
La Chiesa chiede la pace in Libia, Sarkozy prova a farsi rielegggere
Gli insorti libici avanzano verso Tripoli solo grazie alle bombe lanciate dagli aerei della coalizione. E nel frattempo migliaia di profughi continuano a sbarcare sulle coste di Lampedusa, salvo poi essere smistati in campi d’accoglienza sparsi nelle varie regioni d’Italia. Ma per affrontare la crisi libica, più che armare i ribelli e bombardare le postazioni strategiche di Gheddafi, serve che tutta l’Europa si mobiliti con soldi, mezzi e infrastrutture per gestire la situazione e cercare la pace. Se non lo farà, l’Italia sarà costretta a prendere delle decisioni drastiche per impedire di essere travolta da questo cataclisma umanitario.
Questo il nocciolo dei tre articoli di “Prima linea” del numero di Tempi in edicola da giovedì 31 marzo. “Stop. Chiesa e coalizione dei volenterosi: «Spazio a diplomazia e negoziati»”. Il direttore Luigi Amicone fa il punto della situazione dopo gli interventi di Benedetto XVI all’Angelus del 27 marzo («Nei momenti di maggiore tensione si fa più urgente l’esigenza di ricorrere a ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica» ricorda il Papa) e la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco del 29 marzo («A intervento ampiamente avviato, auspichiamo che si fermino le armi»).
L’inviato speciale Rodolfo Casadei ha intervistato il francese Henri Hude, filosofo della politica insegnante di etica e deontologia militare, per trovare i motivi della volontà interventista del presidente transalpino e capire l’esito di questa guerra. «Il comportamento di Sarkozy – spiega Hude – ha motivazioni di politica interna: la fiducia nel presidente è precipitata, la sua credibilità e serietà sono messe seriamente in discussione. Non gli è sembrato vero di poter cogliere l’occasione di compiere atti per restaurare la sua statura di uomo di Stato». E ancora: «L’Occidente ha fatto la scelta di favorire le rivoluzioni e di abbandonare i vecchi regimi autoritari. La decisione di intervenire in Libia a favore degli insorti è coerente con questa scelta. Io penso che nel lungo termine questo processo di democratizzazione condurrà alla de-islamizzazione del mondo arabo, ma nel breve termine quello che vedremo sarà soprattutto l’ascesa al potere degli islamisti».
Infine, da Baghdad, scrive il deputato Renato Farina che racconta di un popolo dilaniato da una rivoluzione che non trova fine. I leader plaudono agli insorti perché li credono persone con una gran sete di democrazia e benessere. Intanto, però, il martirio dei cristiani prosegue e la comunità internazionale tace.
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