In memoria di Augusto Del Noce per i 30 anni della sua morte

Di Aldo Vitale
29 Dicembre 2019
Perché il pensiero del grande filosofo cattolico merita di essere (ri)scoperto nell'anniversario della sua scomparsa

«Se vengono a mancare i termini di riferimento di fascismo e antifascismo, i cervelli socialisti rischiano veramente di precipitare nel caos»: così Augusto Del Noce, di cui il 30 dicembre ricorre il trentennio della sua scomparsa, ebbe a notare nel lontano 1974 quasi cristallizzando icasticamente quella inevitabile forma di manicheismo ideologico-politico su cui si fonda l’operazione di auto-legittimazione compiuta, e rinnovata di generazione in generazione, dalle forze socialiste italiane (come si evince del resto dai fatti dell’epoca presente che vedono le “giovani sardine” le quali pur senza mai aver partecipato alla resistenza si radunano nelle piazze per intonare “bella ciao”).

Già da qui si potrebbe intuire la grandezza del pensiero di Augusto Del Noce che, non soltanto acuto osservatore della propria epoca, ma anche lungimirante profeta di quelle successive, a ragione può essere considerato il principale, e quindi ingiustamente “ridimensionato”, filosofo cattolico italiano del XX secolo che, in quanto tale, può ancora molto insegnare all’alba di questo “scompigliato” XXI secolo.

Proprio la suddetta grandezza di Del Noce rende impossibile condensare in modo adeguato tutta la profondità del suo pensiero in un così breve spazio, ma in omaggio alla sua opera e per evitare che essa venga travolta dal grottesco frastuono ideologico odierno, se ne possono comunque tracciare almeno le linee portanti proprio in virtù della loro pertinace attualità.

Le direttrici principali del pensiero di Del Noce sono sostanzialmente tre: l’investigazione del cartesianesimo, specialmente nel suo ruolo di generatore del pensiero moderno; la critica del marxismo, in quanto religione secolare che tende a sostituirsi alla tradizione cristiana; la critica del progressismo cattolico, in quanto equivoco radicale della tradizione marxista e di quella cattolica.

Del Noce individua nella filosofia di Cartesio il momento iniziale della modernità, attraverso un sentiero speculativo che giunge sino a Hegel, a Marx e a Nietzsche, rivelando come il razionalismo che ignora i limiti della stessa ragione, rifiutando e negando il fondamento trascendente della vita e dell’uomo, non può che sfociare in quei nefasti esiti ateistici e sostanzialmente nichilisti quali sono quelli che caratterizzano la cultura occidentale contemporanea.

Elemento chiave della trasformazione del mondo occidentale è stato il marxismo che, secondo Del Noce, deve essere compreso nella sua vera essenza di religione anti-religiosa e anti-cristiana, e nella sua vera potenza, cioè quale relativismo assoluto che è destinato (come oggi si vede con palese chiarezza dalle posizioni assunte e difese dalle forze socialiste nei temi bioetici come l’aborto, la procreazione assistita, l’eutanasia ecc) a capovolgersi in un individualismo assoluto.

Infine, la commistione tra cattolicesimo e progressismo rivela un errore filosofico di fondo che lascia trasparire le equivoche concezioni di quei cattolici che intendono coniugare ciò che non è coniugabile, cioè, appunto, cattolicesimo e progressismo.

Sul punto Del Noce scrive con adamantina chiarezza che «alle origini del progressismo cattolico c’è una dogmatica sottovalutazione dell’aspetto filosofico del marxismo, cioè quello per cui esso è ateismo radicale, una sottovalutazione dell’aspetto dell’idealità politica e sociale, come se la prima non incidesse sulla seconda e come se ciò che c’è di anticristiano e di antiliberale nella prassi comunista fosse elemento trascurabile».

Alla luce di ciò si percepisce la lucidità dell’analisi di Del Noce, valida non soltanto per l’epoca in cui fu pensata, ma anche e soprattutto per quella attuale che assiste alla disgregazione delle forze politiche di sinistra sempre più focalizzate verso i diritti civili di matrice borghese e sempre meno verso i diritti sociali, alla accresciuta irrilevanza in politica dei cattolici i quali sono stati fagocitati da quello stesso pensiero progressista a cui hanno irresponsabilmente strizzato l’occhio negli ultimi decenni, alla anemica e quasi impotente reazione culturale dell’occidente dinnanzi al tarlo nichilista che lo sta divorando dall’interno.

Anche dopo un trentennio, dunque, il pensiero di Del Noce merita di essere (ri)scoperto, studiato e approfondito in quanto preziosa risorsa diagnostica e terapeutica per quella paralizzata cultura cattolica che dovrebbe essere lo spirito della civiltà occidentale e che, invece, almeno per ora, appare soltanto lo sbiadito spettro di un moribondo.

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