque innescato questa reazione da parte di chi opera nel settore giudiziario. Se invece avessimo un sistema processuale dai tempi davvero ragionevoli, si tenderebbe assai meno a ricorrere alla misura cautelare perché pm e gip saprebbero che in poco tempo scatterebbe l’accertamento giurisdizionale: condanna o assoluzione.

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La tendenza ad anticipare tutto nella fase delle indagini preliminari, non è pericolosa?
Certo. In questa metamorfosi del processo penale, come la definisco io, la condanna anticipata, ovvero la misura cautelare, arriva nella fase delle indagini preliminari dove tutto è mutevole. Alla sentenza basata sulle prove si sostituisce quella basata su gravi indizi di colpevolezza E questo apre le porte all’errore giudiziario.

 

Da dove deriva questa metamorfosi? Storicamente, inizia dopo l’introduzione del codice Vassalli, che però ha il grandissimo merito di avere introdotto il rito accusatorio. Perché?
È durata anni la metamorfosi del processo penale, che dopo la sua introduzione, ha subìto diverse modifiche legislative e diverse sentenze della Corte costituzionale. Tutto ciò ha creato una macchina processuale incapace a dare risposte di giustizia in tempi ragionevoli perché è diventata un meccanismo processuale ingolfato, pieno di inutili formalismi e contraddistinto dall’incertezza. Macchina processuale che è stata ulteriormente bloccata dall’introduzione di innumerevoli reati. La politica infatti in questi anni non ha ambito a rendere efficiente il processo penale, ma ha usato lo strumento riformatore per pura propaganda, ovvero per introdurre nuovi reati. È lo stato penale. È evidente che l’abuso della misura cautelare è anche frutto dell’indifferenza mostrata dalla politica.
 

 
Ma oggi quindi si teme di più la fase delle indagini rispetto al processo, secondo te?
Assolutamente sì. All’indagato, soprattutto se eccellente, fa più paura la misura cautelare e l’intercettazione, rispetto all’esito del dibattimento che sarà futuro e incerto. Si deve capovolgere invece tutto questo e si deve ridare centralità al giudizio di primo grado. Giudizio che non può durare più di sei mesi e che deve avvenire in un tempo assai vicino all’ipotesi di commissione del reato.
 
 
Dal primo semestre del 1992 (come si vede dal grafico sopra pubblicato, ndr) il ricorso alla custodia cautelare è aumentato in modo vertiginoso, sino al ’94, e poi ancora dopo. Perché?
Non è stata Tangentopoli, che è servita solo a distruggere i partiti. È pacifico che in quegli anni ci siano stati i famosi “arresti del venerdì” e i “rilasci del lunedì”. La gente veniva liberata dopo che aveva parlato. E in alcuni casi la custodia cautelare è ancora adesso un mezzo per ottenere la prova: ma questa è la patologia secondaria, tipica solo di alcuni pm. Sicuramente nella metamorfosi del sistema penale c’è chi abusa anche della custodia cautelare, per ottenere la prova o la confessione, durante Tangentopoli come oggi. L’aumento delle custodie cautelari però è dovuto piuttosto al progressivo acuirsi delle patologie del processo penale. e di conseguenza all’aumento patologico dei tempi processuali. Più si allungano i tempi del giudizio e più aumenta l’anticipazione patologica della sanzione. I politici questo lo sanno bene, ma si vede che a loro non interessa: del resto, perché oggi la maggiorparte dei politici dovrebbe avere interesse in un processo che si conclude in sei mesi ? Oggi il rinvio a giudizio è una manna: significa la salvezza, dopo di che inizia la noia.
Tags: arresticarcerecustodia cautelaremani puliteradicaliradiocarcereRiccardo Arenatangentopoli
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