L’Italia che unisce grandi centri e piccole favelas in Brasile, la capitale universale dei social media
Dice: se sei una ditta della telefonia mobile, in Brasile fai affari di sicuro. Non ci vuole niente, i consumi e i redditi delle famiglie brasiliane aumentano costantemente dal 2006, i cellulari sono di gran lunga preferiti ai telefoni fissi e il Brasile, come raccontava qualche tempo fa il Wall Street Journal, è la capitale universale dei social media: per poter accedere tutto il giorno a Youtube, Twitter e Facebook, i brasiliani dismetteranno i vecchi cellulari per comprarne di nuovi abilitati a questi servizi e sottoscriveranno nuovi abbonamenti ad hoc. Facile a dirsi, ma la realtà è un po’ più complicata: quello brasiliano è un mercato dove i competitori recuperano rapidamente terreno e i vantaggi competitivi si sciolgono come neve al sole, dove i governi (quello federale come quelli statali) sono molto esigenti quando si tratta di stabilire vincoli e obblighi di chi partecipa a gare pubbliche e l’autorità per le comunicazioni interviene con severità se giudica il servizio non all’altezza.
Diciotto anni dopo essere stata creata, Tim Brasil è il secondo operatore del paese ma quello che più è cresciuto negli ultimi tempi e l’anno scorso ha prodotto la bellezza di 732 milioni di dollari di utili: significa che è fra le 10-15 più grandi imprese del Brasile, a seconda che si considerino i ricavi lordi oppure i profitti. «È stata Tim la prima a introdurre in Brasile la tecnologia gsm e il roaming, e oggi siamo i primi a escogitare soluzioni adatte agli utenti di classe sociale medio-bassa e a introdurre il wi-fi gratuito per le connessioni ai siti istituzionali nei quartieri poveri», spiega in perfetto italiano Rogerio Takayanagi, amministratore delegato di Tim Fiber, la start-up dei servizi di accesso in banda larga fissa per il mercato residenziale, un’altra iniziativa strategica di Tim. «Oggi sono 72 milioni le linee servite da Tim, fra due anni contiamo di superare i 90 milioni».
Dunque grandi opportunità da una parte, grandi ostacoli infrastrutturali dall’altra, e in mezzo la realtà socio-politica del Brasile che si presenta come opportunità o come ostacolo a seconda del contesto e delle circostanze. La fondamentale circostanza propizia per un’impresa di telefonia mobile che operi in Brasile, come pure in altri paesi della fascia equatoriale e tropicale, è che le condizioni ambientali e infrastrutturali fanno sì che i cellulari siano più economici delle linee telefoniche fisse. Non solo dunque le linee mobili, come è accaduto nel resto del mondo, hanno superato le linee fisse (attualmente le prime in Brasile sono 258,9 milioni, le seconde 43,7 milioni), ma mediamente un minuto di chiamata da un impianto mobile costa il 50 per cento in meno di un minuto da un impianto fisso. Stendere cavi di rame in un paese grande ventisette volte l’Italia non è uno scherzo, e se a questo si aggiunge il regime monopolistico che per tanti anni ha dominato la telefonia fissa si comprende che gli ingredienti per il decollo della telefonia cellulare c’erano tutti. E ci sono ancora: le proiezioni dicono che nei prossimi anni la seconda continuerà a espandersi, con un più 7 per cento medio di fatturato nei prossimi tre anni, mentre la prima addirittura decrescerà. Ripensare l’architettura della rete fissa costerebbe più di 100 miliardi di reais (36,5 miliardi di euro). Invece nelle antenne per i cellulari e nelle fibre ottiche e nei dispositivi Msan per l’alta velocità della banda larga le grandi imprese investono, perché sanno che ci saranno ritorni.
Una crescita costante
L’operatore di origine italiana è l’unico che può vantare nove trimestri consecutivi di conquista di nuove quote di mercato: è passato dal 25,1 per cento dell’ultimo trimestre del 2010 al 26,98 del primo del 2013; dopo aver scavalcato la messicana Claro all’inizio del 2011, ora è a 1,8 punti percentuali di distanza dai primi della classifica, gli spagnoli di Vivo: nel 2009 il distacco era di oltre 6 punti percentuali. Certamente pesa il fatto che dei quattro principali operatori in Brasile, Tim è quello che investe di più per migliorare l’infrastruttura: 3,7 miliardi di reais all’anno, circa l’equivalente del 20 per cento del suo fatturato contro il 12-14 per cento degli altri. Ma questa non è l’unica ragione. «Fino al 2009 Tim era un brand per i ricchi, e su quel segmento di mercato i competitori ci avevano ripreso e superato; dopo di allora c’è stata la svolta: il nostro target è diventato la classe medio-bassa, quella che ha un reddito compreso fra gli 891 e i 3.843 dollari americani l’anno», dice Mario Girasole, responsabile affari istituzionali di Tim Participações. Si tratta della fascia più ampia della popolazione brasiliana: l’anno prossimo conterà, secondo le proiezioni demografiche, 118 milioni di individui, cioè quasi il 60 per cento di tutti gli abitanti. A loro Tim si è rivolta con offerte su misura per le loro tasche poco profonde: «Facciamo pagare le chiamate a lunga distanza (tenere sempre presente l’enormità del Brasile, ndr) come quelle a breve distanza e lo scatto alla risposta anziché tutti i minuti di durata della chiamata. E offriamo un abbonamento che costa 50 centesimi di real al giorno per chi vuole navigare su internet col suo cellulare». Quest’ultima è la vera frontiera dei profitti a venire per le compagnie di telefonia mobile. I brasiliani, come si diceva all’inizio, sono veri fanatici dei social network: l’anno scorso la media mondiale del tempo trascorso dagli utenti su Facebook è scesa del 2 per cento rispetto al 2011 attestandosi sui 361 minuti mensili; nello stesso periodo, invece, in Brasile l’uso di Facebook è aumentato del 208 per cento, raggiungendo una media mensile di 535 minuti per utente. Lo stesso dicasi di YouTube: mentre nel resto del mondo il tempo speso su quel sito dal singolo visitatore scendeva del 3 per cento a 161 minuti, in Brasile aumentava del 5 per cento a 140 minuti. Non solo, con la sua tariffa speciale per la navigazione su internet dal cellulare, Tim si procura clienti reali e potenziali: «Il 50 per cento dei nostri abbonati hanno acquistato il loro telefonino in un nostro negozio», spiega Mario Girasole. «Di essi l’80 per cento supportano l’accesso a internet».
Sopra il Rio delle Amazzoni
In realtà non soltanto la fascia meno abbiente della popolazione è oggetto delle attenzioni di Tim: in Brasile anche il mercato della banda larga, che riguarda l’uso residenziale di internet da parte di utenti della classe medio-alta, sta crescendo impetuosamente (è raddoppiato in tre anni da 6,6 a 11,9 milioni di linee). La start-up Tim Fiber è stata creata proprio per approfittarne. L’iniziativa è stata possibile grazie all’acquisizione di AES Atimus, impresa di energia elettrica brasiliana con un’infrastruttura di 5.500 chilometri in fibra ottica, che copre l’80 per cento delle case in 21 municipi negli stati di San Paolo e Rio de Janeiro, le aree di maggior interesse economico del paese.
Il problema delle infrastrutture in Brasile è sempre drammatico, e le soluzioni sono spesso originali. Come in Italia, gli operatori principali di telefonia mobile sono quattro e le antenne posizionate poco più di 50 mila; la differenza è, come detto in precedenza, che il Brasile è grande 27 volte l’Italia. Installarne è sempre più difficile, perché esistono 250 legislazioni diverse, a seconda degli stati e dei municipi. I gestori stanno adottando la soluzione di condividere le stesse antenne, sulle quali ognuno opera sulle proprie frequenze. Nel bacino amazzonico Tim ha partecipato in un pool d’imprese alla gara per il collegamento della rete di distribuzione elettrica amazzonica, finora autonoma, a quella nazionale: 2 mila chilometri di cavi elettrici che saranno posati fra Manaus, Belem e Macapà. All’interno del cavo elettrico correrà anche una fibra ottica per telecomunicazioni di Tim: una realizzazione senza precedenti, fatta anche di torri dove la fibra correrà 300 metri sopra la superficie del Rio delle Amazzoni.
Wi-fi gratuito per tutti
Ma non sono tutte rose e fiori per gli operatori di telefonia mobile in Brasile. Gli ostacoli burocratici all’installazione di nuove antenne sono solo uno dei problemi. Ci sono anche le sanzioni dell’Anatel, l’Autorità brasiliana di vigilanza sulle telecomunicazioni, che l’anno scorso ad esempio per alcuni mesi ha bloccato la vendita di nuovi contratti telefonici ai tre maggiori operatori del mercato brasiliano (dunque anche a Tim) accusandoli di disservizi nei riguardi degli utenti. I disservizi ci sono, e sono la conseguenza dei problemi infrastrutturali; che, come s’è appena mostrato, hanno quasi sempre cause burocratiche o ambientali.
Sotto il fuoco dei riflettori dei media, che puntualmente riportano le notizie delle controversie con l’Anatel e col fisco brasiliano, Tim ha sviluppato la sua politica di responsabilità sociale d’impresa. Uno dei fiori all’occhiello è, come si è accennato all’inizio, l’introduzione di postazioni di wi-fi gratuito nelle favelas di Paraisopolis a San Paolo e di Rocinha a Rio de Janeiro per connettersi ai siti istituzionali. In passato la società ha finanziato iniziative per portare nei quartieri poveri importanti musicisti brasiliani, ora è impegnata nel progetto Ballet Paraisópolis, che permette a 100 ragazzine fra i 9 e i 12 anni di imparare la danza classica con l’aiuto di due insegnanti e di aggregare attorno ai loro spettacoli centinaia di persone della comunità locale.
Una goccia nel mare del bisogno di una favela, pur molto dinamica, di 120 mila abitanti come Paraisópolis. Ma quella goccia che porta con sé la bellezza là dove non ce n’era.
1 commento
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!