La regia estremista dietro agli avvelenamenti nelle scuole in Iran

Di Simone Cantarini
04 Marzo 2023
Oltre mille studenti, in gran parte ragazze, sono stati avvelenati negli ultimi mesi. Una intimidazione «intenzionale» nello stile dei talebani e di Boko Haram per impedire alle donne di studiare
Studentesse in Iran
Stdentesse iraniane all'Università di Teheran, lo scorso dicembre (foto Ansa)

I casi di avvelenamento di centinaia di studentesse negli istituti scolastici di varie zone dell’Iran, potrebbe avere aperto una nuova fase nella repressione delle rivolte iniziate lo scorso settembre dopo la morte della 22enne curda Mahsa Amini a Teheran mentre si trovava in custodia della polizia morale iraniana per aver indossato il velo in modo scorretto. Finora non è chiaro se la regia sia del regime oppure delle frange più fanatiche dell’islam sciita iraniano a cui sarebbe stata demandata la “punizione” delle giovani ragazze che si oppongono al velo islamico.

Gli avvelenamenti delle ragazze sono stati pianificati

Dopo i primi casi registrati a novembre 2022 nella città di Qom, a sud di Teheran, gli episodi si sono estesi a diverse città del paese e, per stessa ammissione delle autorità iraniane, sarebbero pianificati. Situata a circa 140 chilometri a sud di Teheran, Qom è la città “santa” dell’Iran, sede dei principali centri di formazione della élite religiosa che guida il Paese. Giovedì, il deputato Shahriar Heydari, in una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa semi-ufficiale Mehr News, ha sottolineato che finora quasi 900 studenti, in gran parte ragazze, sono stati ricoverati con sintomi da avvelenamento, ma per Bbc Persian, i casi sarebbero invece almeno 1.250.

L’inizio di quella che appare una intimidazione pianificata simile a quelle fatte dai talebani in Afghanistan o dagli estremisti di Boko Haram per impedire alle donne di andare a scuola è avvenuto lo scorso 30 novembre quando 18 studentesse di un istituto di Qom sono state ricoverate per insufficienza respiratoria. Le autorità iraniane hanno negato per mesi una eventuale pianificazione dietro ai casi di avvelenamento, tanto che è difficile ricostruirne la sequenza. La situazione è balzata agli occhi dell’opinione pubblica anche conservatrice lo scorso 14 febbraio, quando, sempre a Qom, ben 100 studenti di 13 diversi istituti sono stati portati in ospedale, diffondendo l’idea di possibili avvelenamenti seriali.

Da allora i casi sono stati riportati dai media locali. Negli ultimi giorni sono stati registrati episodi di avvelenamento che hanno coinvolto 31 scuole del Paese: 14 a Teheran, undici ad Ardabil, due a Kermanshah, una a Isfahan, Shahinshahr, Ferdis e Pardis. I media statali hanno anche riferito di avvelenamenti di studenti maschi registrati negli ultimi mesi nella città di Borujerd e nella provincia di Chaharmahal e Bakhtiari, ma anche a Qom, con alcuni giovani intossicati in una scuola maschile lo scorso 4 febbraio.

Chi vuole chiudere le scuole femminili in Iran

Con l’aumento dei casi e delle proteste delle famiglie davanti agli ospedali, lo scorso 2 marzo il procuratore generale di Teheran, Ali Salehi, si è espresso pubblicamente, sottolineando che il fascicolo sarà gestito da una sezione speciale della procura della capitale iraniana, promettendo indagini approfondite. In precedenza, il 26 febbraio, si era espresso il viceministro della Sanità iraniano Younes Panahi, secondo cui l’avvelenamento seriale di studentesse nella città religiosa di Qom e in altre città è stato «intenzionale». Panahi ha rivelato «che alcune persone volevano che tutte le scuole, in particolare le scuole femminili, fossero chiuse». Il viceministro ha cercato di tranquillizzare l’opinione pubblica affermando che «i composti chimici usati per avvelenare gli studenti non sono prodotti chimici di guerra, e gli studenti avvelenati non hanno bisogno di trattamenti aggressivi, e una grande percentuale degli agenti chimici usati sono curabili».

«Il pensiero di Boko Haram è arrivato anche qui?»

La situazione è stata criticata da figure delle frange politiche riformiste, tra cui l’ex vicepresidente del governo di Mohammad Khatami e noto intellettuale, Mohammad Ali Abtahi. In un editoriale sul quotidiano Shargh rilanciato sul suo profilo Instagram, l’ex vicepresidente si è lanciato in una dura critica al dilagante estremismo religioso. «Visto che il ministero della Salute ha confermato che l’avvelenamento delle studentesse è stato intenzionale, mi chiedo se il pensiero di Boko Haram sia arrivato anche qui. Per anni in Nigeria le ragazze sono state rapite in gruppi dalle scuole femminili per impedire loro di studiare. Le scuole sono state rinchiuse o distrutte per lunghi periodi di tempo. La voce del pensiero talebano, Daesh e Al Qaeda si sente da tempo in ogni angolo», ha osservato Abtahi.

«Secondo la storia, questo non era lo spirito della rivoluzione islamica. Non credo che la violenza dei talebani e di Boko Haram abbia un’origine religiosa, o che gli anziani della religione e del paese siano d’accordo con essa. Ma queste tragedie si verificano a causa del fatto che gli estremisti ideologici a volte hanno beneficiato di interessi a breve termine e sono stati incoraggiati», ha proseguito l’ex vicepresidente, voce molto ascoltata nel panorama iraniano. «Quando in alcuni casi gli estremisti vengono incoraggiati, la capacità di fermarli è fuori dalle mani dei loro ex sostenitori. Chi poteva credere che tale violenza sarebbe stata commessa in Iran e nel suo centro religioso, Qom e molti altri luoghi, per opporsi all’istruzione delle ragazze?», ha proseguito Abtahi.

«Non incoraggiare l’estremismo religioso» in Iran

Ricordando la genesi di Al Qaeda, nata proprio con il favore dell’Occidente e poi divenuta il suo peggior nemico, l’ex vicepresidente ha lanciato un monito: «L’estremismo religioso non dovrebbe essere incoraggiato per qualsiasi successo a breve termine. Minacciare le studentesse è un attacco allo strato umano più profondo dei nostri figli. Tutti dovrebbero dichiarare ufficialmente di non credere nella religione estrema di Boko Haram». Anche Jamileh Kadivar, importante politico iraniano ed ex membro del parlamento, ritiene che dietro gli avvelenamenti ci sia un intento malevolo. «La continuità e la frequenza degli avvelenamenti nelle scuole negli ultimi tre mesi dimostra che questi incidenti non possono essere accidentali e sono molto probabilmente il risultato di azioni di gruppo organizzate dirette da centri di pensiero e mirate a obiettivi specifici», ha scritto il politico sul quotidiano di stato iraniano Etelaat.

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