
L’Italia va alla guerra della plastica contro l’Unione Europea

La guerra della plastica tra Italia e Unione Europea è entrata nel vivo. Come prevedibile, la Commissione europea ha inviato una lettera all’Italia contestando il decreto entrato in vigore il 14 gennaio con cui il nostro paese ha recepito la direttiva europea che ha messo al bando alcuni prodotti di plastica come i piatti e le posate usa e getta. Se, come sembra, il governo non farà marcia indietro, Bruxelles aprirà una procedura d’infrazione e multerà l’Italia per ogni giorno di ritardo nell’applicazione della direttiva.
L’Europa mette al bando i piatti di plastica
Il 3 luglio del 2021 è entrata in vigore la direttiva europea 904 del 2019 (Sup, Single Use Plastics) che vieta la produzione e la vendita di posate, piatti, cannucce, bastoncini cotonati, agitatori per bevande, aste per i palloncini e contenitori per alimenti in plastica. A essere messa al bando è anche la plastica biodegradabile, settore in cui l’Italia è leader europeo.
Il mercato vale per il nostro paese 815 milioni di euro: 280 aziende, soprattutto al nord, producono ogni anno 110 mila tonnellate di plastiche biodegradabili impiegando 2.800 persone. L’Italia è leader soprattutto nella produzione di stoviglie e posate di carta, ma rivestite da un sottile velo di politene, interamente riciclabili e biodegradabili. Peccato che l’Unione Europea abbia bandito la plastica tout court, senza distinzioni.
Le deroghe dell’Italia
Per non costringere a chiudere queste aziende, il governo (decreto 196 pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30 novembre e in vigore dal 14 gennaio) ha recepito la direttiva europea consentendo però due usi della plastica non previsti dall’Europa. Ha previsto cioè una deroga al divieto per alcune plastiche biodegradabili e per i beni che contengono meno del 10% di plastica.
Nella lettera indirizzata al governo dal commissario al mercato interno Thierry Breton si richiede un «parere circostanziato» sull’aggiramento del divieto. La Commissione Ue aveva già avvisato l’Italia il 14 ottobre e poi il 16 dicembre, facendo notare che il decreto proposto non era in linea con la direttiva Sup. Il governo, per preservare l’industria nazionale, lo ha ignorato e ora potrebbero esserci ripercussioni.
La procedura d’infrazione dell’Ue
Come spiega il Sole24Ore, è già partito «l’automatico ricorso all’articolo 258 del Trattato Ue (procedura d’infrazione) non essendosi lo Stato italiano conformato al parer circostanziato “nel termine fissato dalla Commissione”. Scontato appare l’esito della procedura, a fattori costanti: messa in mora e quindi condanna dell’Italia, con multe (giornaliere) per il ritardo nell’esecuzione. I tempi vanno dai 2 ai 4 anni».
Foto Ansa
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