
Intransigente e limpido, con una inguaribile sete di vita

Luigi Amicone, morto nella notte fra domenica e lunedì scorso per un infarto, ha avuto una parte importante nella nascita e nell’affermarsi di Comunione e Liberazione, soprattutto negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso.
Fu uno di quei giovani, non pochi, che nel tempo del liceo erano stati affascinati dalle proposte della sinistra extraparlamentare (accadde lo stesso a Reggio Emilia ad Enzo Piccinini).
Un incontro, che potrebbe essere giudicato casuale, cambiò la sua vita. Nella realtà dei primi gruppi di Cl, che stava allora rinascendo dalle ceneri del ’68, trovò la risposta che cercava la sua inguaribile sete di vita. Luigino – così lo chiamavamo tutti noi – era un animo semplice e profondo nello stesso tempo. Appassionato fino a diventare intransigente e limpido, di quella limpidezza che appariva nei suoi occhi, che rimasero permanentemente quelli di un bambino anche nella maturità e nella vecchiaia incipiente.
Nel 1976 si trovò con Laura Cioni, Giancarlo Cesana, Giorgio Vittadini, Onorato Grassi, Antonio Simone, Antonio Intiglietta… a far parte di quel piccolo gruppo di giovani, perlopiù studenti dell’Università Cattolica, affiatatissimi, intorno a don Giussani che fece di loro la punta avanzata di un rinnovamento del movimento di Cl, che era cominciato solo da pochi anni.
La scoperta della fede e della comunità cristiana aprì per Luigi, come per molti altri di loro, una responsabilità sociale. Per questo, chiuso il settimanale Il Sabato a cui aveva collaborato, ne fondò un altro – Tempi, poi divenuto mensile – segno di quella pluralità di posizioni, tutt’altro che monolitica, che nel campo sociale e politico viveva attorno a don Giussani.
Si possono condividere o no alcune posizioni di Tempi, ma una cosa è indubbia: quel mensile ha parlato in questi 25 anni di temi trascurati da tutti e con un’ottica assolutamente originale e misconosciuta. Ha parlato di educazione, di libertà religiosa, dei cristiani perseguitati, di un’Europa burocratica e radicale, lontana dai popoli che la costituiscono. Ha colpito con durezza e verità le correnti che sono ritenute ovvie in questo tempo di postmodernità: la relativizzazione della sessualità, il minimalismo nella letteratura, il nichilismo nella vita quotidiana. Ha parlato di Chiesa sempre con grande rispetto e con laica libertà. Ha cercato tracce dell’umano dovunque, in ogni poeta, artista, cantante, scienziato che ne custodisse il riflesso.
Lasciata in questi ultimi anni la direzione di Tempi, si è impegnato in politica nelle fila di Forza Italia, divenendo consigliere comunale a Palazzo Marino. Da un certo punto di vista egli è stato un sognatore, ma di questi sogni abbiamo bisogno per allargare gli orizzonti talvolta ristretti della nostra vita quotidiana.
+ Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla
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