Un «esproprio proletario» da far «venire i brividi». Non usa mezzi termini Antonio Gozzi, docente di economia all’Università di Genova, industriale siderurgico (gruppo Duferco), nonché presidente di Federacciai, per descrivere, in un’intervista a La Stampa, l’atteggiamento dei magistrati nei confronti dei Riva (proprietari dell’Ilva di Taranto), della loro azienda e delle migliaia di persone che ci lavorano. Ieri, infatti, il gruppo proprietario della più grande acciaieria d’Europa, in seguito all’ennesimo sequestro giudiziario (916 milioni di euro), ha annunciato al sospensione delle attività in ben sette stabilimenti (Verona, Caronno Pusterla, Lesegno, Malegno, Sellero, Cerveno e Annone Brianza), con centinaia di esuberi.
BISOGNA FARE QUALCOSA. «È vera emergenza», denuncia il capo della Confindustria dell’acciaio. «Serve un provvedimento che oltre all’Ilva copra altre aziende del gruppo». E se il governo non interverrà, «sarà sempre peggio. Si fermano le società di logistica e quelle che gestiscono le navi: presto si fermerà Taranto per mancanza di approvvigionamenti. Non a caso mi dicono che il commissario Bondi è furioso». A questa situazione si è giunti come «conseguenza di un braccio di ferro tra magistratura e governo, con la magistratura che ha prevalso vanificando ben due leggi dello Stato: la 231 e quella successiva sul commissariamento dell’Ilva». Secondo Gozzi è arrivato il momento di «chiederci quali strumenti possiamo mettere in campo per garantire al nostro Paese una reale libertà d’impresa».
COME CON I MAFIOSI. I Riva, che sono accusati di aver sottratto 8 miliardi dalle casse dell’Ilva, ma – obietta ancora il presidente di Federacciai – «non sono mai stati chiamati davanti a un giudice a difendersi. C’è un calcolo fatto dai magistrati e solo quello conta». Gli stessi magistrati, insiste Gozzi, «si comportano come se i Riva fossero malavitosi, dei boss mafiosi», e invece così non è: «Avranno agito con arroganza e hanno commesso i loro errori – chiosa l’industriale – ma presentarli come delinquenti di strada è troppo». Anche perché dal 1995, data in cui hanno acquisito l’Ilva dall’Iri, i Riva hanno realizzato 4,2 miliardi di euro di utili. Reinvestendone 4,5 miliardi di cui 1,2 in miglioramenti ambientali. «Non basta? Può darsi», chiosa Gozzi. «Ma non si può dire che non hanno fatto niente e sono fuggiti con la cassa».