Qatar, Inghilterra già campione del mondo di paraculaggine
A ogni Mondiale di calcio in Inghilterra ci si chiede: «Is it coming home?». La Coppa del Mondo tornerà nel paese che ha inventato il calcio moderno? Da 30 anni i tifosi dei Tre Leoni cantano l’ironico tormentone dell’estate di Euro 96, quando l’inno della manifestazione divenne una canzone che elencava tutte le sfortune della nazionale inglese dal 1966 in poi.
La crociata degli inglesi per i diritti civili in Qatar
Tornerà a casa, dunque, questa volta? Se si guarda alla recente forma degli uomini di Southgate si direbbe di no, ma a occupare la vigilia di questo strano Mondiale qatariota sono state le polemiche sulla sede dell’evento. Il Qatar non è un paese che brilla per i diritti civili, e molti in Inghilterra hanno voluto rimarcare come il primo mondiale nel deserto si disputi su basi immorali e che nulla hanno a che fare con lo sport. Non che sia la prima volta per la verità. Argentina ’78 e l’ultimo mondiale russo di 4 anni fa non si sono certo disputati in paradisi delle minoranze e delle libertà politiche, ma ora la questione sta venendo fuori con tutte le sue contraddizioni.
Gli inglesi, che attraverso la loro stampa hanno più volte sottolineato come già l’assegnazione del Mondiale sia stata contrassegnata da accuse di corruzione, vogliono fare dell’evento un megafono per rimarcare il rispetto dei diritti civili e delle minoranze, siano esse etniche o sessuali. Così, il capitano della Nazionale, Harry Kane, giocherà con una fascia arcobaleno con la scritta “One Love” sul braccio, al pari del suo omologo gallese Gareth Bale. Il tutto nonostante la Fifa, in ossequio ai padroni di casa, abbia invitato (leggi: impedito) le squadre a farne a meno. Inoltre, l’aereo che ha portato Southgate e i 26 convocati per il mondiale in Qatar è partito da Londra con il logo del gay pride sulla fiancata.
Gli investimenti del Qatar in Inghilterra
Gesti di impatto mediatico che nascondono un’ipocrisia di fondo. Il Qatar è uno dei principali investitori nel Regno Unito e il fondo sovrano qatariota – la Qatar Investment Authority – possiede ormai proprietà immobiliari superiori a quelle dei Windsor a Londra. Da Heathrow passando per Harrods e per il business district di Canary Wharf, non c’è zona del centro di Londra su cui gli emiri non abbiano messo le mani. Ultima proprietà in ordine di tempo è l’Ambasciata americana a Grosvenor Square, di cui i qatarioti stanno curando la milionaria ristrutturazione. Il Qatar, inoltre, è un alleato dell’Occidente, e le sue forniture di gas fanno molto comodo agli inglesi – e non solo – specie dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
Ci si deve andare con i piedi di piombo dunque. Anche nelle critiche. Quindi, meglio ripiegare su casi di grande visibilità ma politicamente meno sensibili. Per questo è stato invitato David Beckham, figura planetaria ed ex capitano della Nazionale, a non accettare il ruolo di ambasciatore del calcio che l’emiro gli ha offerto. Finora, Beckham ha fatto orecchie da mercante, così come un altro suo ex compagno del Manchester United, Gary Neville.
Meglio buttarla su Beckham e Neville
Da quando ha smesso di occuparsi delle caviglie degli attaccanti della Premier League, Neville si è dato alla politica: ha preso la tessera del Labour e non perde occasione per attaccare l’attuale governo Conservatore e accusarlo di ogni nefandezza. Il suo bersaglio preferito era l’ex Premier Boris Johnson, ma non è che con l’avvento di Sunak le cose siano cambiate molto. Qualcuno ha anche ipotizzato una candidatura di Neville a sindaco della Greater Manchester se Andy Burnham – quello attualmente in carica – tornerà a Westminster.
Lo storico ex numero 2 del Manchester United, però, è finito in fuorigioco. La tv di stato del Qatar gli ha offerto un ruolo di commentatore alle partite dei Mondiali e Neville ha prontamente accettato, creando un vespaio di polemiche. Ma come, si sono chiesti in Inghilterra, come si può definire i Tories wicked, malvagi, per poi vendersi all’emiro del Qatar e a uno stato che calpesta i diritti umani e reprime il dissenso?
Il diretto interessato ha provato a buttarla sul ridere, partecipando alla trasmissione Have I got news for you e affermando che preferisce «sollevare il caso dal Qatar e non restare a casa a commentare». Specie quando c’è un contratto a cinque zeri a fare da supporto a questa sua scelta. Poi, ha posto al giornalista di satira Ian Hislop la fatidica domanda: «Is it coming home?», ritornerà a casa?, Pungente la risposta: «Cos’è che dovrebbe ritornare? La tua reputazione? Non credo proprio».
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