Il Parlamento iraniano ha poteri limitati, così come il suo presidente Rohani. Tutto è controllato dal Consiglio dei guardiani e da Khamenei
Il blocco dei cosiddetti “moderati-riformisti” ha quasi ottenuto la maggioranza assoluta in Parlamento, conquistando 143 seggi su 290 in Iran. Altri 86 sono andati ai cosiddetti “conservatori”, mentre 61 sono stati vinti da candidati indipendenti.
Il quadro definitivo delle elezioni per il Parlamento e l’Assemblea degli esperti nella Repubblica islamica, completato dai risultati del ballottaggio diffusi l’1 maggio dall’agenzia ufficiale Irna, ha piacevolmente sorpreso molti osservatori internazionali: non solo i “riformisti” hanno ottenuto la maggioranza, ma per la prima volta sono state elette ben 17 donne, una in più dei chierici islamici, crollati di oltre 30 unità rispetto all’ultimo voto.
POTERI LIMITATI. Il Parlamento iraniano, inoltre, ha poteri limitati e le sue leggi devono essere approvate sia dal Consiglio dei guardiani sia dalla Guida suprema, Ali Khamenei. Anche il presidente Hassan Rohani, ritenuto “moderato”, non ha pieni poteri. Nelle scorse settimane, ad esempio, il presidente si è opposto alla nomina di 7.000 agenti in incognito, che quest’estate si aggiungeranno alla già numerosa polizia religiosa, per verificare e far rispettare la retta morale in pubblico. Nonostante le sue critiche, la misura è stata applicata lo stesso dall’apparato giudiziario.
RIFORME ECONOMICHE. La maggioranza relativa dovrebbe però servire a Rohani per applicare quelle riforme economiche che la popolazione iraniana aspetta da tempo, soprattutto dopo l’abolizione delle sanzioni in seguito all’accordo internazionale sul nucleare. Il regime di Teheran potrebbe così seguire almeno la “via cinese”, concentrandosi sull’economia, mantenendo buone relazioni con il mondo esterno, o almeno con parte di esso, e reprimendo qualunque forma di opposizione in patria. Sempre che il boom economico promesso, e finora non pervenuto, arrivi davvero.
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